ESCLUSIVA - Dura Lex 2, Chicoria parla del suo nuovo libro
Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere di farci una bellissima chiacchierata con Gast, noto rapper romano appartenente al Truceklan. Non contenti, abbiamo deciso di fare lo stesso col fratello di sangue di quest’ultimo, Chicoria, in procinto di pubblicare il seguito del suo primo libro “Dura Lex: la legge non è ugale per tutti”. Chicoria, al secolo Armando Sciotto, è senza dubbi un personaggio simbolo della Roma undergound degli inizi del 2000, nonché uno dei maggiori esponenti dell’Hip Hop italiano. Prima writer e poi rapper, l’artista ha deciso di intraprendere la strada editoriale nel 2014 pubblicando un’opera a metà tra un’autobiografia ed una serie di racconti tratti dalla sua vita: l’arresto, lo spaccio, una vita sicuramente al limite della quale vorremmo sapere ogni dettaglio. In questa corposa intervista il rapper ci parla del suo nuovo libro, “Dura Lex 2: ancora la legge non è uguale per tutti” in uscita il 6 novembre, dandoci l’opportunità di approfondire la conoscenza di un personaggio davvero singolare che ha fatto la storia del rap in Italia.
Ciao Armando, sciogliamo un po’ il ghiaccio parlando di te. Cos’hai combinato dall’uscita di S.E.R.T., e poi quindi anche del primo Dura Lex, ad oggi?
“Dall’uscita di S.E.R.T., che poi è il mio primo album da quando sono uscito dagli arresti, ci sono stati diversi split album, cioè con altri artisti (Die Hard con 1Zuckero, Blood Brothers con Gast). Principalmente ho cercato di fare sempre musica. Tra il 2013 ed il 2014 ho incontrato di nuovo il socio maggiore di Smuggler’s Bazaar, con cui abbiamo deciso di intraprendere il progetto della casa discografica. Dopodichè sono usciti Servizio Funebre, Lettere e, tra questi due, un mixtape chiamato Mondo di Mezzo con alcuni artisti della nostra etichetta.”
Colgo l’occasione, visto che l’hai nominato, per chiederti di pubblicare su Spotify Blood Brothers, così la smettiamo di piangere per i giga persi su Youtube.
“Sì, c’avevamo già pensato in verità. Non s’è fatto più nulla alla fine perché sia io che Manuel proseguiamo per i nostri progetti solisti. Comunque non è che non ci sia l’intenzione, anzi: al più presto faremo!”.
Entriamo subito nel vivo dell’intervista parlando di Dura Lex: da dove è nata l’idea di scrivere un libro?
“Precedentemente avevo già provato a scrivere un libro quando ancora ero in carcere. Il problema era il mio essere troppo prolisso, raccontavo tanti particolari tutti insieme e non riuscivo a seguire un filo logico. Quando ho incontrato Sandrino, il socio di Smuggler’s Bazaar di cui ti dicevo, fu lui a rimettermi ‘sta cosa in testa. Mi ha affiancato ad una persona che aveva un backrground editoriale ed aveva già scritto dei libri, quindi abbiamo semplicemente riscritto delle avventure tratte dalla mia vita: è questo Dura Lex. Non propriamente un’autobiografia, bensì racconti, cose che mi sono successe.”
Raccontando le vicende della tua vita immagino ti sia aperto a 360° prima con la scrittrice che ti ha aiutato e poi con il pubblico. Chiaro che lo avevi già fatto con la musica, ma quanto è stato difficile farlo attraverso un libro?
“Ovviamente è una cosa differente, a livello tecnico, dal fare musica: quando scrivi una canzone devi usare determinati termini, rimanere nei tempi. Quando scrivi un libro puoi aprirti molto di più. Questo comporta però che ci sia un filo logico a connettere tutti gli argomenti e trasportarli insieme, altrimenti sarebbe troppo distaccato. Aprirmi non è stato difficile: una volta fatto con la musica non cambia niente farlo con un libro.”
C’è stato subito feeling con la tua editrice? Vi conoscevate già?
“No, non la conoscevo, ci hanno presentati in quel frangente. Era una persona tranquilla, è stato abbastanza semplice. Mi sono trovato subito bene.”
