Teatro: Al Tatà la passione e il dramma del misantropo di Molière
DI MARIA PASTORELLI
Il protagonista del Misantropo, Alceste, brillante capolavoro messo in scena per la regia di Tonio De Nitto, tradotto ed adattato da Francesco Niccolini è un intransigente idealista, che si ostina a volersi comportare in società senza ipocrisie e senza piegarsi a compromessi, incapace di conciliare i propri principi etici con le corruzioni morali dei suoi simili. Innamorato di Célimène, una giovane donna vanitosa ed amante della mondanità e delle compagnie frivole, cerca di convincerla a rinunciare al mondo a cui è abituata per amor suo.
Alla fine la differenza dei due caratteri e modi di vivere porterà alla fine della relazione ed il deluso Alceste, che nel frattempo ha perso un processo intentatogli da un noto personaggio dell’epoca, deciderà di esiliare.
Altro personaggio principale di quest'opera è Filinto contraltare di Alceste, insensibile al fantasioso dover essere reclamato ad ogni piè sospinto dall'amico moralista, si ostina a restare saldo e ancorato alla realtà, argomentando a più riprese che quel mondo che li circonda con i suoi difetti non si può cambiare e quindi l'unico modo per vivere bene in questa società pervasa da immoralità e infingimenti è l'adattamento a questo mondo così costruito è finto. Alceste quindi segue un disegno impossibile, che porta a una mera sconfitta. La commedia finisce con Alceste che allontanato e ferito da tutti, abbandona la società mondana in cui si trova e si ritira a vita solitaria. Dopo le esplorazioni Shakespeariane Tonio De Nitto si accosta a Molière e compie una ricerca attualizzata cercando di raccontare la società in cui viviamo oggi che stranamente non sembra così diversa da quella di allora. “Il misantropo dichiara il bravo regista De Nitto, oltremodo attuale, è un lavoro che dopo tanta civetteria, convenzioni e barocchismi dorati, arriva stretto alla gola: pare un quadro perfetto del momento che stiamo vivendo, nella disillusione verso un mondo per nulla meritocratico, dove la soluzione è sempre nel compromesso e spesso nella totale evasione dalla legalità, dove la menzogna trova strade più lineari e tollerabili della verità. Sentirsi un alieno perché non allineato, uno sciocco perché onesto, un reietto perché non interessato al clamore del mondo , un freddo, un cinico, un fissato, un inquieto, l’attore di un vetusto teatro démodé”. Ancora prosegue “Alceste non respinge e non si arrende ma è respinto da una società in cui non si riconosce, da un amore incapace di scegliere, da meccanismi in cui è chiamato in causa senza alcun motivo, non uno contro tutti, ma tutti contro uno. Anche il Misantropo rientra nella serie di racconti incentrati verso gli ultimi della società, siano essi bisbetici, anatroccoli o misantropi, un lavoro tradotto in opera teatrale con la compagna d’attori con cui in questi anni si è con fiducia costruito un percorso con tanta generosità, talento, rigore, utopie, disillusioni.
FOTO MARIA PASTORELLI