Cisl in piazza per rivendicare un nuovo patto sociale
Le manifestazioni nazionali di Cgil Cisl Uil, tenutesi a Bari, Firenze e Torino sabato 26 giugno u.s. hanno rilanciato con forza la richiesta di confronto serio e stringente al Governo e al Paese, su questioni fondamentali, come lo sviluppo sostenibile, le politiche industriali, la digitalizzazione, la transizione ecologica ed energetica, un nuovo sistema fiscale, la non autosufficienza, le politiche abitative, l’inclusione e la coesione sociale, oltreché il lavoro legale e in sicurezza, non caratterizzato, insomma,da precarietà né da incertezze di futuro in particolare per le giovani generazioni e con una visione strategica per il medio-lungo periodo. Dal nostro territorio Taranto Brindisi, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, donne, giovani, Rappresentanti sindacali aziendali, in Piazza della Libertà a Bari hanno portato tutte intere le rivendicazioni unitarie su sviluppo, occupazione, valorizzazione delle rispettive peculiarità produttive e geografiche che ben si innestano nella più complessiva vertenzialità confederale nazionale, con particolare riguardo ai temi del Mezzogiorno. Temi come quello del lavoro, per esempio. Non va mai sottaciuto come la nostra Costituzione, tra le più belle al mondo, abbia posto il tema del lavoro al centro dei principi fondativi della Repubblica. L’art. 1, infatti, stabilisce che “L’Italia e` una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (comma 1) e appena dopo l’art. 4 sancisce che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” (comma 1). Il termine “lavoro” in Costituzione è citato ben 17 volte, frutto non casuale di una straordinaria mediazione tra culture politiche totalmente diverse dei nostri Padri costituenti - comunisti, cattolici, liberali, repubblicani - che con unità d’intenti condivisero l’importanza fondamentale da attribuire, appunto, al lavoro. Purtroppo, però, dopo oltre 70 anni, in Italia da Nord a Sud si muore ancora inghiottiti da un telaio, caduti da una impalcatura, sfruttati nei campi o nei cantieri con oltre 40 gradi all’ombra e, in molti casi,per pochi euro di retribuzione oraria; c’è anche chi finisce in coma perché folgorato da una fortissima scarica elettrica. E, a prescindere dagli accertamenti postumi della magistratura, si muore anche per insufficienza, se non addirittura per l’assenza di controlli. Precarietà, flessibilità in uscita e poco in entrata, presenza di salari ai limiti della sussistenza, alti tassi di disoccupazione giovanile in particolar modo nel Mezzogiorno impongono al Governo di prestare forte attenzione alle sollecitazioni sindacali. Implacabili, infatti, i dati forniti dallo Svimez: nel 2019 nel Mezzogiorno solo il 35% della popolazione era occupato contro la metà del Nord (51%); il divario occupazionale aumenta drasticamente per i giovani e le donne: nel 2019 il 26% delle forze di lavoro tra i 25-34 anni di età al Sud era disoccupato, il triplo del nord Italia. Il tasso di disoccupazione femminile per questa fascia di età ha raggiunto il 30,5% nel Mezzogiorno e il 40% delle donne di 18-29 anni rientra nella categoria dei NEET (giovani che non studiano né lavorano) a dispetto del 21% del Nord. Ebbene, coesione e inclusione rappresentano la missione 5 del PNRR, una sorta di missione-madre per il nostro Paese, nel perseguimento degli obiettivi trasversali a tutto il Piano stesso, dalla valorizzazione femminile al contrasto alle discriminazioni di genere, dall’ incremento delle prospettive occupazionali dei giovani al riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne. In tale quadro, i settori sanità e scuola, due realtà che avrebbero dovuto porre al centro delle rispettive politiche la persona, la prima per la prevenzione e la cura della salute, la seconda per l’educazione e la formazione, hanno rivelato una complessiva incapacità di governo del Paese. Va rilanciata oggi più che mai con l’imminente prima tranche di finanziamenti europei di cui beneficerà l’Italia la buona pratica della concertazione tra Governo e Parti sociali puntando ad un Patto condiviso sui temi del lavoro, dello sviluppo, delle riforme economiche e sociali collegate all’attuazione puntuale del PNRR, per evitare licenziamenti e rilanciare l’Italia. Un Patto alla stregua di quelli elaborati nei periodi economicamente e socialmente più complicati del Paese ma che produssero l’uscita da profonde crisi finanziarie e il nostro riposizionamento virtuoso in Europa e sui mercati mondiali. La storia anche recente dimostra che, laddove i governi hanno tentato di far da sé, le crisi non hanno mai trovato la giusta soluzione. Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, a proposito dell’esito positivo delle operazioni di voto dei lavoratori del magazzino Amazon a Bessemer (Alabama), per decidere se aderire ad un sindacato,ha asserito che gli Stati uniti d’America hanno bisogno di dare nuovamente potere ai lavoratori, giacché le diseguaglianze senza il sindacato si sono moltiplicate. Nel nostro Paese, come certificato dalla Banca d’Italia, il rischio vero è che possano andare in fumo circa 550 mila posti di lavoro se dovessero togliere il blocco dei licenziamenti che sarebbero aggiuntivi al milione di posti già persi finora in tutto il periodo pandemico: ecco il pericolo di uno scontro sociale di cui non si vede la necessità. Insomma, la proroga selettiva del blocco dei licenziamenti, su cui pare orientato il Governo Draghi, non sarebbe la soluzione appropriata. Necessarie, viceversa, si rivelano le politiche del lavoro e della formazione introducendo un’ampia e integrata riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati, ovvero i percettori del Reddito di Cittadinanza, in Naspi e in Cig speciale, nonché definendo, in stretto coordinamento con le Regioni, livelli essenziali di attività formative per le categorie più vulnerabili. Il sindacato confederale, la Cisl era in piazza lo scorso 26 giugno per dichiarare la propria disponibilità corresponsabile, utile a traghettare il nostro Paese verso scenari nuovi, fatti di riforme strutturali e di recuperata giustizia sociale, di un modello di relazioni per cui sia pur a fatica operiamo per rilanciare anche a livello di territorio. E’ la risposta coerente all’invito formulato dallo stesso Premier Draghi all’atto del suo insediamento ma che ora richiede altrettanta coerenza dall’Esecutivo di Governo, dalla politica, dalle Istituzioni a tutti i livelli, dalle Associazioni datoriali, dalle Autonomie locali. (CS)