Elezioni Taranto: "È tempo della coesione per costruire il futuro"
Il momento che vive la città di Taranto è estremamente delicato, il suo futuro incerto, e pretende una visione chiara su dove questa città voglia andare e con quale percorso arrivarci per uscire dalla depressione che ormai la connota.
Il dibattito politico di questi ultimi anni ha sovente costituito uno spettacolo sgradevole confermando la disgregazione del tessuto sociale, il malessere, di una città implosa; altrettanto sembra di poter dire delle prime battute della campagna elettorale per le prossime amministrative, dove – al di là degli appelli - non si intravede quello spirito di coesione che costituisce il presupposto per poter affrontare con efficacia le sfide che ci attendono. La frammentazione sociale è rispecchiata dalla proliferazione di liste civiche, candidati sindaci, spaccature interne a partiti e movimenti, in un parossismo di autoreferenzialità, di calcoli e di diffidenza che sembra prevalere sopra qualsiasi altra, anche elementare, considerazione e sulla necessità di creare fronti ampi intorno ad un programma condiviso se davvero si ha l’aspirazione di proporre un cambiamento vero.
Si afferma una diffusa trasversalità, diretta conseguenza della crisi e della decadenza dei partiti, del distacco e del fastidio con cui i cittadini guardano alle loro beghe, ma anche dei limiti di un’esperienza civica locale incapace di misurarsi con un progetto per il futuro e che è parsa chiusa in se stessa, refrattaria al confronto, assorta nella mera gestione del presente con il corollario del mancato coinvolgimento di competenze capaci di alzarne il profilo e la stessa capacità amministrativa. E, a dire il vero, né dal governo né dall’opposizione ci si è dimostrati in grado, in questi anni, di incidere su questa impostazione deficitaria.
Il problema è che trasversalismo, occultamento di simboli, moltiplicarsi dei civismi, non affrontano i nodi che ci sono di fronte, ma puntano al più ad eluderli, in una ricerca del consenso che appare fine a se stessa sin dalle prime battute. Quello che ci serve, però, non è restare sulla linea di galleggiamento, ma riuscire a realizzare un cambiamento vero. Un cambiamento che, utilizzando le armi che la politica ci mette a disposizione, e quindi quelle dello studio, della programmazione e della mediazione tra esigenze e visioni differenti, sfidi le disuguaglianze, la povertà, la precarietà, rispondendo alla domanda di futuro che emerge dal cuore della nostra città. Un cambiamento che si prenda finalmente ed efficacemente cura dell’ambiente, dell’accoglienza, della giustizia sociale valorizzando l’ascolto e l’empatia, favorendo il confronto e la partecipazione.
Non saranno gli slogan a restituire futuro e opportunità a una città che ancora paga a caro prezzo il dissesto, non solo finanziario, provocato dalle giunte di centrodestra guidate dal sindaco Di Bello. È necessario un progetto di cambiamento ambizioso, ma non campato in aria, serio, rigoroso, che faccia perno sulle competenze proprie del Comune e sulla sua capacità di indirizzo delle risorse esterne (a partire da quelle previste dal Contratto Istituzionale di Sviluppo o destinate alle bonifiche) per ridisegnare lo sviluppo della città, mettendolo al centro dell’azione di una squadra di alto profilo, che coniughi nel suo insieme esperienza amministrativa e competenze, superando quei meccanismi perversi che in passato hanno tradotto automaticamente il consenso registrato alle elezioni in ruoli amministrativi contribuendo così – di fatto - al discredito della classe politica locale.
Un progetto in cui pensiamo debbano trovare posto:
• la pratica della legalità e della cura andando oltre la sola politica del buon esempio: contrasto al teppismo e ad episodi diffusi di inciviltà e violenza, sia direttamente che richiedendo un maggiore coinvolgimento dei poteri dello stato, e cura del territorio a partire dalla vivibilità delle sue tante periferie, dagli episodi minuti che costituiscono l’essenza della nostra vita quotidiana, dalla maggiore attenzione alle strutture e agli spazi destinate ai più piccoli
• scelte urbanistiche che puntino sulla ristrutturazione e sul recupero del patrimonio edilizio esistente, ponendo davvero temine all’espansione, e, in questa visione, una riqualificazione della Città vecchia che si basi sull’attualità dei principi che hanno ispirato il Piano Blandino, e – nel breve periodo - sul finanziamento attraverso il C.I.S. di interventi che evitino nuovi crolli di immobili, mettendoli in sicurezza, e adeguino le reti infrastrutturali primarie
• un ruolo e un futuro per le municipalizzate che parta, per l’AMAT, dall’adozione di un efficace piano strategico della mobilità che privilegi trasporto pubblico, pedonalità e ciclabilità, ridisegnando il modo di muoversi nella città e, per l’AMIU, da una gestione del ciclo dei rifiuti che assuma la centralità del riciclo, del riuso e, quindi, della raccolta differenziata
• la forte attenzione alla tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale, necessario sedimento identitario, argine all’espandersi di alienanti “non luoghi”, e premessa ad una rinascita anche in senso turistico della città
• un’azione decisa volta alla bonifica del territorio tarantino e del suo mare, con particolare riferimento al quartiere Tamburi, alle aree limitrofe alla zona industriale e al Mar Piccolo, superando la passività sin qui dimostrata nei confronti della struttura commissariale
