Libri: ‘La luna del castoro’, un romanzo che profuma di vita
(Di Tullio Luccarelli) Uno scrigno che si apre e rivela la bellezza della vita. Un vaso di Pandora da cui non fuoriescono i mali, bensì le speranze e le gioie. Con queste metafore si può racchiudere l’opera prima dello scrittore esordiente Gianfranco Vumo, “La luna del castoro”, edita da Edigrafema.
Un romanzo fin dal titolo atipico: la luna del castoro difatti, nella astrologia dei nativi americani, è visibile nelle notti di novembre e simboleggia laboriosità e caparbietà, due caratteristiche che ben si sposano con il carattere dell’autore tarantino.
Vumo scrive un romanzo di vita che si dipana in tre sezioni, snodi fondamentali della sua vita, che si articola tra i ricordi d’infanzia al quartiere Tamburi, le esperienze e i sogni di una carriera calcistica, il confronto con il siderurgico e i primi impieghi, passando per le goliardate e gli amori giovanili. Un testo, quindi, che può essere di tutti ma che, allo stesso tempo, è intimamente unico, privato per ognuno di noi.
Come se tutti noi lettori entrassimo nella bacheca dei ricordi di Vumo e ci rendessimo conto che, in fin dei conti, è anche la nostra bacheca, con le nostre foto appese, i nostri post-it, i nostri ricordi e le nostre sensibilità. Grazie anche ad uno stile paratattico che sa di vecchie macchine da scrivere Olivetti e non dei moderni computer, veniamo trasportati in un fiume placido ma che, in alcuni momenti, si trasforma in rapide; questo è il timbro dell’autore, il timbro vincente di Gianfranco Vumo il quale, nella sua stilistica, riassume la “fantastica storia che è la vita”, citando Antonello Venditti.
I nomi, i personaggi citati non sono solo lettere, ma assumono una forma, un volto, un’anima letteraria e di vitalità, un soffio vitale che fa vivere e rende umani i nomi e gli sconosciuti che Vumo incontra nel suo cammino di vita. “La luna del castoro” ha il suono caldo di una puntina di un giradischi del vinile, ha il ritmo di una Olivetti, ha il sapore di vita.