Calcio italiano: Da Falcao a Juary, 40 anni fa tornavano gli stranieri
Fuoriclasse indimenticabili e "bidoni", idoli e oggetti misteriosi: il 9 maggio 1980 il Consiglio federale approvava il ritorno degli stranieri in Serie A, nella speranza di scuoterla dallo scandalo del calcioscommesse. Molti lasciarono il segno sul campo, altri solo nelle rubriche televisive come 'Mai dire gol', alle quali offrivano più spesso spunti comici che sportivi. In quel primo calciomercato post-autarchia furono 11 gli stranieri arruolati e, tolto il dimenticato Luis Silvio (che vestì sei volte la maglia della Pistoiese e poi tornò in Brasile a gestire un chiosco di bibite sulla spiaggia), c'erano diversi ottimi giocatori - Bertoni alla Fiorentina, Brady alla Juventus, Krol al Napoli, Van de Korput al Torino, Juary all'Avellino, Prohaska all'Inter - e un autentico fuoriclasse: Paulo Roberto Falcao, che avrebbe riportato lo scudetto in giallorosso, tanto da essere incoronato dai tifosi come "l'ottavo re di Roma". Ci si prese gusto: l'anno successivo arrivarono in Italia altri sette stranieri; nell'82 salirono a due per club e ne furono ingaggiati 18. La Juventus si rinforzò con "Le Roi" Michel Platini e Boniek, soprannominato dall'avvocato Agnelli "Bello di notte" perché brillava soprattutto nelle serate di Coppa. Nell'83 il colpo lo mise a segno l'Udinese, assicurandosi Arthur Antunes Coimbra, per tutti Zico: preso dal Flamengo per 8 miliardi delle vecchie lire. Ma fra le divinità del pallone, nell'84 sarebbe arrivato un certo Diego Armando Maradona: 188 partite e 111 gol con la maglia del Napoli, per vincere due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Il blocco degli stranieri era stato deciso dopo la disfatta con la Corea del Nord al Mondiale del '66. Buona parte delle responsabilità di quel flop, infatti, furono addossate agli oriundi, rei di aver annacquato l'italica sapienza calcistica. Solo agli stranieri già in Italia fu permesso di restare. Ma l'autarchia, se da un lato rivitalizzò l'azzurro (con la vittoria dell'Europeo nel '68, più un secondo e un quarto posto mondiali), depresse i risultati dei club in campo continentale. E così, per la stagione 1980/'81, fu decisa la riapertura con il limite di un solo giocatore per squadra. Negli anni, altri campioni come Socrates e Rumenigge, Van Basten e Batistuta, Ronaldo e Gascoigne, fino agli attuali Ibrahimovic e CR7 (ma l'elenco non ha nessuna pretesa di essere esaustivo) hanno impreziosito il campionato, intervallati da non poche meteore: chi si ricorda di Rui Aguas, attaccante portoghese della Reggiana, o di Sergio Fortunato, argentino del Perugia? Qualcuno semplicemente non riuscì ad ambientarsi. Come Eneas, che a Bologna scoprì la neve, decise che non gli piaceva e dopo una sola stagione se ne tornò nel suo amato Brasile. (ANSA)