Fuori campo: Il corto circuito del tifo tarantino...

Calcio Varie
Vito Galasso
17.02.2016 23:19

Il corto circuito del tifo. Chiamiamolo così lo stato di confusione, malcontento e dubbio che si cela nel cuore e nella mente della tifoseria tarantina. Da una parte c'è la Curva Nord, in conflitto con la squadra, e dall'altra la tribuna, decisamente più magnanima e accondiscendente. Nelle ultime settimane si sono manifestati parti di supporters contrastanti, sentimenti opposti, comportamenti discordanti. Se la curva fischia, la tribuna applaude; se la prima rimane in silenzio, la seconda inneggia. E non mancano le offese e gli sfottò reciproci come avviene tra rivali. Insomma, uno spettacolo inguardabile che tende a distinguere tifosi di serie A e B. Tutti, però, pagano il biglietto (di questo argomento magari ne parleremo in un altro appuntamento di “Fuori dal campo” in quanto la stessa società ha denunciato alla stampa la presenza di troppi “accreditati” in tribuna e comportamenti incivili in curva).

A questo punto ci chiediamo: cosa succede ai tifosi tarantini? Perché si sono create delle fazioni? Come mai c'è tutto questo malumore in curva? Proviamo a darci delle risposte. Il motivo del mal di pancia potrebbe essere dovuto al campionato altalenante della squadra, ai ribaltoni della guida tecnica, alla rivoluzione in seno alla rosa e forse a una certa antipatia nei confronti della società stessa, in primis il ds Montervino. A questi fattori va aggiunto sicuramente il mancato ripescaggio della scorsa estate. Queste iniezioni di sfiducia mettono solide basi all'insicurezza e all'incapacità di affrontare e superare le difficoltà. Non tutto è vero, c'è sempre un però. Lo scorso anno il Taranto, alla ventiquattresima giornata, aveva 45 punti in classifica con un distacco di ben 11 punti dalla capolista Andria; in questa stagione, invece, la formazione rossoblù ha raccolto 42 punti, tre in meno, ed è lontana “solo” (si fa per dire) sei lunghezze dalla prima, la Virtus Francavilla, quasi la metà rispetto a un anno fa. Inoltre, a parità di giornata nel 2015 gli spalti dello "Iacovone" contavano poco più di quattromila presenti, mentre nel 2016 computa meno di 2000 anime. I dati dicono che quest'anno il Taranto ha più possibilità di risalire, ma i numeri e l'affetto non sono dalla sua parte. Probabilmente la tifoseria si è lasciata un po' ingenuamente prendere in giro dal nome nuovo, immacolato e sconosciuto di Campitiello, sempre ligio al pagamento degli stipendi e molto distaccato nella comunicazione. E tutti sappiamo come è andata a finire. La società capeggiata da Zelatore, anch'essa puntuale nelle scadenze economiche, paga uno scetticismo immotivato e puramente arbitrario da parte di chi ha sempre cantato «questa è una malattia che non va più via», «per sempre ti seguirem» o «Taranto sei tutto per noi». Anche la squadra ne risente: lo dimostra l'esultanza di domenica scorsa di Beppe Genchi, che, invece di esultare per il gol sotto la curva, è andato a festeggiare dalla parte della tribuna. In conferenza l'attaccante rossoblù ha dichiarato che è stato solo un caso perché era più vicino a quel settore (non è vero, ha segnato proprio sotto la curva), ma noi abbiamo tolto da parecchio tempo l'anello dal naso e l'inquietudine e il distacco sono troppo evidenti per non essere notati.
È chiaro che vadano restituiti entusiasmo e senso di appartenenza per ricompattare l'ambiente e per raggiungere questo obiettivo bisogna vincere con continuità. Con buona pace di tutti.

Nella foto: La Curva Nord del Taranto. Ma il pubblico rossoblu è ancora il 12° uomo in campo?

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