Ermanno Pieroni, ‘Sogno di tornare a Taranto coi miei figli'

TARANTO
Alessio Petralla
30.10.2017 12:40

L'ultima promozione del Taranto, attraverso un primo posto, risale alla stagione 2000/01, quando gli ionici compirono una grande rimonta ai danni del Campobasso di Giorgio Corona. L'artefice di quella cavalcata trionfale fu Ermanno Pieroni, che torna a parlare, a Blunote, partendo dalle grandi emozioni vissute in quegli anni in riva allo Ionio: "Per me è stato un periodo ricco di soddisfazioni - attacca l'ex patron rossoblù. Il ripescaggio riportò entusiasmo alla tifoseria che quel giorno accorse numerosa, a festeggiare, sulla Rotonda. Subito dopo, l'arrivo di Riganò che presentai come un calciatore simile al grande Iacovone: effettivamente dimostrò di avere grandi potenzialità. A gennaio eravamo a meno undici dal Campobasso ma poi riuscimmo a compiere una grandiosa rimonta vincendo il campionato. L'anno dopo, in serie C1, in rosa portai calciatori che qualche anno dopo finirono in serie A e B: l'epilogo di quel campionato fu alquanto dubbioso. I quattro soci di minoranza si dissociarono dai loro impegni di gestione pur rivendicando i loro diritti sulle quote possedute. Qualcuno pensava che il Taranto sarebbe morto, invece con grande serietà e amore verso la squadra e la città, il 12 luglio 2004 sostenni, da solo, la spesa di un milione e duecentomila euro per iscrivere la squadra in serie C2 oltre alla rinuncia di due milioni e trecento euro di mia anticipazione personale necessarie per coprire le perdite del bilancio. Spesi in tutto circa tre milioni e mezzo di euro. Resta il ricordo di uno "Iacovone" pieno e le tante grandi vittorie raggiunte da Direttore Sportivo e da Patron con Donato Carelli e Claguna: vincemmo la serie C con 48 punti, un record, disputando l'anno dopo la cadetteria con tanti atleti da serie A: a Taranto ho firmato dei momenti bellissimi. Ricordo la gente, la passione dei tifosi che, purtroppo in alcuni casi, sfociava e sfocia in polemiche che non fanno bene alla città: ovunque c'è una minoranza che si oppone. Poi Taranto-Catania: quella maledetta partita mi ha danneggiato anche economicamente in maniera pesante: si pensi solo al valore del Taranto in serie B... Quella sconfitta fu un danno alla città. Se dovessi trovare davanti la gente che ostacolò quell'impresa non esiterei a portarla in tribunale. Purtroppo, alcune persone non apprezzano ciò che ho fatto: negli anni, tentai di attaccare anche Gaucci al fine di appurare la verità. All'epoca i poteri forti del calcio, la politica e una banca di Roma avevano tutti interesse che fosse il Catania, e non il Taranto, ad andare in serie B. Vedere Riccardo Gaucci scortato in panchina da tre uomini della Digos e di Catania fu un episodio che in cinquant'anni di calcio non avevo mai visto".

-Il Taranto è tornato nelle mani di Massimo Giove: ha contatti con l'attuale presidente? Qual è la situazione?

"Chiarisco subito senza polemica: in questa situazione non ho nessuna partecipazione economica e ne tanto meno tecnica. Cosa si deve fare per ricreare entusiasmo e fiducia? Beh, per riportare gente allo stadio bisogna costruire una squadra all'altezza della tradizione della città che ha diritto di vedere undici calciatori che onorano la maglia rossoblù. Le chiacchiere se le porta via il vento: nel calcio contano i fatti. Il Potenza ha dieci punti in più ma tutto è ancora possibile. Servono fatti, certezze e programmazione".

-Tornerebbe a Taranto per una nuova avventura?

"Non lo nego: spero che un giorno possa tornare per prendermi delle belle soddisfazioni. Vorrei riportare quella piazza dove merita: come ho fatto con l'Ancona. Posso farlo... La storia non si cancella: l'ho dimostrato con i fatti, con i risultati e con i calciatori portati nelle varie compagini. Sosterrò, anche se da lontano, sempre il Taranto con la speranza che possa tornare ai livelli che merita. E' una città che sta soffrendo tanto anche al di la del calcio e merita qualche soddisfazione. Sarebbe bellissimo mettere la firma su un nuovo successo".

-Se tornasse indietro nel tempo cosa non farebbe a Taranto?