Quanto bisogno c’era di un libro come Dura Lex, con i suoi racconti crudi di spaccati di vita definibili “estremi”, in un contesto come quello italiano?
“Ascolta, io non sono certamente il primo in Italia a parlare di deviazioni, droghe o carcere. Per esempio, Antonio Mancini, uno dei fondatori della Banda della Magliana, aveva già scritto un libro del genere, ispirato appunto alla sua vita che, insomma, è decisamente “più in là” della mia. Ritengo comunque sia un bene che il mio libro abbia interessato parecchie persone che masticano l’Hip Hop: quando qualcuno sente un mio testo, anche per via della differente tecnica di comunicazione, c’è il rischio che non capisca appieno ciò che dico e magari prende la vita illegale in maniera sbagliata. Non ci vuole il Chicoria per farti riconoscere che uno che vive nell’illegalità non vive bene. Prendi per esempio un mafioso di alto calibro: quello quando è libero, ricercato, si nasconde nei bunker sotto terra come i topi, per paura sia dei nemici che vogliono farlo fuori, che della polizia che vuole arrestarlo. Chiunque, anche un bambino, capisce che questa qua non è una vita semplice. Questo merito me lo riconosco: di aver aperto gli occhi ai ragazzi, spiegando che la vita illegale non è rose e fiori, anzi. È sangue e lacrime.”
Potremmo collocarti allora ad un piano simile a Saviano con Gomorra?
“No te prego, non farla ‘sta similitudine. Per carità, Saviano è un grande scrittore che parla delle sue realtà, ma c’è una bella differenza tra la realtà partenopea e quella romana.”
Parliamo di Dura Lex 2: come mai questo seguito? Cosa ti eri dimenticato di scrivere nel primo libro?
“Ma no, non mi ero dimenticato nulla (ride, n.d.r.). Dopo che ho finito di scrivere Dura Lex ho subito iniziato a lavorare sul seguito. Ho cercato di far sì che nel secondo libro ci fossero dei rifacimenti al primo, una sorta di focus su determinate vicende, permettendo al lettore di collegare mentalmente dei racconti. Ho improntato l’intero libro su questo. In Dura Lex 2 ho anche inserito alcuni estratti di mie canzoni, spiegando cosa ha determinato la scrittura di quelle rime, dando una maggiore profondità al prodotto.”
In questi anni sei stato particolarmente a contatto con la tua vita passata, dovendo rievocarla quasi giornalmente per scrivere il libro: nel rileggere, nel riparlare di tutte queste storie rifaresti le stesse scelte? Sei soddisfatto del Chicoria di oggi?
“Sono assolutamente soddisfatto di quello che sono oggi. Mi ritengo una persona che ha vissuto diverse vite. Non ho fatto solo rap nella mia esistenza, di conseguenza aver vissuto queste esperienze mi ha lasciato un bagaglio. A diciassette anni ero ad Amsterdam, lavoravo nei ristoranti. Se un domani non ho voglia di scrivere, di rappare, qualcos’altro lo so fare. Tutto il resto che mi è successo ieri mi rende un uomo migliore oggi. Se ti dovessi dire, alcune scelte ovviamente ci ripenserei a farle. Non è che nella vita mia avevo la ragione che viaggiava con me, non sono il figlio di Dio che ogni scelta la faccio giusta. Ovviamente ci sono delle cose di cui mi pento, la prima fra tutte è quella di non aver capito che il rap ci avrebbe potuto aprire tante porte sia al livello lavorativo che comunicativo. Di quello non mi è fregato niente, avevo delle idee sbagliate e correvo appresso a quelle.”
Dopo tre giorni dall’uscita di Dura Lex pubblicasti Servizio Funebre: dobbiamo aspettarci il rilascio di qualche progetto musicale ad accompagnare l’uscita del libro?
“No, niente del genere a ‘sto giro.”
E qualche progetto in cantina di cui ci vuoi parlare?
“CI sto lavorando, ma non ti dico nulla (ride, n.d.r.) “
Va bene Armando, ti ringrazio per essere stato con noi!
“Ma che scherzi Fracco, da paura!”
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