Taranto: il musicologo Davide Pulvirenti ospite del Giovanni Paisiello Festival
La figura del revisore teatrale nel melodramma del Settecento il tema al centro dell’incontro
La figura del revisore teatrale nel melodramma del Settecento. È il tema al centro dell’incontro che il Giovanni Paisiello Festival di Taranto diretto da Lorenzo Mattei e organizzato dagli Amici della Musica “Arcangelo Speranza” propone mercoledì 11 ottobre (ore 18) nel Conservatorio Paisiello presentando il libro di un giovane e brillante musicologo, Davide Pulvirenti, autore del saggio «Una nuova drammaturgia per l’opera napoletana. L’Arbace di Gaetano Sertor e Francesco Bianchi (1781)», volume edito dall’editrice De Sono sul quale l’autore discuterà con Maria Grazia Melucci dell’Università di Bari.
Il fatto che Pulvirenti indichi il nome del librettista prima di quello del compositore è un indizio del suo interesse per l’ecdotica, quella branca della filologia comprendente l’attività di ricerca e studio finalizzata a ricostruire l’integrità di un testo. E qui il testo è il libretto per musica, soprattutto dell’opera del Settecento. Il merito principale dello studio di Pulvirenti è aver individuato e seguito le tracce di una figura poco nota, ma decisiva, della prassi operistica dell’epoca: il revisore teatrale. C’è infatti un terzo personaggio nella storia svelata e raccontata da Pulvirenti: quel Luigi Serio che ebbe la funzione che oggi attribuiremmo a un moderno Dramaturg. Pulvirenti ha infatti ritrovato una copia manoscritta del libretto originale dove il revisore corregge, taglia, modifica, integra il libretto originale d’autore, per adattarlo ai gusti e alle aspettative del pubblico napoletano della seconda metà del XVIII secolo. Così tra librettista, compositore e revisore teatrale si attua un gioco complesso di innovazioni, adattamenti, limature e compromessi con il quale l’opera partenopea della fine del secolo reinventa sé stessa, dimostrando di sapere competere con la contemporanea, meravigliosa, stagione viennese. Una materia che Pulvirenti dimostra non solo di saper ricostruire, con eccellenti capacità di analisi delle fonti, ma anche di tratteggiare criticamente un affresco dai molti rimandi storico-culturali.
L’indagine viene, dunque, compiuta a partire dalla rappresentazione nel 1781, al Teatro San Carlo di Napoli, del dramma per musica «L’Arbace» di Gaetano Sertor e Francesco Bianchi, del quale un manoscritto inedito conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli tramanda sia la versione originaria del libretto, sia le modifiche operate dal revisore Luigi Serio. Le sue carte costituiscono un vero e proprio laboratorio dal quale emergono tagli, tentativi appena abbozzati, pezzi incompleti, numeri in più versioni e richieste del compositore. Lo scrutinio di queste tracce rare e preziose ha permesso di entrare nella ‘fucina’ di Sertor e, insieme, di osservare da vicino il modus operandi del compositore, consentendo di ricostruire in dettaglio la genesi del testo poetico e le tortuose metamorfosi che hanno portato al suo assetto definitivo. Nel volume ampio spazio è riservato all’inquadramento dell’opera all’interno del sistema produttivo partenopeo, nonché alla definizione del profilo dei suoi autori.