Taranto: Magna Grecia Festival, Roberto Vecchioni due ore e mezza di emozioni
Il cantautore milanese: ‘Ritrovare il pubblico, che emozione…’
Due minuti ininterrotti di applausi. Non è alla fine, né all’inizio del concerto. Roberto Vecchioni, protagonista dello straordinario evento all’interno del Magna Grecia Festival, si abbraccia, porta le mani sul viso, copre gli occhi, si emoziona, asciuga lacrime di commozione. Bello vedere un grande artista, oltre trecento canzoni al suo attivo, avere momenti di umana debolezza. E non solo, due canzoni hanno dentro un privato che ha fortemente segnato l’artista: ha appena finito di cantare “Figlia”, dopo avere interpretato “Le rose blu”. «Due canzoni toste», dice il cantautore milanese di origini napoletane, «le rivivo tutti i giorni, anche quando non sono su un palco accogliente come l’Orfeo e tra amici straordinari come voi…». Indica l’Orchestra della Magna Grecia, il direttore Pasquale Veleno, i musicisti della sua formazione musicale, fra questi Lucio Violino Fabbri, autore degli arrangiamenti di un concerto durato oltre due ore e mezza. Non è piaggeria la sua, Vecchioni torna sulla serata di lunedì nell’accogliente (e climatizzato) il teatro di via Pitagora, cui l’organizzazione dell’evento ha dovuto fare ricorso considerando la pioggia insistente caduta nelle ore precedenti (L’Arena Villa Peripato in un primo momento la sede deputata ad ospitare il concerto). «Erano due anni che non incontravo, abbracciavo un pubblico così, pensavo nel frattempo di aver dimenticato perfino le parole delle mia canzoni, non è stato così, per fortuna: è una serata che non dimenticherò mai, io che amo la Magna Grecia e sono passato più volte da Taranto, senza avere uno straordinario corpo a corpo come quello di stasera». Canta da un’ora, Vecchioni. Dalla platea, alla fine di una canzone, qualcuno chiede un brano in particolare. «Abbiamo tempo, il concerto non finisce mica qui… Di canzoni ne ho scritte trecentoventi, magari qualcuna la lasceremo fuori, ma quelle che state chiedendo, le eseguiremo tutte…». Due ore e mezza di concerto, tenute con grande personalità, una voce profonda, sempre straordinaria, come la voglia di raccontare e raccontarsi. Tenere perfino una lezione, «per quei due, toh, tre al massimo, che non la conoscono…», sulla Magna Grecia. Settantotto anni, quasi tre ore di spettacolo, se solo qualcuno avesse ancora insistito ancora dopo il bis. Ma, a mezzanotte, come fosse una favola, quell’atmosfera smorza i riflettori, come quelle “Luci a San Siro”, che il prof potrà cantare ancora mille volte, tanto, questa, come tante altre, saprà regalare sempre nuove emozioni. “Le rose blu”, canzone dedicata a un figlio, affetto da sclerosi multipla. Evita il racconto, è tutto lì nel testo che sta per interpretare. Duro farlo, dice il cantautore. Il pubblico afferra il dramma, applaude la forza del cantautore e dell’uomo, del padre. Ecco i due minuti di applausi e l’abbraccio ideale rivolto al pubblico dell’Orfeo. «Avevo chiesto a mio figlio quale fosse il fiore che più amava e lui, pensandoci un po’, mi rispose: la rosa blu, fiore che in natura non esiste, ecco perché questo titolo, questa dedica…». E’ una carrellata di successi e di emozioni. Un docente non va mai in pensione, esercita sempre, perché ha sempre da insegnare. «La vita è importante, dobbiamo ritenerci fortunati nell’aver ricevuto un regalo così grande: affrontiamola con lo spirito giusto; è importante tenere in allenamento cuore e anima, sentirsi giovani: personalmente sento addosso venticinque anni, fino ad arrivare a ventisette – scherza – di tempo ce n’è…». Canta “Ti insegnerò a volare”, dedicata ad Alex Zanardi, “L’infinito” ispirata al concetto leopardiano, la bellezza delle donne in “La mia ragazza” e “Le mie ragazze”, “El bandolero stanco”, “Cappuccio rosso”, “Ninni”, “Velasquez” e altro ancora. Racconta l’aneddoto di Schubert che fece visita a Beethoven, per fargli ascoltare una sua composizione. «Van Ludwig, dall’alto della sua immensità artistica, dette poco ascolto all’opera di quel ragazzo, piuttosto indicò allo spaesato Schubert una nota sbagliata: non credo sia la strada giusta per incoraggiare un giovane; piuttosto, penso che se ci fosse stato il mio amico Francesco Guccini a quell’audizione, con chitarra e fiasco di vino accanto, sarebbe andata diversamente; cosa avrebbe detto a quel grande musicista, ma evidentemente piccolo uomo: sa, caro Beethoven, dove deve mettersi quella nota?». C’è il bis, “Luci a San Siro” e “Samarcanda”. Lucio Fabbri imbraccia il suo mitico violino. Applausi a scena aperta per Vecchioni, il polistrumentista e arrangiatore, che suona tastiere, mandolino e chitarra (a breve torna da queste con la “sua” PFM), Massimo Germini (chitarre), Roberto Gualdi (batteria) e Antonio Petruzzelli (basso). E, naturalmente, dal pubblico e dallo stesso cantautore, applausi per l’Orchestra della Magna Grecia e il direttore Pasquale Veleno. Il concerto è stato introdotto dal direttore artistico, il Maestro Piero Romano, e dal vicesindaco e assessore alla Cultura Fabiano Marti, che hanno dato appuntamento venerdì 23 luglio, per un altro evento particolarmente atteso all’interno del Magna Grecia Festival: “Dante – I Canti della terra”. Al concerto diretto dal maestro Roberto Molinelli si potrà accedere gratuitamente (su prenotazione). Il Magna Grecia Festival, a cura dell’Orchestra della Magna Grecia e del Comune di Taranto, con il patrocinio di Regione Puglia e Ministero Beni culturali, è realizzato in collaborazione con Programma Sviluppo, Five Motors, Fondazione Puglia e Fondazione Taranto 25. Info, Orchestra della Magna Grecia – Taranto, via Tirrenia 4 (099.7304422), via Giovinazzi 28(392.9199935) www.orchestramagnagrecia.it