Investimenti: Turco (M5S), ‘Rilanciare le spese infrastrutturali ferme’
Sostenibilità ambientale, lotta ai cambiamenti climatici, inclusione sociale e redistribuzione del reddito a livello nazionale, ma soprattutto ridurre il gap esistente tra Nord e Sud del Paese. Sono le linee che intende seguire l’attuale Governo in materia di investimenti pubblici e privati. Dobbiamo rilanciare soprattutto le spese infrastrutturali ferme da troppi anni, indispensabili non solo per accrescere il benessere sociale e culturale dei territori, ma soprattutto perché fondamentali all’aumento della produttività delle imprese e, quindi, al sostegno della crescita economica del Paese. Questo è il nuovo paradigma della crescita economica, ovvero investimenti-produttività-
La ripresa degli investimenti è la vera sfida da vincere. I primi dati che ho analizzato con il Dipartimento di Programmazione Economica (DIPE) rilevano un andamento decrescente negli anni post crisi economica, laddove la spesa per investimenti è passata da 54,2 miliardi dell’anno 2009 (di cui 30,8 nel settore delle opere pubbliche) a circa 37 miliardi nel 2018 (di cui 19 nel settore delle opere pubbliche), con una diminuzione percentuale del 31,7%. La tematica, peraltro, non si riduce solo alle nuove risorse finanziarie stanziate nella prossima legge di bilancio, pari a circa 9 miliardi aggiuntivi nel triennio 2020-2022, ma comprende anche i circa 145 miliardi di investimenti pubblici programmati e non spesi.
La capacità di spesa delle Amministrazioni e degli Enti locali non è positiva. A titolo esemplificativo nel triennio 2016-2018, alcune delle principali stazioni appaltanti del Paese sono riuscite a spendere solo una parte, vale a dire meno della metà, delle somme stanziate nei rispettivi contratti di programma. Degli 8 miliardi previsti e programmati solo 3,8 sono stati impiegati. Emblematico è, inoltre, quanto rilevato con riferimento alla programmazione in corso (2014-2020) dei Fondi di sviluppo e coesione (FSC), dove la capacità di spesa risulta di poco superiore al 2% delle risorse stanziate. A tal riguardo, dei circa 47 miliardi di finanziamenti programmati e monitorati, per un numero di 7.407 progetti, i pagamenti di spesa effettuati sono solo 0,9 miliardi.
Le cause di questa inefficienza della spesa sono molteplici ma un elemento su cui riflettere è la crisi o il fallimento dell’impresa che si è aggiudicata un appalto. In dieci anni, sono scomparse 120 mila imprese di costruzioni. Occorre dunque intervenire normativamente modificando il codice degli appalti. Serve introdurre una procedura che preveda la valutazione della solidità patrimoniale delle imprese affidatarie e la capacità di far fronte agli impegni finanziari nelle varie fasi di realizzazione delle opere.