Standing ovation all’Orfeo per ‘Che disastro di commedia’

Cultura, musica e spettacolo
Redazione
07.02.2018 13:54

DI MARIA PASTORELLI

L’atmosfera che si respira già nel pre-show è particolare. Una persona del pubblico, infatti, viene coinvolta per fare degli aggiustamenti scenici da una attrice del cast, in quanto una mensola non si regge e una porta non si chiude. In seguito Marco Zordan, regista della Compagnia di Santa Eufrasia da Piedimonte, presenta lo spettacolo che sta per andare in scena dal titolo “Delitto a Villa Aversham”. Facendo una piccola premessa, spiega che tutti gli spettacoli tenuti da loro in precedenza hanno avuto delle piccole problematiche, come la mancanza di attori, ma questo sarà in assoluto diverso dagli altri, perché finalmente gli attori ci sono tutti e tutto è in armonia. Insomma, il fiore all’occhiello della Compagnia!

Un “disastro di Commedia” è uno di quei lavori artistici compiuto con la sua stessa scenografia che finisce per tessere una vera e propria coreografia che pare avere gambe e braccia e anche una bocca. Un sogno vorticoso che si perde in uno sfavillio di voci, colori e suoni, passando attraverso l’espressività di otto attori che si muovono in perfetta sintonia e con una impareggiabile destrezza. Una serie incredibile di situazioni, di incidenti che funestano il tentativo di una compagnia amatoriale ( nella finzione ovviamente ) di mettere insieme un giallo. È una climax di incidenti dal più piccolo al più grande che possono succedere durante uno spettacolo. Il pubblico grazie alla loro comicità ride dall’inizio alla fine e ad ogni singola battuta cade un pezzo. Una commedia dei disastri che reca in sé un messaggio universale. Il linguaggio universale è una costruzione coreografica corale, leggibile da tutti, che ha movimenti puliti, precisi, chiari, che rendono una comicità essenziale: si legge chiaramente l’innesco del meccanismo del clown e di come egli percepisce se stesso sulla scena e durante lo show.

Tra paradossi e colpi di scena, gli attori non si ricordano le battute, le porte non si aprono, le scene crollano, gli oggetti scompaiono e ricompaiono altrove. Tutto è studiato nei minimi particolari con smaliziato umorismo senza mai risultare artefatto o stucchevole.

Il ritmo incessante della commedia se da un lato coinvolge il pubblico in un vortice di sensazionalismo, dall’altro sincera la grandissima fatica fisica che i protagonisti attuano per rappresentare i disastri che si accumulano in un crescendo senza controllo. Applausi a scena aperta per i protagonisti, un cast di camaleontici re della scena con dei tempi comici senza eguali, che sono riusciti, tra recitazione e tecnica, a fare di questa commedia un piccolo grande miracolo. Gli attori rendono giustizia al testo in modo perfetto. La storia si basa su un omicidio commesso in una villa e i personaggi, isolati da una forte bufera di neve, dovranno favorire le indagini per smascherare il colpevole. Marco Zordan è il regista della Compagnia e l’Ispettore chiamato a risolvere il caso. E’ un regista che vuole fare a tutti i costi l’attore. Gabriele Pignotta è la vittima; Viviana Colais la sua fidanzata, sensibile alle crisi isteriche; Luca Basile lo troviamo nel duplice ruolo dell’amante della giovane e del giardiniere; mentre Yaser Mohamed è il fratello della Colais. Il maggiordomo, Gianluca Ramazzotti ( è sua la paternità del progetto artistico), invece, ha problemi di memoria, scrive le battute sulle mani, e sbaglia spesso la pronuncia. Durante la performance viene coinvolta anche Stefania Autuori, la  scenografa, che sostituisce la protagonista per brevi sketches, mentre il tecnico del suono, Alessandro Marverti, è un po’ distratto: chiede aiuto al pubblico per aver smarrito il suo cd dei Duran Duran. Nonostante i pezzi di scena crollino, le crisi isteriche impazzino, gli svenimenti e gli oggetti avuti in testa ed in faccia si moltiplichino a gran velocità , stoicamente, si continua a recitare. Tra battute sbagliate e ripetute, oggetti che non si trovano, che non si aprono o che si frantumano, oggetti che si sostituiscono come nel caso del vaso di fiori al posto del taccuino dell’ispettore e l’acqua ragia al posto del whisky, la grande performance di tutti gli attori è di altissimo livello e riesce ad impressionare positivamente, non solo per l’interpretazione ma anche per le espressioni, le pause, e i tempi comici impeccabili. Numerosi sono gli esempi a prova di quanto detto: i momenti divertenti sono recitati in maniera sciolta, mantenendo il tono dello spettacolo sempre alto e vivace, comico e brillante, intorno alla scenografia dall’arredamento british, in perfetto stile Agatha Christie.

The play that goes wrong (Che disastro di commedia) venne messo in scena dal regista Mark Bell nel 2012 in un minuscolo teatro all’interno del pub londinese The Old Red Lion. Con massimo 60 spettatori a sera e la scenografia costruita dagli attori stessi. Il successo fu tale da essere riallestita al Dutchess Theatre di Londra, dove debuttò in prima mondiale nel 2014.

Vincitrice degli Olivier Awards 2015 e del Premio Molière 2016 come migliore commedia dell’anno, è ormai un successo planetario, rappresentata a Londra, Parigi, Budapest, Atene, Buenos Aires, in Australia e negli Stati Uniti.

Scritta da Jonathan Sayer, Henry Shields e Henry Lewis, appositamente per la Compagnia Mischief Theatre, è stata tradotta e licenziata in oltre 20 paesi, sempre diretta da Mark Bell, sbarcando in Australia, Nuova Zelanda e negli USA, a Broadway, prodotta da J.J. Abrams, al suo debutto nel mondo del teatro. 

Il testo di Henry Lewis, Jonathan Sayer e Henry Shields, tradotto da Enrico Luttman, ha una costruzione perfetta. Gli eventi si susseguono in modo armonioso, ogni minimo dettaglio è curato, nulla è lasciato al caso. I dialoghi sono veloci, inaspettati, e travolgono il pubblico con la giusta ironia e il ritmo cadenzato. L’adattamento e il montaggio di Mark Bell in italiano è preciso e identico a quello anglosassone nonostante vengano fuori durante il lavoro degli attori italiani certe differenze tipiche proprio del loro essere “Italians”.

FOTO AURELIO CASTELLANETA

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