• la ferma richiesta e predisposizione degli atti volti alla rapida attuazione di interventi ricompresi nel C.I.S., con particolare riferimento all’Arsenale della Marina Militare sia in relazione all’ammodernamento legato al completamento del piano Brin che alla musealizzazione e fruibilità di una sua area, e - più in generale - allo sviluppo economico di attività alternative al comparto industriale, il massimo supporto al completamento delle opere portuali, l’adozione di politiche che favoriscano l'imprenditorialità nel settore turistico e dell'accoglienza
• un ruolo attivo e non subalterno, che si avvalga di competenze tecniche qualificate, durante l’iter di esame delle Autorizzazioni Integrate Ambientali di impianti industriali ricadenti in ambito comunale, con particolare riferimento all’Ilva ed ai procedimenti previsti a valle delle procedure di vendita dello stabilimento, volto alla difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini
• la riappropriazione del ruolo decisionale del Comune di Taranto, in uno con la pratica del coinvolgimento dei cittadini e dei corpi intermedi nella formazione delle scelte, superando sia la frammentarietà di provvedimenti solitari o personalistici, facile terreno di coltura per clientelismi e inadeguatezze, che l’immobilismo quale forma di risposta a proteste talora comprensibili ma più spesso ingiustificate
• il ridisegno della macchina amministrativa comunale, per traguardare maggiore efficienza, capacità di dialogo e di decisione, utilizzando appieno le nuove tecnologie per favorire il dialogo con cittadini e imprese
• un welfare locale che superi le sacche di clientelismo, che si traducono peraltro in aggravio di costi per la collettività, in cui la legalità costituisca garanzia dei diritti dei deboli, che troppo spesso pagano per i furbi e i prepotenti in termini di carenza, e a volte assenza, di servizi di base e che si ponga l’obiettivo di intercettare tutte le risorse utili a migliorare la qualità della vita delle persone titolari di diritti speciali, ottimizzando l’organizzazione degli uffici preposti.
Nella nostra città, come nel resto d'Italia e di Europa, i muri, e non solo quello dell'arsenale, tornano a innalzarsi, le differenze a dividere ed escludere, la disperazione a diffondersi. Troppe forze progressiste, anche a Taranto, sembrano concentrate solo su calcoli politicistici, dimenticando vite e passioni; anche per questo avanzano i populismi e riemerge il richiamo a volte becero della peggiore cultura di destra: per fermarli non basterà costruire un fronte politico “di sistema” che faccia argine. Serve, anche qui, aprire una nuova stagione che può nascere solo in discontinuità con alcune scelte di questi anni. Occorre offrire ai cittadini una visione più ampia del ruolo che Taranto può avere nel futuro del Paese, un progetto politico e amministrativo di ampio respiro, che rappresenti la pretesa di una città di ottenere ascolto e decidere del proprio futuro contribuendo attivamente a determinarlo con la propria propositività. Insieme serve buona amministrazione, efficacia della macchina amministrativa, politiche sociali e fiscali che tutelino i più deboli e aiutino i più giovani. Serve una politica competente, efficace - oltre che onesta - capace di aprirsi al confronto e favorire la partecipazione, una politica gentile che prediliga il dialogo agli insulti e agli slogan, che abolisca dal suo linguaggio l’odio, il rancore, la divisione amico/nemico.
Crediamo che l’eredità drammatica del dissesto e i limiti del civismo in salsa jonica non si superino aumentando la frammentazione degli attori politici, destinata peraltro a generare automaticamente una limitazione delle basi di consenso democratico dei prossimi “governanti”, in una folle rincorsa ad “impadronirsi” in pochi del potere pensando di risolvere così il problema della condivisione delle scelte o di tagliare i nodi della gestione di una città complessa. La politica non si rinnova con una mano di vernice o cercando il salvatore della patria di turno, ma accettando davvero la sfida di un salto di qualità e ripartendo dal concreto delle scelte, anche delle persone, che siano garanzia di un percorso comune, che puntino a unire piuttosto che a dividere, a ricostruire coesione sociale. Le scorciatoie che aprono le porte a nuovi autoritarismi o a gattopardesche dissimulazioni non sono la soluzione: c’è bisogno di convincere più che di puntare in ogni modo a vincere. Ne ha bisogno la città, a partire da quella più debole, da quella che soffre e avrebbe più ragioni di urlare e invece, spesso, resta muta, silente, attonita, preda della sfiducia. Ne hanno bisogno i giovani, quelli che scappano altrove, alla ricerca di chance che qui non trovano, e quelli che restano, forse solo perché non sanno dove andare.
A chi sta con loro, a partire dalle forze e dalle persone che si ispirano ai valori della sinistra e credono nella sua capacità riformatrice, facciamo un appello a ritrovare le ragioni della costruzione di una sfida più alta, che guardi all’unità di tutto il centrosinistra piuttosto che alla coltivazione di un orticello; ragioni che stanno alla base di un progetto condiviso e non dell’occupazione di un potere o dell’affermazione di un ego ipertrofico, di una democrazia partecipata e non della spartizione delle sue spoglie.
C’è bisogno forse che ognuno faccia un passo indietro, per poterlo poi fare avanti insieme, ma, se si vuole, c’è il tempo per costruire qualcosa di buono, per far emergere idee e persone che possano unire ciò che sino ad oggi è rimasto diviso, e rischia – per questo - di votarsi alla irrilevanza. Il tempo per riportare questa città a guardare con fiducia al suo futuro.
Saverio Carlucci, Alfredo Cervellera, Lino De Guido, Annarita Di Giorgio, Francesco Falcone, Giuliano Farina, Mario Gentile, Andrea Lumino, Elena Modio, Massimo Moretti, Franco Pasanisi, Marcello Presta, Filomena Principale, Walter Poggi, Mimmo Pulpo