Fuori dall’orto: Dal carcere di Taranto le insalate per il Banco Alimentare
Quindici detenuti in misura alternativa hanno svolto un corso teorico- pratico sulla coltivazione della terra, promosso dall’associazione “Noi e Voi” e finanziato dalla Regione Puglia. Uno di loro verrà assunto dalla cooperativa omonima “Noi
Coltivare la terra per ritrovare se stessi. La fatica della semina, l’impotenza del tempo dell’attesa e infine la gioia del raccolto. La natura che insegna come vivere a chi ha sbagliato strada e adesso vuole ricominciare. Giunge a conclusione il progetto “Fuori dall’orto”, promosso dall’associazione “Noi e Voi” onlus insieme all’Amministrazione penitenziaria di Taranto. Il percorso, iniziato nell’estate del 2019, ha coinvolto 15 detenuti del carcere Magli in misura alternativa che, per l’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, hanno potuto svolgere attività formativa all’esterno della struttura. E così un primo cancello lo hanno varcato, andando a piantare cipolla, insalata, finocchi, sedano, nel terreno che circonda il carcere. Il raccolto poi lo hanno donato al Banco Alimentare, per aiutare chi non ce la fa. Una storia di successo, nonostante le complicazioni logistiche causate dal Covid19. «Si è trattato di un corso teorico-pratico su come si realizza un orto – spiega il presidente dell’associazione “Noi e Voi” onlus, don Francesco Mitidieri – dalle tecniche di impianto ai sistemi di irrigazione, le stagioni, i tempi di semina e di coltura. Nella parte teorica, che ha coinvolto 4 docenti, sono stati fatti anche piccoli esperimenti nei vasi. Poi quanto imparato è stato riportato alla pratica, proprio sul terreno messo a disposizione dalla direzione penitenziaria. Nonostante la pandemia, siamo riusciti ad arrivare alla fine e siamo contenti che pur essendo stato pensato per una decina di persone, il progetto in realtà sia riuscito ad appassionarne 15, andandosi ad integrare con altre attività, portate avanti già autonomamente dall’istituto penitenziario». “Fuori dall’orto” rientra nel bando “Puglia capitale sociale 2.0” e ha coinvolto professionisti del settore, come Marcella Candelli, dottore agronomo, uno dei 4 docenti. «Nelle lezioni teoriche li ho trovati attenti: prendevano appunti, facevano domande. Pian piano le distanze si sono accorciate - racconta Marcella- ed è stato anche possibile parlare di loro, delle storie personali, del desiderio di ripartire. Abbiamo studiato sui “banchi”, messo per iscritto piccoli progetti per trasformare un terreno in un orto. Che emozione vedere la gioia del primo raccolto nei loro occhi! Erano soddisfatti e anche gelosi di quello che avevano imparato. Il lockdown ci ha messo lo zampino ma ce l’abbiamo fatta lo stesso. È stata un’esperienza che ripeterei, e ringrazio l’associazione per avermi permesso di viverla». Un progetto con una finalità anche solidale: donare il raccolto a chi ne ha bisogno. «Da tempo abbiamo iniziato una collaborazione con la casa circondariale di Taranto – spiega Luigi Riso, responsabile regionale del Banco Alimentare-perché a tanti venga data la possibilità di reintegrarsi all’interno della società. Il motivo per cui facciamo tutto questo, in luoghi in cui è evidente che non raccoglieremo tonnellate di prodotto, è la cultura del dono e la creazione di una rete di rapporti. Non è il gesto in sé per sé ma sono tutti questi gesti che, se messi in un contesto di società civile, fanno crescere». E mentre si avvia a conclusione formale, il progetto porta a casa altri due importanti risultati: la possibilità per uno dei partecipanti di ottenere una borsa lavoro finanziata dall’UEPE (Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna, ndr) per lavorare in agricoltura nella cooperativa omonima “Noi e Voi” e l’acquisto di attrezzature per proseguire l’attività dell’orto, oltre i tempi dettati dal finanziamento regionale. «Abbiamo acquistato pompe che portano l’acqua- ha spiegato don Francesco Mitidieri- ripristinato l’impianto di irrigazione, un lavoro svolto dagli stessi corsisti sulla base delle conoscenze acquisite, comprato macchinari e tutto il necessario per proseguire e ringraziamo vivamente la direttrice della casa circondariale di Taranto, Stefania Baldassari, per aver creduto in noi e aver sposato con entusiasmo il progetto. Il lavoro agricolo è fortemente educativo. Si impara che tutto ha il suo tempo, che i risultati non arrivano senza sacrificio e soprattutto si colgono i frutti, l’espressione tangibile di quel “io sono capace” che ai detenuti, a causa della loro storia, spesso manca». (CS)