Teatro: "Ragazzi di via Pal" in anteprima al TaTÀ di Taranto

CRONACA
27.11.2015 14:01

Una città disegnata da grandi mai stati bambini. Inserito (fuori abbonamento) nella rassegna per famiglie “favole&TAmburi”, domenica 29 novembre 2015, alle ore 18 al TaTÀ di Taranto, in via Grazia Deledda ai Tamburi, va in scena - in anteprima - la nuova produzione del Crest “Ragazzi di via Pal” di Gaetano Colella e Gabriele Duma, regia Gabriele Duma, con Giuseppe Marzio, Andrea Santoro, Andrea Simonetti, Serena Tondo, scene e immagini Massimo Staich e Francesca Ruggiero, costumi Cristina Bari, musiche originali Fido Guido, videomaker Gianni Giacovelli, Parkour trainer Daniele Ciciriello, disegno luci e tecnico di scena Vito Marra. Biglietto unico 6 euro. Info: 099.4707948.

Uno spiazzo da contendersi per giocare. Due squadre/gruppi di ragazzini. Un pallone, un orgoglio da difendere. Questi gli elementi alla base del romanzo pubblicato nel 1906 da Molnàr per denunciare la mancanza di spazi per il gioco dei più giovani. Una denuncia, il segnale di un pericolo che arriva da lontano e che ancora suona contemporaneo e familiare. Certo il gioco in strada è diventato più raro. Certo i ragazzi oggi giocano e comunicano digitalmente, virtualmente… ma a tutti noi adulti è capitato di vedere talvolta lo sguardo illuminato, le guance arrossate di un bambino che gioca davvero con coetanei veri, di cogliere la realtà delle emozioni in quello sguardo e in quel respiro affannato. Vera gioia, vera rabbia, vero tutto. Senza dimenticare il presente e le sue eccezionali opportunità, lo spettacolo vuol parlare di una città e dei suoi piccoli cittadini, che vivono all’ombra dei bisogni dei grandi che disegnano spazi a loro uso e consumo. Boka, Gerèb, Nemé, Skiappa da 109 anni raccontano la loro storia con allegria, drammaticità e passione immutate. Se all’epoca il romanzo di Ferenc Molnàr raccontava del vecchio quartiere ebraico di Budapest, oggi lo spettacolo di Gabriele Duma trasporta l’ambientazione in una periferia qualsiasi di una delle nostre città, servendosi delle musiche rap-reggae di Fido Guido e dei video di Gianni Giacovelli. Tutti artisti tarantini, e chissà che la circostanza non stia a significare qualcosa.

«Storie di spazi occupati e spazi usurpati. In una architettura della precarietà, in cui solo i sogni sono chiari, una piccola comunità bambina, che percepisce attorno a sé la presenza adulta come un’ombra, ma non la vede, costruisce relazioni, dentro e con quello spazio in perenne costruzione, in cui sembra che nessuno voglia costruire nulla. Il cantiere, mai finito, si tinge per un attimo di infinito, e i ragazzi si riconoscono nello spazio inquieto e ostinato che non vuole diventare niente altro che ciò che è. Con profondo senso etico lo difendono, attraversano la propria guerra, piangono i propri caduti, per poi svegliarsi cresciuti, con la novità di un presente che non sa più fare a meno del passato, e con la consapevolezza nuova che i nemici di ieri erano necessari alla propria identità e che le ombre intorno permangono a perpetrare una nuova usurpazione», dalle note di regia.

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