Taranto: Capacità e competenze per l’Intelligent Manufacturing
Primi risultati dello studio di The European Hous-Ambrosetti con Philip Morris Italia
L’offerta formativa in Italia non può più prescindere dal fabbisogno di Enti e di imprese, e investire sulle competenze digitali è fondamentale per la rinascita del Mezzogiorno italiano. A dirlo è lo studio “Capacità e competenze per l’Intelligent Manufacturing” realizzato da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con Philip Morris Italia, i cui primi risultati sono stati presentati a Taranto in vista della riunione interministeriale del G20 sui temi del lavoro e dell’istruzione che si terrà la prossima settimana a Catania. L’Intelligent Manufacturing potrà rappresentare il motore principale per una crescita sostenibile e inclusiva in cui macchine e capitale umano sono perfettamente integrati, creando un ecosistema intelligente all’interno del sistema produttivo. Un progetto che assume una ulteriore rilevanza proprio perché viene presentato a Taranto, città in pieno fermento culturale. «Con “The European House – Ambrosetti” abbiamo condiviso un percorso importante, nell’ultimo anno, tracciando un profilo dello sviluppo della città che tenesse insieme i nostri sforzi verso la diversificazione con la promozione dei nostri talenti e delle nostre peculiarità. Su questo orizzonte – ha commentato il Sindaco di Taranto Rinaldo Melucci – si è mossa anche Philip Morris Italia, che ha investito a Taranto puntando sull’innovazione. Tutto ciò non è accaduto per caso, questi grandi player hanno trovato terreno fertile in riva allo Ionio grazie alla visione disegnata dalla nostra amministrazione: Taranto è riferimento per chiunque voglia misurarsi sui temi della trasformazione economica, su modelli di sviluppo alternativi, sull’importanza della formazione specialistica e sul recupero delle competenze. Li ringraziamo, quindi, per aver scelto Taranto e per avervi investito energie e risorse». E se la manifattura italiana del futuro vuole essere competitiva e non vuole lasciare indietro i lavoratori, non può prescindere dalla sottoscrizione di un New Deal delle competenze 4.0 che permetta di ridare centralità all’istruzione tecnico scientifica con programmi più inclusivi, promuovendo, da un lato, una formazione continua dei lavoratori all’interno delle imprese per consentire di stare al passo dei tempi, dall’altro,investimenti sulle competenze digitali per la rinascita del Mezzogiorno italiano. «Il Politecnico di Bari – ha commentato il rettore Francesco Cupertino – in questo senso ha già attivato delle relazioni tra pubblico e privato. Le aziende, l’industria in generale, collaborano con l’università in contenitori in cui si condividono competenze. Ne abbiamo attivati già una quindicina e sono tutte esperienze in cui le aziende coinvolte hanno continuato a investire, perché è qui che individuano e collaborano con il capitale umano altamente formato. Il Politecnico di Bari contribuisce da trent’anni alla formazione delle nuove classi dirigenti. Oggi puntiamo a formare giovani che siano capaci di interpretare la grande trasformazione digitale, che non vuol dire solo conoscere gli aspetti tecnologici di questo processo, ma comprenderne anche l’impatto sul lavoro e sui sistemi organizzativi». La ricerca ha messo in luce come il progresso tecnologico e lo sviluppo delle competenze connesse all’Intelligent Manufacturing stia portando a un cambio di paradigma dei processi produttivi, ormai connessi all’interno di un ecosistema intelligente dove macchine e capitale umano sono perfettamente integrati con una conseguente ottimizzazione dei processi. Tra i sistemi manifatturieri, quello italiano ha l’opportunità di giocare un ruolo di primo piano grazie al suo posizionamento internazionale: quinto Paese al mondo per surplus manifatturiero, con tre tra le prime cinque Province europee superspecializzate nella manifattura. In questo contesto l’attuazione del PNRR, e i relativi investimenti in istruzione, ricerca, innovazione e tecnologia, possono rappresentare un’occasione unica per accompagnare il tessuto produttivo in questa evoluzione. “Questo studio rappresenta un importante punto di partenza per elaborare l’offerta formativa del nostro Institute for Manufacturing Competences, che inaugureremo a Bologna accanto al nostro stabilimento nella seconda parte dell’anno e sarà focalizzato su tre aree fondamentali per l’industria 4.0: formazione, trasferimento tecnologico e open innovation e ricerca applicata. Per