La Gazzetta del Mezzogiorno: Turco, ‘Non spegniamo le loro voci’
Senatore: ‘Quando muore un giornale muore la libertà di espressione. Sono vicino ai lavoratori’
«Quando muore un giornale si spengono mille voci moltiplicabili». Lo ha dichiarato il Senatore del M5S Mario Turco, già sottosegretario a palazzo Chigi con delega agli investimenti e alla programmazione economica nel Governo Conte II, in merito alla chiusura della Gazzetta del Mezzogiorno. «Un quotidiano del sud che interrompe una storia di oltre 130 anni è una sconfitta per tutti - ha aggiunto Turco - un tiro mancino alla libertà di espressione. Personalmente esprimo la mia vicinanza ai giornalisti, poligrafici e amministrativi che in questi anni hanno raccontato la realtà attraverso le loro pagine. Sono passati solo pochi giorni dall'ultima copia della Gazzetta in edicola e il vuoto si fa già sentire, la prima pagina con la scritta “Arrivederci” è un'esigenza che tutti dovremmo ascoltare per poter leggere al più presto uno dei quotidiani più importanti del sud Italia». Da lunedì 2 agosto la Gazzetta del Mezzogiorno non è in edicola, come spiegato dalla Federazione nazionale della Stampa italiana e le Associazioni regionali di Stampa di Puglia e di Basilicata, l'interruzione delle pubblicazioni è il risultato di una scelta della Ledi srl, società che gestisce provvisoriamente la testata da dicembre 2020 per effetto di un contratto con la curatela fallimentare della Edisud spa. «Come ho appreso dalle notizie pubblicate - ha specificato il Senatore - la decisione è stata comunicata solo ventiquattr'ore prima della scadenza del contratto e dopo che qualche giorno prima la stessa Ledi aveva comunicato alla direzione e alla redazione la volontà di continuare a gestire provvisoriamente la testata per altri trenta giorni, in attesa dell'esito del voto del comitato dei creditori sulle due proposte concordatarie presentate alla curatela. I lavoratori della Gazzetta, i lettori e le lettrici e un Paese democratico non meritano la chiusura di un quotidiano. Non spegniamo le loro voci». (CS)