‘Chi mi contesta sa che a Taranto sì vince solo con Galigani?’
Il consulente personale di Massimo Giove si racconta à TimeOut
(Di Tullio Luccarelli) Vittorio Galigani. Un uomo che vive di calcio, un uomo fatto di calcio e che, a 78 anni, è ancora sulla cresta dell’onda. Un uomo che viene da lontano, un uomo alla quarta avventura con il Taranto; uno squalo calcistico assieme ai delfini rossoblù. Dalle colonne del mensile TimeOut, Vittorio Galigani si racconta, partendo dalle sue origini. «È cominciato tutto un po’ per scherzo. Avevo uno studio di consulenza commerciale ad Ancona. Poi sono diventato una sorta di braccio destro di Silvano Ramaccioni a Perugia a fine anni Settanta: facevo l’osservatore di giovani talenti, vedevo gli avversari, spesso andavo all’estero. Univo l’utile al dilettevole, trasformavo viaggi in gite che riconcedevo con la mia prima moglie. Un po’ per gioco. Ricordo che le relazioni scritte per l’allenatore Ilario Castagner furono oggetto di studio Coverciano. Scrivevo bene, erano all’avanguardia, non c’erano mica i computer”. Da lì una rapida scalata; da gioco, diventa professione. La prima chiamata è immediata. «A Senigallia, società neopromossa in C2. Lì ho cominciato a fare il direttore sportivo». In giro per l’Italia, con la valigia pronta, con il biglietto del treno o dell’aereo sempre intasca, vita da pendolare. Dicembre 1986: la nuova meta da raggiungere si trova sullo Ionio. «Ero tornato nel frattempo a Perugia. In estate fui chiamato da Nico Bruni, ma non se ne fece nulla. Il Taranto incaricò Mario David che non legò con l’ambiente e a dicembre Nico Bruni mi ricontattò. Il Taranto aveva ottenuto dodici punti nel girone d’andata. Arrivai con Fernando Veneranda e da quel momento cominciò una cavalcata fantastica culminata con gli spareggi di Napoli. Fu come aver vinto uno scudetto». Quattro esperienze ioniche, quattro presidenti diversi: per ognuno di essi, Galigani fa una disamina, partendo da Vito Fasano. «Fu, in un certo senso, costretto a prendersi il Taranto. Si vedeva solo la domenica. Gestivamo io e Bruni. Un uomo che ha fatto sacrifici economici enormi. Anche la salvezza successiva all’anno degli spareggi fu un miracolo con Pasinato in panchina.Dovemmo vendere De Vitis e Maiellaro altrimenti non ci sarebbero stati i soldi per l’iscrizione». Il secondo, Pasquale Ruta. «L’anno dello scudetto dilettanti, si fece il passo più lungo della gamba. Non c’era sostanza per migliorare il progetto, troppa gente ai vertici». Poi Blasi. «Carattere difficile, umorale, accentratore, ma anche solido. Credo che se non gli avessero messo il bastone tra le ruote avrebbe potuto condurre il Taranto in categorie sconosciute”. Infine, Giove. «Il primo tifoso del Taranto, capace di vincere un campionato nel momento più difficile della storia economica calcistica. Meriterebbe più rispetto. Fare calcio senza incassi e con notevoli spese è complicato in questo periodo, soprattutto a Taranto». Quando l’ombra di Galigani si è allungata più di qualcuno ha storto il naso. «Eppure, qualcuno deve ricordarsi che a Taranto si vince solo con Galigani». Non presuntuoso, ma sicuro: gli almanacchi parlano per lui eppure, non poco tempo fa, cori ostili si alzavano contro di lui, da ogni settore dello Iacovone. «Ci fosse un nesso logico… Ormai mi scivola tutto, ma provate a chiedere a quei ragazzini che urlavano cosa ha fatto Vittorio Galigani per Taranto. Nel 1995 molti di loro non erano nemmeno nati. Certi cori restano fini a se stessi. Bisognerebbe che andassero a rileggere cosa è accaduto a Napoli negli spareggi salvezza o quanti fallimenti sono stati sventati». Oggi Galigani cura con passione un blog, ma che gli ha anche procurato qualche frizione con i vertici del calcio italiano. «I Graffi? Sono uno dei pochi che ha il coraggio di raccontare la realtà. Quello che avviene ora, un calcio ormai in default a tuttii livelli, l’ho prospettavo cinque-sei anni fa. Ho proposto dei suggerimenti. Ci saranno riforme che non potranno essere mai attuate. In Italia molti mi stimano perché racconto le vere condizioni economiche del calcio. Non ho obiettivi politici o di carriera, lo faccio perché vivo di questo e mi dispiace vedere il mio mondo ridotto così». Seppur legato al Taranto, non è tesserato con la società. «Una scelta della società. E anche mia. Per continuare a fare opinione con il mio blog. Io sono ancora iscritto all’albo dei direttori sportivi da cui non mi sono mai cancellato. La multa? Ero semplicemente all’interno della struttura e in quanto inibito non avrei dovuto esserci. Ridicolo. Ritorsioni dai piani alti? Non lo so, certamente ammetto che sono uno che dà fastidio, ma non mi interessa. Il calcio vive una crisi profonda e il Covid ci ha messo il carico. Calciatori e procuratori, ad esempio, sembrano non averlo capito. C’è ancora chi chiede contratti da 60.000 euro annui…». Il calcio vive da anni una crisi economica a causa del COVID che colpisce tutte le società, dalle più grandi alle più piccole; il Taranto, secondo Galigani, potrebbe farcela se la situazione migliora. «Massimo Giove ha dimostrato di poter andare avanti per la sua strada. È reduce da un campionato vinto senza aver incassato un euro dai botteghini. Ci sono sempre da considerare i debiti ereditati dalle precedenti gestioni. E poi non mi risulta che ci sia la fila di imprenditori per rilevare la società. Il Taranto ha due budget: se gli stadi restano con l’attuale capienza o se, in caso di limitazioni, saremo costretti a chiudere tutto. Si dovranno fare serie riflessioni e valutazioni, se dovessimo esser costretti a chiudere. Io però dico che ce la facciamo». Parlando di economia, Galigani affronta anche la sponsorship con Mittal, in stand-by dalla primavera. «I mesi estivi hanno rallentato le frequentazioni, ma c’è empatia con la Morselli, ha grande passione per il calcio. Il discorso potrebbe anche riprendere». Una cosa è certa: Vittorio Galigani non ha intenzione di fare il nonno a tempo pieno. «Non fa per me. Quella è roba per vecchi. Io sono un diversamente giovane. E voglio godermi la vita. Il calcio è il mio divertimento».