me e per le oltre 30.000 persone della filiera italiana di Philip Morris, è un orgoglio contribuire a un progetto per lo sviluppo e l'individuazione delle competenze per la manifattura del futuro.” ha dichiarato Marco Hannappel, Presidente e Amministratore Delegato di Philip Morris Italia, membro dell’Advisory Board che ha coordinato i lavori unitamente anche a Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti,Giorgio Ventre, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione della Federico II e Direttore Scientifico della IOS Developer Academy di Napoli e Alberto Di Minin, Professore Associato di Management alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, Co-Direttore dell’Istituto Confucio di Pisa e dell’Istituto Galilei presso la Chongqing University, Rappresentante Italiano per il Working Party on Innovation and Technology Policy, OCSE. Per Valerio De Molli, «L’Italia è una potenza manifatturiera a livello globale e il surplus di 111 miliardi di euro generato dalle nostre industrie è un fattore cardine del nostro sistema economico. La ricerca realizzata da The European House – Ambrosetti mette chiaramente in luce le fragilità del sistema della formazione a sostegno delle opportunità offerte dall’Intelligent Manufacturing e suggerisce chiare ed incisive proposte d’azione volte a fare dello sviluppo delle competenze un motore di sviluppo per il sistema-Paese». Taranto al centro di un importante confronto, dunque. E non è casuale visto il fermento che la Città dei Due Mari sta registrando a ogni livello. «Siamo orgogliosi di quel che sta accadendo sul territorio – ha commentato Fabrizio Manzulli, Assessore allo Sviluppo Economico del comune di Taranto – siamo grati per l’attenzione posta nei confronti della nostra città, che sta cambiando: gli ultimi 50 anni non hanno dato merito a una storia fatta di innovazione, competenza, economie radicate alla tradizione territoriale, tutto offuscato dalla monocultura dell’acciaio che non ha consentito uno sviluppo ordinato. Parlare di questi temi a Taranto è significativo, definisce un cambio di passo che avevamo già condiviso con “The European House – Ambrosetti” durante il momento peggiore della pandemia. Questa visione condivisa, peraltro, ci ha consentito di ripartire meglio e più velocemente di tante altre città, attirando investimenti come quello di Philip Morris che, diversamente, non sarebbero arrivati. È una strada che vogliamo continuare a percorrere, investendo ancora sui cardini del nostro piano strategico “Ecosistema Taranto”, che parlano di innovazione, formazione del management, coinvolgimento degli stakeholder, vicinanza all’imprenditoria, tenendo sempre al centro ambiente ed essere umano». Capitale umano, dunque, e formazione professionale, due chiavi per allinearsi alle richieste e alle sfide del futuro. L’analisi presentata riflette un percorso di studio che ha raccolto interviste ai vertici di Regioni, Istituzioni scolastiche, ITS, parti sociali, Università, Associazioni di categoria, Ministeri attivi sul tema dello sviluppo delle competenze e della formazione nonché indagini rivolte a oltre 150 imprese su tutto il territorio che vedrà la sua conclusione in autunno con la presentazione di un policy paper per il rilancio delle competenze per la manifattura del futuro. Il tema delle competenze, interne ed esterne, rappresenta la principale problematica per le imprese intervistate: il 20% ha dichiarato di avere difficoltà nel reperire figure professionali adeguate, il 13%lamenta carenza di competenze all’interno della forza lavoro impiegata. Si riscontrano maggiori criticità negli ambiti di data science (27%), competenze informatiche avanzate (18%), programmazione (16%) e project management (13%). In riferimento ai canali tradizionali di formazione, le imprese esprimono una fortissima insoddisfazione per le competenze dei diplomati (88%) e dei laureati (54%), evidenziando un problema di disallineamento tra le competenze richieste e quelle offerte dal sistema scolastico euniversitario. Oltre al tema qualitativo, lo studio rivela carenze importanti anche sotto l’aspetto quantitativo: solo un giovane italiano su sei studia discipline STEM e l’istruzione tecnica post-scuola secondaria necessita di un adeguamento rispetto ai leader in Europa; meno di un lavoratore su due partecipa a corsi di formazione e quasi la metà delle problematiche riscontrate dalle imprese riguarda le capacità del management di gestire i cambiamenti abilitabili dalla tecnologia. (CS)