Il Taranto che vorrei: Una piazza che ritrovi la sua unità
Ogni tifoso rossoblu vorrebbe un Taranto vincente. Questo è chiaro. Le ambizioni però devono sempre fare i conti con la realtà. Per cominciare, Taranto non vive di certo il suo miglior momento, dal punto di vista politico, economico ed imprenditoriale. In ogni caso, associare la fallimentare stagione appena trascorsa a problemi economici sarebbe sbagliato, nonché irrispettoso verso i sostanziosi investimenti fatti da questa società. Ripescaggio in primis.
Uno degli errori evidenti e determinanti commesso dal duo Zelatore-Bongiovanni è stato il non saper gestire i rapporti con tifoseria, squadra, ma anche con alcune componenti della società stessa. Basti ricordare i puerili batti e ribatti con la Fondazione Taras, la cui immagine è stata danneggiata al di là di eventuali o concrete colpe
Gli ultimi disastrosi anni rossoblu hanno fortemente provato la tifoseria rossoblu, che si sarebbe sicuramente risparmiata il 99% di comunicati stampa portatori di tensione. In queste ultime stagioni, i gruppi organizzati della Nord sono stati costretti a schierarsi contro la società di turno. Da D'Addario a Nardoni. Da Campitiello alla Zelatore. Se è vero che il Taranto non appartiene solo alla Nord, ma a tutta la tifoseria, è anche vero che l'errore delle ultime società rossoblu è stato il pensare di poter far calcio a Taranto senza la Nord, con scelte azzardate che hanno leso i rapporti tra le due parti e che a lungo andare hanno dimostrato di ledere anche gli interessi del resto della tifoseria. Per ripartire serve quindi unità. Ricucire o, laddove non fosse possibile, avere il coraggio di cambiare. Ancora una volta.
Il fallimento del duo Zelatore-Bongiovanni dal punto di vista comunicativo è palese. Dal "Ce ste rid stuè", in piena diretta televisiva, ad una presa di distanza netta ed ingiustificata da una squadra costruita evidentemente con il supporto di persone non all'altezza della piazza rossoblu, ma comunque incaricate dalla stessa società. Per fare calcio è importante che tutte le componenti facciano il loro dovere. Non è possibile immaginare un progetto vincente senza che squadra, tifoseria e società vadano verso la stessa direzione. Anche sbagliando, cadendo e sapendo ripartire.
Puntare il dito verso il prossimo non aiuta mai. Puntarlo verso se stessi permette invece di migliorarsi. Un'autocritica di cui non sono capaci anche vecchie conoscenze rossoblu che, approfittando degli errori altrui, elogiano le proprie capacità ed i propri mediocri successi; senza mai un'accurata analisi dei propri passati fallimenti; senza mai uno spunto che non si concluda con scaricare il peso degli errori sulle spalle atrui. Purtroppo per noi, se a oggi tutto fosse stato perfetto, non staremmo qui a parlare di retrocessione e Serie D.
La voglia della ragione a tutti i costi è alla base di quest'ultima retrocessione.L'umilità di riconoscere i propri errori avrebbe coeso la piazza e fatto sperare in una difficile ma non impossibile salvezza. Perché anche le cose difficili possono essere affrontate se all'orizzonte dipingi un possibile traguardo. La realtà attuale racconta invece di una retrocessione nella rassegnazione generale e nell'indifferenza di uno Iacovone che ha cominciato a svuotarsi in dirittura d'arrivo.
Se i rapporti con la Nord e con il tifo organizzato sono difficili da gestire, a Taranto così come in qualsiasi piazza d'Italia, è innegabile che anche quelli con la restante parte della tifoseria sono stati trascurati. Taranto non è un biglietto da visita per dimostrare quanto si è belli e importanti. Quando si parla d'impegno d'amore, non bisognerebbe dimenticare chi questi colori li sostiene veramente da anni, con impegni economici proporzionali alle proprie capacità; voglia questo dire assistere a una semplice partita in trasferta, comprare a 50€ una maglia che anno dopo anno è stata spogliata di qualsiasi valore emotivo. Non meno importanti, le tante lacrime versate per amore. Quello vero.
Pertanto, se è nella nostra natura sbagliare, a volte le parole possono riparare. Qualora non fosse possibile, il vero gesto d'amore non sarebbe cercare vendetta con ostinazione, ma cedere il passo. Perchè il Taranto non è mai una storia personale, ma la storia di una intera città.
Di Daniele Semeraro (ex addetto stampa del Taranto, community manager Serie A TIM, GoalShouter e Jumilla FC)