Pallini (UIL): ‘ArcelorMittal vada via. Siamo stanchi di essere illusi e violentati’
Una dura presa di posizione da parte di Pietro Pallini, Coordinatore generale della UIL di Taranto, sulla madre delle questioni tarantine: l’ex ILVA. Rivolto alle istituzioni il Segretario della UIL chiede l’allontanamento definitivo di ArcelorMittal dal siderurgico tarantino affinché ci sia un cambio di passo a vantaggio dell’ambiente e dell’occupazione. “Non c’è altro tempo da perdere” dice rivolgendosi allo Stato.
“Dopo gli ultimi accadimenti posti in essere da Acciaierie d'Italia, quello di mettere alla porta 145 aziende appaltatrici e con esse 2.500 lavoratori, quello di disertare il vertice convocato dai Ministri Urso e Calderone giorno 17 novembre scorso e quello ultimo della mancanza del numero legale in occasione dell'assemblea dei soci convocata d'urgenza lo scorso 25 novembre che slitta al prossimo 2 dicembre, la credibilità della multinazionale è pressoché nulla.
Le ragioni dello sciopero di CGIL- CISL - UIL e delle categorie industria del 21 novembre è stato più che mai precursore ad assumere la netta posizione di allontanare definitivamente il gruppo indiano da Taranto.
Il 5 novembre 2019, vorrei ricordare, che fu proprio ArcelorMittal a manifestare l'intenzione di lasciare Taranto attraverso l'atto di citazione per la retrocessione dei rami d'azienda a cui seguì la procedura del 15.11.2019 di sospensione dell'esercizio dello stabilimento. Atto che spinse i Commissari di Ilva a depositare un documento lungo 70 pagine che portò all'apertura di due distinti procedimenti: uno presso la Procura di Taranto e l'altro a Milano con indagini per presunte distrazioni dei beni e false comunicazioni di mercato (aggiotaggio informativo).
Tutto quanto accaduto è in totale lapalissiana contrapposizione con le dichiarazioni di ArcelorMittal del 24 luglio 2018 quando si dichiarò ‘desiderosa di mettere in atto il suo programma di turnaround nel più breve tempo possibile in modo da assicurare un futuro sostenibile per Ilva, i suoi lavoratori, i suoi fornitori, i suoi clienti industriali e, nello stesso tempo, la tutela dell’ambiente e il benessere delle comunità locali’. Ne avesse compiuto almeno uno di questi intenti, tale da farci riflettere che forse sia auspicabile offrirgli un'altra possibilità. Basta chiacchiere!
Cos'altro dobbiamo aspettarci, a quasi 5 lunghi anni dal 2018, oltre a uno stabilimento tecnicamente fermo, scelte unilaterali, migliaia di lavoratori in cassa integrazione e con l'incertezza del futuro, appreso anche l'ultimo sfregio di queste ore da parte della multinazionale nell'aver sospeso le aziende che eseguono pulizie di spogliatoi, refettori e mense all'interno dello stabilimento? Forse lo Stato attende che succeda un altro incidente mortale visto che tra le 145 aziende sospese rientrano anche quelle della manutenzione degli impianti? o si attende forse che le gravi tensioni sociali di questi giorni sfocino in esasperazione? Accarezzare anche la recondita ipotesi di dare altro denaro pubblico a questi soggetti senza un reale cambio di passo, significherebbe curare il sintomo e non la reale causa.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella disse il 18 novembre 2019: «…quello dell'impianto di Taranto è un grande problema nazionale che va risolto con tutto l'impegno e la determinazione, non solo per le implicazioni importantissime sul piano dell'occupazione ma anche per quanto riguarda il sistema industriale italiano».
La comunità con il mondo operaio sono stanchi, violentati, disillusi e non hanno più volontà né interesse a stringere forme pattizie alcune con un soggetto che, continuando a sbeffeggiare persone e istituzioni, prosegue il suo viaggio su un binario ormai tronco. Non c'è altro tempo da perdere”.