"Egoisticamente parlando, visti i comportamenti degli all'ora soci di minoranza che mi lasciarono solo sulla barca ad affrontare la totale gestione, avrei dovuto fare altrettando anche io, mettendo da parte l'etica e i sentimenti. Oggi il calcio, in serie A, è solo business mentre negli altri campionati ci dev'essere qualcuno pronto a uscire i soldi dal portafogli. Quindi ci tengo a sottolineare: rispettate chi li mette. Poi è giusto criticare ma facendolo attraverso critiche costruttive. A Taranto se si deve fare calcio lo si deve fare soltanto per vincere: la piazza non vuole altro".

-Lei è stato l'ultimo autore di una promozione passata attraverso un primo posto. Come ricorda questo momento e il successivo passaggio a Gigi Blasi?

"Beh, è stata una grande soddisfazione ma non ricordo soltanto il primato in serie C2: anche l'anno dopo ho vissuto emozioni. Sfiorammo una storica impresa visto che avrei potuto portare il Taranto dalla serie D alla serie B: cosa mai accaduta prima, in due anni. Non me lo hanno permesso... Gigi Blasi? Gli cedetti una società pulita (la mia) a 250000 euro quando io spesi circa tre milioni e mezzo per farla ripartire. L'imprenditore di Manduria fu bravissimo a riportare il Taranto in C1 e a disputare i play off sfiorando la serie B. Fu, ancora, più bravo a vendere a D'addario, visto che lo fece a 300000 euro. Non ci ha rimesso e lo reputo un grandissimo imprenditore anche nel calcio. Riuscì a riportare il sorriso e un pizzico di dignità alla piazza. Per quanto mi riguarda non valuto gli "imbecilli" che parlano e criticano: amo la tifoseria ionica, sana nella stragrande maggioranza. Purtroppo le pecore nere ci sono ovunque".

-Oggi il Taranto non è ancora riuscito a rialzarsi. Quali le motivazioni secondo lei?

"E' un delitto vedere il Taranto in serie D e temere compagini come Nardò e altre. Per blasone e storia non si può avere paura, con rispetto parlando, di certe piazze. C'è tanta gente che ha vissuto la serie B, e la pretende. Non bisogna essere ipercritici. Per risalire serve una corazzata che nel campionato Dilettanti le possa vincere tutte, tornare in C e programmare per risalire in B. Nell'89/90 con Carelli vinsi il campionato: lui spese tanti soldi e nonostante ciò ebbe tante critiche... Non va bene".

-Lei ha due figli, Luciano e Edoardo, ha mai pensato di coinvolgerli in qualche avventura calcistica?

"Luciano studia, con grande profitto, alla Luiss di Roma all'Università di Giurisprudenza e ha già superato il primo biennio con tanti 30 e lode. Nell'ultimo esame, quello di diritto penale, che è tra i più difficili, ha ottenuto 30 con l'encomio: è un vincente e avrà i suoi successi. Edoardo, invece studia al Liceo Classico di Taranto: frequenta l'ultimo anno ed è stato sempre promosso a pieni voti: la cosa che mi rende orgoglioso è che anche lui, come il fratello, è un bravissimo ragazzo.  Il mio sogno è, un giorno, portarli con me nel Taranto assegnandogli le cariche di Presidente e Amministratore Delegato. Il più piccolo è già un mini ds: conosce tanti calciatori. Hanno sofferto a vedere il Taranto in queste situazioni e molte volte mi hanno chiesto di assistere ad alcuni match allo Iacovone: chiamavo la dottoressa Zelatore, che lo ha permesso. E', davvero, un mio sogno nel cassetto".

-In panchina, oggi, siede Michele Cazzarò, sua grande conoscenza: come lo ricorda?

"Come calciatore l'ho, un po', creato io. L'ho seguito quando militava nella Beretti, dandogli fiducia e portandolo in prima squadra: è un ragazzo per bene e un bravo allenatore che ha preso il Taranto in una situazione delicatissima. Gli auguro le migliori fortune e che possa vincere il campionato".

-Chiudiamo con la parentesi di Ancona...

"Li ho vinto tantissimo e lanciato tanti calciatori. Ho bei ricordi sportivi ma oggi non rifarei più il patron dell'Ancona. Dopo la mia gestione e dopo la serie A, i marchigiani hanno avuto tre fallimenti e ora giocano in Prima Categoria. Rimpiango i tanti soldi spesi li...".

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