Ex Ilva: La Sinistra, ‘Mittal rispetti i patti o intervenga lo Stato’
La messa in cassa integrazione di 1.400 lavoratori da parte di Arcelor Mittal è un segnale inquietante. La notizia porta allo scoperto le reali intenzioni dell’azienda a qualche settimana dall’annuncio della riduzione degli obiettivi produzione fissati per l’anno in corso. In quell’occasione, però, non era stato prospettato nessun impatto occupazionale, nonostante fossero già evidenti le difficoltà legate all’andamento del mercato. Nel frattempo è giunta la decisione del ministro Costa di disporre il riesame dell’Aia, che potrebbe portare alla ridefinizione del piano industriale con l’aggiunta di nuovi investimenti. Il timore è che la decisione di oggi sia legata alla partita che si aprirà sui tavoli del Ministero dell’Ambiente. In quel caso si tratterebbe di un nuovo gravissimo ricatto occupazionale: i lavoratori usati come merce di scambio per scongiurare vincoli ambientali più restrittivi.
Vengono così al pettine le conseguenze della scelta dissennata dei governi precedenti (Renzi e Gentiloni) e di quello attuale di svendere la più grande fabbrica italiana a una multinazionale, il cui unico interesse è il profitto. I lavoratori del siderurgico e i cittadini di Taranto non possono però pagare il prezzo di una politica fallimentare. Il governo intervenga immediatamente imponendo all'azienda il rispetto degli impegni assunti sul piano occupazionale e una disponibilità piena a migliorare il piano ambientale. Se Mittal non è in grado di garantire insieme lavoro e salute, deve essere lo Stato, attraverso un intervento diretto, a far valere questi diritti inalienabili.