Cantieri navali Quintano: ultimi maestri d'ascia a Taranto
(Di Fabio Dal Cin) È successo tutto per caso: al termine del Palio di Taranto, edizione 2021, incontrando i vincitori, Antonio La Gioia e Daniele Quintano, si è parlato di antichi mestieri legati alla cultura del mare e di tradizioni marinaresche tarantine. Daniele, oltre ad essere un tenace regatante, appartiene infatti ad una famiglia di maestri d’ascia, gli ultimi ad operare in questo settore nel capoluogo ionico. Taranto è legata al mare: volgendo lo sguardo verso il mar piccolo o verso il canale navigabile, è facile ammirare imbarcazioni in legno colorate, ognuna con un suo nome, un suo motto, attorniate da stormi di famelici gabbiani. La famiglia Quintano, da sempre, si occupa proprio del mantenimento in efficienza e della manutenzione di queste formidabili imbarcazioni. Sono loro gli ultimi artigiani a costruire barche in legno e capaci di praticare ancora il calafataggio, antica arte utilizzata per proteggere il fasciame degli scafi in legno al fine di renderli stagni. Il cantiere navale, sito in Vico del Ponte, è un luogo capace di riportare il visitatore indietro nel tempo: unità in costruzione o riparazione, la stagionatura del legno in attesa di essere lavorato, utensili tradizionali per la lavorazione del prezioso materiale. Si comincia dalla chiglia, poi le ossa centrali, la prua, la poppa, una costola alla volta ed infine la barca. Fernando, uno dei fratelli Quintano, mi spiega che questo è il periodo del fermo biologico, il cantiere è impegnato in una corsa contro il tempo, la flotta dei pescherecci tarantini necessita di manutenzioni prima della ripresa delle attività di pesca. La flotta! È in diminuzione rispetto al passato, circa un centinaio d’imbarcazioni; inoltre, si lavora sempre più per riparare e sempre meno per costruire. Le nuove tecnologie unitamente alla diminuzione di gente che va per mare tracciano una rotta che, forse, è in controtendenza rispetto ai tentativi di una rinascita di Taranto come città fondata sul mare e con una spiccata vocazione marinara. Visitando il cantiere non può non attirare l’attenzione un’antica imbarcazione, silenziosa, quasi non volesse essere scorta: è “Madre Giulia, un bovo – il più antico del mediterraneo – di venticinque metri, armamento aurico, varata nei cantieri di Lavagna nel 1885. I “bovo” erano piccoli mercantili a vela in uso fin dai primi anni del XIX secolo, scomparsi di scena con il primo conflitto mondiale. Dopo aver conosciuto diversi armatori, è attualmente in attesa di un progetto che le ridia nuova vita. Conosceremaestranze di questo tipo, porta ad immaginare scolaresche in visita(quanto sarebbe bello!) per apprendere, quasi fosse un gioco, questo antico mestiere. Imparare terminologie marinaresche, costruire piccole imbarcazioni in legno, “toccare con mano” ogni singola fase di lavorazione, ispezionare un peschereccio e ascoltare aneddoti raccontati dai fratelli Quintano, sono opportunità che, in una Taranto “capitale del mare”, devono essere colte. (Foto Fabio Dal Cin)