Basket/B: Putignano, "Partenza in salita, saranno test probanti"
A fotografare la vigilia dell’esordio in campionato del Cus Jonico griffato Pu.Ma. Trading, l’attesa, gli obiettivi e quant’altro, ci pensa coach Giovanni Putignano, alla seconda annata in tiva allo Jonio.
Ci aspetta un altro bel torneo con la solita spaccatura tra le big accreditate e le altre a dividersi la base dell’altra metà per sistemarsi a metà del guado o la permanenza. Noi come staremo?
“Anche quest’anno, il girone D presenta caratteristiche tecniche ed agonistiche di buon livello rispetto agli altri gironi. Noi partiamo già con il piede sull’acceleratore dovendo confrontarci nella prima giornata con una big come il San Severo, una realtà di lunga e buona tradizione. Guarderemo certo al risultato, ma ci premerà soprattutto guardare a ciò che abbiamo assimilato durante questa preparazione precampionato, considerato che abbiamo un roster composto da 9 elementi del tutto nuovi, di cui 4 sono senior e gli altri sono giovani che non hanno molta esperienza in un torneo duro come questa B. Dobbiamo, quindi, fare necessariamente tesoro, nelle prime 7-8 partite, nell’impatto contro formazioni di rango che hanno fatto incetta di collaudati senior, senza badare a spese. Il calendario non ci è stato favorevole, ma tant’è...”
Siamo alle solite, dovremo fare di necessità virtù. Non crede che ci sia bisogno di qualche tassello?
“Vedremo come si metteranno le cose dopo questo primo periodo di “apprendimento”. Il roster che abbiamo allestito e che io, personalmente, ho contribuito ad indicare vanta un bel tasso di gioventù determinata e con tanta voglia di crescere ed affermarsi. Un ingrediente che potrebbe regalarci qualche soddisfazione in più dell’anno scorso. Io ci credo come, spero, dovranno crederci anche i tifosi che, mi auguro, vengano al palaMazzola ancora più numerosi”.
Senza dubbio, l’avvento di un campione come Roberto Chiacig favorirà una maggiore presenza di tifosi. Ma come lo si potrà gestire, considerata l’età ed il fatto che è, al momento, l’unico centro?
“Naturalmente sarà mio e nostro compito razionalizzare ed ottimizzare il suo minutaggio ma sono fiducioso del fatto che il buon Roberto è, in primis, lui stesso a sapersi gestire bene. È un ragazzone che, nonostante il suo palmares, sa mettersi a disposizione di tutti, con consigli utili e qualche ramanzina, quando serve. Con lui in campo sarà, comunque, un vantaggio per noi ma uno svantaggio per altri. Fuori lui dai 5 in campo, sarà importante vedere come gli altri reagiranno. Gli altri sono ragazzi in gamba che per me è un piacere guidare e far migliorare”.
Sul cartellone del suo ufficio campeggia: “Dare il 100% ogni volta che si entra in campo, fa accadere sempre qualcosa di buono, vincendo conquisti anche l’ammirazione dei nemici”.
“Credo che la cosa principale è quella di stabilire una buona empatia con la squadra. Calarsi, quindi, nelle singole situazioni al fine di armonizzarle con gli obiettivi di squadra. Sembra banale ma non è sempre facile conseguire tale risultato ottimale. Bisogna tener presente alcuni processi formativi che vanno utilizzati in tal senso. Processi formativi adattati ai singoli ma con l’obiettivo di renderli utili ai fini tecnici e psicologi di squadra. Sul piano pratico della chimica di squadra, le chiamerei buone collaborazioni, sia difensive che offensive, tra due elementi fino ad armonizzarle con i cinque in campo e con quelli in panchina che dovranno essere sempre pronti a subentrare senza alterare, più di tanto, il rendimento della squadra. Questa ricerca della giusta alchimia deve partire, innanzitutto, dai bisogni e dalle richieste della società sugli obiettivi possibili da conseguire, considerato il parco giocatori allestito in rapporto alle altre forze in campo del campionato. Il mio compito, in fin dei conti, è quello di trait d’union tra la dirigenza, lo staff tecnico e l’organico di squadra. Una specie di buon traghettatore, con tutti i pro ed anche i contro che ne possano derivare.”
Sembra un trattato di filosofia pragmatica applicata allo sport. D’altronde lui, coach navigato di tanti anni e di tanta esperienza, tratta la questione da “mental coach”. Non è forse vero che tutto parte dalla testa? Insegnante di educazione fisica, 45 anni, sposato da 15 anni, un figlio di 14 che frequenta con successo il Liceo scientifico Majorana di Brindisi, un Istituto innovativo di livello europeo. Ha l’hobby dei motori, auto e moto, oltre all’amore del basket, ovviamente, che cura con particolare dedizione, da mane a sera. Il suo ufficio nel PalaMazzola è tappezzato di “manifesti” di studio di tecniche di gioco ma ciò che colpisce sono anche quelli filosofici che si rifanno al grande Seneca, cultore dello “stoicismo”, con il motto “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, aggiornato con “la gente come noi non molla mai, Forza Cus Jonico”.
“La cura di ogni particolare riguarda, prima di tutto la persona nella sua integrità, condicio sine qua non per procedere con buoni risultati a quella tecnica singola e di squadra. Alleno da 21 anni ed ho girato in lungo e largo la penisola avendo avuto la fortuna di imparare molto da valenti coach, prima come assistente e preparatore fisico e poi finalmente come head coach. Mi piace curare molto l’aspetto metodologico che ritengo base fondamentale per produrre continue migliorie personali da applicare poi nel gioco. Ho ricevuto molto dalla permanenza della mia famiglia in quel di Brindisi, con l’avvento di quella bella realtà cestistica sin dagli anni ‘80, con i vari Pentassuglia, Primaverili, Solfrizzi, Cordella ecc... Quella frequentazione mi ha forgiato parecchio, facendomi fare un bel salto di qualità nel concepire la filosofia della buona pallacanestro. Da buon ostunese sono molto legato a quella città a cui ho dedicato una bella esperienza in A/2. Mi piace, però, rimettermi sempre in gioco”.
A questo proposito, le faccio una provocazione: chi gliel’ha fatta fare a venire a Taranto per prendersi cura del nostro Cus Jonico, visto che questa sana società tiene alto il blasone del basket ionico in un’importante serie come la B, pur soffrendo, ogni anno, per restarci?
“Gliel’ho detto prima. Sono un seguace dello stoicismo del grande Seneca, per cui mi piace rimettermi in gioco ed affrontare nuove esperienze, anche di sacrificio. Qui mi trovo bene e mi sono calato in questa realtà societaria che è composta da persone pulite, competenti e diligenti, con la volontà di fare sempre meglio, senza tanti grilli per la testa ma con le spalle ben robuste...ed in quanto a “spalle corpulente” credo di averne a sufficienza. Tra l’altro anche la realtà tarantina vanta una buona storia nella pallacanestro, sia maschile che femminile. Ricordo con piacere i derby nel campionato di serie B1 tra la Ricciardi e Brindisi, dove Taranto poteva disporre di grandi ed affermati campioni, i Di Monte, Casalvieri, Vozza ecc..”.
di Toni Cappuccio