Ippica, in che anni è diventato un fenomeno popolare in Italia?
Tutto si può dire dell’Italia, tranne che essa non sia un Paese legato allo sport. Alcune discipline, certamente, svettano su altre a livelli di interesse da parte del grande pubblico. Basti pensare all’ascesa del calcio o a quella molto più recente del tennis, grazie al fenomeno Jannik Sinner. Ed è proprio questa la chiave di lettura dello sport nel Belpaese: il tempo. Perché ogni disciplina, forse a eccezione del pallone, ha avuto momenti di estrema popolarità affiancati a epoche di grande povertà in termini di interesse.
Tra queste c’è l’Ippica, un semi evergreen che ha portato tanto entusiasmo tra gli italiani a folate, in base alle epoche storiche vissute. A partire dall’Ottocento e arrivando fino ai giorni nostri, tra fortune alterne e momenti di buio, come quelli più recenti, in cui questo sport sta convivendo con un lungo periodo di crisi, specialmente a livello infrastrutturale. Tuttavia, gli anni d’oro non sono mancati e nelle prossime righe cercheremo di capire quali siano stati.
Anni 20-30 del Novecento: l’epoca d’oro del Galoppo
Partiamo col dire che la cultura ippica italiana nacque nel nostro Paese solamente negli Anni ‘30 dell’Ottocento, con la nascita della prima società di corse di cui faceva parte anche Camillo Benso, Conte di Cavour. Da qui in poi, la strada venne segnata dalla nascita di grandi eventi, molti dei quali ancora oggi attivi, tra cui il Derby di Galoppo delle Capannelle e del Jockey Club d’Italia. Ma quando parliamo di epoche davvero importanti per l’Ippica italiana, non si può che partire da un decennio che ha letteralmente cambiato la storia di questo sport nello Stivale. Siamo nel Novecento, precisamente nel periodo compreso tra gli Anni ‘20 e gli Anni ‘30.
Si tratta di un periodo estremamente effervescente soprattutto per una delle due discipline di corsa: il Galoppo. Tante le scuderie che furono artefici della nascita e dello sviluppo di un movimento ippico senza precedenti. I cavalli che nacquero durante quel decennio riuscirono a trionfare in diverse corse prestigiose in Italia e nel mondo. Basti pensare ad Apelle, il primo cavallo di razza italiano dal valore mondiale. Su 13 corse, furono ben 8 le vittorie, con 4 piazzamenti sul podio e un record a lungo imbattuto: i 3 chilometri al galoppo nel Gran Premio di Milano, percorsi in 3 minuti e undici secondi circa. Altro puledro di grande fama, sempre nel galoppo, fu Ortello, passista d’eccezione che dominò soprattutto nel 1929. Vinse nei 3000 metri di Milano, fece doppietta nel St. Leger e trionfò a Parigi nell’Arc, con un rush finale indimenticabile.
Gli Anni ‘70 e’80, l’ippica diventa “social”: dalle scommesse ai film
Altro momento più che importante per l’evoluzione del successo dell’Ippica in Italia è rappresentato dagli Anni ‘70 e ‘80 del Novecento. Il già grande blasone di questo sport, dapprima, però, riservato a chi facesse parte di ranghi sociali medio-alti e dovuto ai grandi successi dei cavalli italiani, si allargò ulteriormente grazie alla nascita delle scommesse a tema ippico, su tutti il Totip, cancellato dal 2007. Nulla a che vedere con quanto succede oggi a livello di betting sportivo, dove questa tipologia di scommesse ha più presa sul web rispetto al passato. A tal proposito, qui è possibile consultare una lista dei migliori siti che consentono di scommettere sull’Ippica: https://time2play.com/it/scommesse/ippica/. All’epoca, infatti, più che le agenzie di scommesse o i siti online, a essere presi letteralmente d’assalto erano i botteghini e gli sportelli dedicati dei più famosi ippodromi di tutto lo Stivale.
Da Tor di Valle, sede delle riprese del celebre film Febbre da Cavallo, che partecipò e non poco al successo mediatico dell’Ippica in quegli anni, a Capannelle, arrivando fino a San Siro e ad altri grandi impianti in giro per l’Italia, come il Paolo Sesto di Taranto, dove si è da poco corsa la Supertris.
Ma che si trattasse di un vero fenomeno sociale, lo dimostrano anche alcune testimonianze di chi visse quell’epoca tanto importante per l’ippica italiana: “Il mondo dell'ippica ha cominciato a crescere con il boom economico, proseguendo poi negli anni Sessanta e Settanta fino a toccare il suo apice negli Ottanta [...] Allora tribune e prato erano affollatissimi, scommettevano tutti e gli allibratori, legali e clandestini che fossero, non si riuscivano a stare dietro a tutte le puntate. Che tra l'altro erano molto alte. In quegli anni erano mitiche le scorribande di Giancarlo Gorrini, proprietario dell'assicurazione Maa e di una scuderia. Se un suo cavallo era minimamente favorito, ci buttava su come niente un centinaio di milioni.
E trovava sempre chi accettava la giocata [...] Cinquanta euro? Ma ai tempi d'oro tenevano anche 100 milioni di lire a botta. Altro mondo”.
Questo un aneddoto di Andrea Negri, giornalista specializzato in ippica e intervistato qualche anno fa da Il Giornale. Proprio i giornalisti, con la nascita di grandi periodici e riviste a tema ippico, come Cavallo News, accesero ancor di più l’attenzione su questo sport così nobile e, finalmente, popolare.
Fine Anni ‘90, inizio 2000: il fenomeno Varenne
Un’ultima grande epoca per l’ippica italiana, e stavolta nuovamente per meriti sportivi più che extra pista, è rappresentata dal periodo compreso tra la fine degli Anni ‘90 del Novecento e i primi Anni 2000, quando si riaccese di colpo la passione degli italiani per uno sport che stava passando di moda. Allora, infatti, emerse un cavallo che ha fatto sognare generazioni intere: Varenne, il più forte trottatore del mondo di tutti i tempi secondo alcuni esperti di settore.
Nato nell’allevamento di Zenzalino a Copparo (Ferrara) il 19 maggio del 1995, Varenne disputò ben 73 corse, riuscendo a portarne a casa ben 62, compresi il Derby italiano di trotto del 1998 e i Prix d’Amerique di Parigi nel 2001 e nel 2002. Praticamente invincibile, il Capitano, com’era soprannominato dagli addetti ai lavori, conquistò circa 6 milioni di euro in montepremi, attestandosi come il cavallo più vincente di tutti i tempi nella storia del trotto mondiale. Dal ritiro di Varenne nel settembre del 2002, i fari sull’ippica italiana andarono via via a scemare e chissà che non serva un altro grande puledro nostrano vincente per poterli riaccendere nuovamente.