Spettacoli: Radiohead ed il groove dei RHCP scopriamo gli Isabel

Cultura, musica e spettacolo
03.07.2017 23:54

Abbiamo già conosciuto Giuseppe Miani per le sue esibizioni nei locali di Taranto da qualche anno a questa parte, portando fra gli sgabelli di molti pub alcune cover davvero eccezionali, spaziando dagli Arctic Monkeys ai Coldplay. La conferma di questo talento arriva con un nuovo progetto, una band tutta da scoprire, gli ISABEL. Formatisi un anno fa, il gruppo vede la partecipazione del sopraccitato Miani come frontman, di Eleonora Palazzo al basso, Virginia Mancarella alla chitarra, con Santino Pisanelli alla batteria e Sabino Pignatale alle tastiere. Così abbiamo deciso di farveli scoprire in un’intervista a tutto tondo, qui si Blunote Web per – possiamo dirlo – l’ormai navigata rubrica “Musica, Arte e Caffè”.éevamo già suonato insieme senza impegno. Verso la fine di agosto ci siamo detti: perché non fare un gruppo? Ci siamo riuniti in studio e abbiamo iniziato a suonare assieme, trovandoci subito molto bene. ISABEL deriva dai nostri nomi messi insieme, è un suono che ci piace molto e, come hai detto, è molto caratteristico.

Vi definite in un genere preciso? Quali influenze avete?
Definirci in un genere è molto difficile, alcuni direbbero “indipendente” ma lo trovo un po’ dispersivo, per non dire che dà un accento commerciale. Direi che andiamo più su un sound alternativo, con influenze pop; la verità è che ognuno di noi ingloba in sé stesso vari generi musicali, il che ci dà un tocco più “multi-tasking”. Una band molto influente per noi sono sicuramente i Radiohead, non tanto per il genere ma per il “genio” che li contraddistingue, riuscendo comunque a rimanere semplici. Ci sentiamo anche molto legati ai Red Hot Chili Peppers, dai quali prendiamo la “cazzimma”, la loro energia e il loro groove.

I vostri testi sono tutti in italiano, una scelta sicuramente in controtendenza rispetto a molte band emergenti. Come mai questa scelta di restare legati alla vostra lingua madre e di non cantare in inglese?
L’italiano è una delle lingue più romantiche al mondo, in grado di dire tutto in un’unica frase. La cosa difficile è musicare le parole, e in questo senso è stata una sfida per noi: perché adagiarsi sulla lingua inglese quando possiamo cantare nella nostra lingua rendendo il doppio e riuscendo ad essere più diretti col pubblico. 

Sempre parlando di testi, da dove vengono fuori i vostri? Qual è il sentimento che trapela di più e che cercate di imprimere maggiormente?
Partiamo dal presupposto che ovunque vada porto sempre con me carta e penna, perché tutto quello che mi circonda può essere d’ispirazione per una nuova canzone. Il resto lo fanno le esperienze personali e le emozioni, prima tra tutte la tristezza. Credo che l’artista abbia questa sorta di “maledizione” su di lui, deve provare tristezza e vivere questa tristezza per riuscire a esprimerla ed essere felice grazie a quella via di fuga che può essere un testo, una canzone.

Quali ambizioni coltivate nei confronti della vostra musica? Preferireste realizzarvi come artisti o riuscire ad abbracciare un pubblico più vasto con un sound più forzato?
La musica, in Italia come nel mondo, è la cosa più meritocratica che esista: se sei bravo vai avanti. Quello che vogliamo fare è sicuramente proseguire il nostro percorso, senza forzare troppo la mano per sorridere ad un pubblico che potremmo poi non sentire più vicino. Se un giorno arrivassimo da qualche parte, vorremo che fosse esclusivamente grazie a noi stessi e alla nostra musica.

Chiudiamo coi progetti futuri: avete in ballo qualcosa? 
Possiamo annunciare di essere in fase di registrazione del nostro primo EP. Ci manca solo uno dei cinque brani che avevamo in mente, e speriamo di riuscire a finirlo di incidere entro la fine del 2017.  Siamo orientati a portarlo in giro anche fuori dalla Puglia, per dare continuità al nostro progetto e allargare i nostri orizzonti.

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