Grottaglie: Palmisano risponde a Bosco, "È un raccomandato"
Con una conferenza stampa dai toni pacati, ma allo stesso tempo decisi, Gianluigi Palmisano risponde alle accuse di presunte pressioni esercitate sull’allora allenatore del Grottaglie, Alberto Bosco. Fattura alla mano, Palmisano ripercorre le tappe della sua collaborazione con la società di via Aldo Moro: "Ho deciso di organizzare questa conferenza per rispondere alle accuse venute fuori circa una settimana fa in un incontro organizzato con la stampa dall’Ars et Labor Grottaglie per fare il punto sullo stato dell’arte e in cui sono venute fuori storie passate riferite a fatti accaduti tre anni fa. Premetto che il mio impegno nei confronti dell’Ars et Labor nasce proprio grazie al rapporto di conoscenza e stima nei confronti di Alberto Bosco che, nell’estate del 2013, mi chiedeva di sponsorizzare il Grottaglie chiarendo come, un eventuale sponsorizzazione, avrebbe favorito il suo arrivo sulla panchina della Città delle Ceramiche. Chiedevo pertanto un incontro chiarificatore con il presidente D’Amicis che mi confermava, in caso di sponsorizzazione, l’impegno ad assumere Bosco alla guida della prima squadra. In quel momento non si parla di mio figlio Marco, all’epoca in ritiro con la prima squadra del Martina. Pochi giorni dopo Bosco viene ufficializzato allenatore del Grottaglie e la notizia mi fa piacere trattandosi di un amico. Il mio impegno nei confronti dell’Ars et Labor, in questa prima fase, si esaurisce qui. Nel frattempo, mio figlio torna da Norcia. Poiché la soluzione di giocare, almeno inizialmente, con la Berretti non lo soddisfaceva più di tanto, decidevo allora di contattare l’avv. Marrone per cercargli una squadra nelle vicinanze. Dopo poco tempo mio figlio raggiungeva l’accordo con il Grottaglie. Intanto ha inizio il campionato mentre io resto, di fatto, fuori dalla situazione dell’Ars et Labor. Vi rientro invece in una seconda fase quando i dirigenti della società, accompagnati dall’avv. Marrone, si presentano nel mio studio per chiedermi di fare da mediatore all’operazione di vendita della società a un gruppo di tedeschi. L’operazione salta perché la controparte non presenterà mai le somme richieste ed a quel punto, visto che l’Ars et Labor non versava in buone acque, mi viene chiesto un ulteriore contributo che io, coinvolto anche emotivamente, decido di elargire. Intanto le cose non vanno per il meglio. La dirigenza si trova in difficoltà perché Bosco, che io avevo indirettamente portato, viene contestato dalla piazza. La domenica successiva il Grottaglie perde 6-0 a Marcianise ed allora decidiamo di convocare Bosco con l’obiettivo di convincerlo a dimettersi. Anche per salvaguardarlo, trattandosi di un allenatore giovane. Gli offriamo una buonuscita di cinque mila euro raggiungendo l’accordo. La mattina dopo però, al momento di ratificare il tutto, Bosco rifiuta l’accordo affermando che se la società avesse voluto mandarlo via avrebbe dovuto esonerarlo. Il sig. Bosco viene quindi esonerato e sostituito da Pettinicchio. Ora mi chiedo: come si fa a parlare di calciatori impiegati a seguito di pressioni quando lui le pressioni le ha chieste per allenare. Di fatto, mio figlio quell’anno ha totalizzato solo 18 presenze disputando l’intero match in appena due occasioni. Neanche nella gara decisiva di Vico, in cui raggiungemmo la salvezza, mio figlio scese in campo. Ricordo inoltre che a dicembre, intervenendo sul mercato, tesseravamo anche un under di prospettiva come Carbone, su suggerimento di mister Pettinichio. Carbone occupava, di fatto, la stessa zona di campo di mio figlio per cui se avessi voluto in qualche modo incidere sulle scelte avrei potuto farlo innanzitutto non tesserando Carbone. Per cui se, proprio dobbiamo parlare di raccomandazioni credo che l’unico raccomandato sia proprio Bosco che mai avrebbe allenato il Grottaglie in serie D senza il mio intervento con la sponsorizzazione. Quindi credo che il sig. Bosco dovrebbe ringraziarmi piuttosto che accusarmi di aver fatto pressioni per far giocare mio figlio. Affermare che era costretto a far giocare Marco perché, in caso contrario, non venivano pagati gli stipendi è un falso ideologico".
Conferme sulla bontà delle dichiarazioni dell’allora ‘patron’ Palmisano arrivano dall’ex dg Annicchiarico che rincara la dose sottolineando come "non solo non c’è mai stata pressione da parte dello sponsor né da parte della dirigenza per far giocare qualche calciatore in particolare, ma il martedì ero spesso costretto a entrare negli spogliatoi per affrontare la squadra, cosa che solitamente, nel mondo del calcio, è affidata agli allenatori. Bosco ha avuto da noi la massima libertà".