Genitori Tarantini: ‘Quel che resta dell’acciaio’
‘A Trieste, come già in precedenza a Genova, chiude la produzione a caldo‘
A Trieste, come già in precedenza a Genova, chiude la produzione a caldo di acciaio. Siamo felici per i triestini, sempre vicini a Taranto e dai tarantini ricambiati, ma sappiamo perfettamente che la chiusura del’area a caldo non è esclusivo frutto delle loro lotte. Come fu anche per le donne di Cornigliano che, nonostante vent’anni di impegno, videro nascere un accordo di programma solo per bloccare un pesante intervento della Magistratura genovese. Se fosse merito delle proteste popolari, uguale sorte sarebbe già da tempo toccata alla produzione inquinante ancora insistente a Taranto. E, a differenza di Genova, qui la Magistratura è stata bloccata con un tackle omicida. Giulio Andreotti disse “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Così, a pensare che il ministro Patuanelli, da buon triestino, abbia voluto tutelare la salute della sua gente magari si fa peccato, ma se fosse anche una delle volte che si indovina? Magari qualche sospetto potrebbe anche venirci da quel “E’ quasi inevitabile”, in risposta alla domanda sull’ingresso dello Stato nell’ex-Ilva attraverso l’intervento della Cassa depositi e prestiti. Qualche altro sospetto ci deriva da una dichiarazione sempre del ministro allo Sviluppo economico: “Non ci si può più permettere di ragionare su una crisi aziendale, Taranto è forse il tavolo di crisi più ampio ma se guardiamo al caso singolarmente facciamo un errore. Serve un piano strategico per la filiera”. Che, tradotto, vuol dire che nessuno può permettersi di chiedere la chiusura dell’area a caldo di Taranto visto che questa serve per fare produrre a freddo le acciaierie del nord. Con buona pace per la memoria dei nostri morti, per le sofferenze dei nostri malati di tumore, per i tarantini colpiti da preoccupanti problemi all’apparato cardiovascolare e a quello respiratorio. Con buona pace per quei genitori che, in numero sempre crescente, vedono partire i propri figli per altre destinazioni, nella totale indifferenza della politica a tutti i livelli. Con buona pace per la Natura che, nonostante le mortali ferite, continua a regalarci segni positivi. Stiamo parlando di un ministro che nessuna parola spreca per la salute umana, ma questo non ci scandalizza, visto che in emergenza Covid-19, il capo del Governo, Giuseppe Conte, e altri suoi sottoposti, tra cui il ministro della Salute, Roberto Speranza (del quale non dimentichiamo le pesanti dichiarazioni pro acciaieria), hanno riconosciuto ufficialmente ciò che da sempre è scritto nella Costituzione italiana: la salute quale diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività. Nonostante ciò, proprio dal Governo arriva la decisione di avvalersi del Golden Power, della possibilità, cioè, di decidere in particolare su due settori dell’economia italiana: siderurgia ed agroalimentare. Già immaginiamo cosa succederà a Taranto, visto che nel recente passato l’agroalimentare della nostra provincia è stato in gran parte sacrificato proprio a favore dell’acciaio. Ma cosa resta dell’acciaio, se non un cumulo di debiti, di perdite economiche insopportabili, oltre ai danni alla vita e alla salute delle persone e ai continui attacchi alla salubrità dell’ambiente? Cosa resta dell’acciaio, a noi tarantini, se non le lapidi con le foto di Ambra, Alessandro, Miriam, Francesco, Elio, Benedetta, Roberta, Mario e tante altre piccole vittime sacrificate al killer e ai suoi mandanti? Bisognerebbe sempre prendere decisioni importanti e coraggiose, se dettate dalla Giustizia; ma, purtroppo, il coraggio non è di questo governo, come non lo è stato dei governi precedenti. A pensare male, si potrebbe intravvedere una sudditanza a favore delle multinazionali della grande industria. A pensare male, si potrebbe pensare a quanto dilettanti siano i politici italiani che violentano il “bel paese” e le prospettive di sviluppo attraverso le prerogative proprie di questa nazione per godere del falso rispetto che il mondo riserva alle nazioni più industrializzate. A pensare male, qualcuno potrebbe anche chiedersi perché ci si schiera così prepotentemente a favore del brutto contro il bello, a favore delle malattie contro la salute, a favore della morte contro la vita, a favore delle ingiustizie contro la giustizia. A pensare male, infine, ci chiediamo di quanta miseria umana si siano vestiti i parlamentari eletti nel nostro territorio, visto che nessuna voce in capitolo sembrano avere quando si parla del benessere dei propri concittadini. A pensare male degli altri si fa peccato, ma… (Associazione Genitori tarantini - Ets)