Oliva: ‘Lascio perché nel calcio si pensa ai soldi non all’atleta’
Parla il portiere tarantino che a 20 anni ha deciso di dire basta: ‘Non esiste più la meritocrazia’
Quando un calciatore, un portiere di appena 20 anni, lascia il calcio giocato, qualche domanda bisogna porsela. Specie se di prospettiva e tarantino. Perché, diciamocelo chiaramente, sono anni che un calciatore nato e cresciuto in riva allo Ionio non approda nel professionismo. E allora, quando si decide di dire basta, vuol dire che qualcosa non funziona più a dovere nel sistema. Tra genitori che "pagano" per far giocare i propri figli è i soliti raccomandati (ci sono sempre stati, è vero), chi merita si trova la strada ostruita scegliendo di tornare indietro abbandonando i propri sogni. L'addio al calcio giocato di Antonio Oliva, portiere tarantino di "soli" 20 anni, ha lasciato tutti un po' perplessi: per una decisione che in pochi hanno il coraggio di prendere. "Perché ho detto basta? Non esiste più meritocrazia - racconta a Tuttoseried -. Con il passare degli anni su questo ci sono passato sopra molte volte perché amo il calcio e ho sempre dato il meglio. Mi hanno infastidito le troppe chiacchiere sentite da tante persone. A 20 anni se dico una cosa la faccio, preferisco non illudere con varie promesse. Negli ultimi mesi è successo di tutto con il Rotonda per la gestione del mio cartellino. Ci siamo scontrati un paio di volte con la società senza trovare un punto di incontro: la cosa più brutta è proprio questa: pensare ai soldi e non al ragazzo. Ho smesso perché preferisco starmene a casa più che portare avanti una guerra per il mio cartellino, anche perché la gente sa quanto valgo. Al giorno d’oggi, molti presidenti pensano soltanto al proprio tornaconto, divertendosi con i cartellini e soprattutto credendosi chissà chi… Allo stesso tempo, si fanno brutte figure perché non pagando gli stipendi. Nel calcio italiano ne abbiamo viste tante: per esempio per quanto riguarda l’investimento sui ragazzi tarantini, sono del parere che nel mondo di oggi la mentalità sia cambiata. Ed è uno dei motivi che mi hanno spinto a lasciare il pallone: a volte si crede di più ai calciatori di fuori che a quelle della propria città. E penso che Taranto abbia tanti ragazzi validi”. Antonio Oliva ha idee chiare anche sulla regola degli under: “Serve fino amun certo punto. Nel momento in cui un under non gioca per un mese, viene mandato via. Nel calcio di oggi ci lamentiamo perché non c’è futuro e non ci sono ragazzi. Il calcio italiano viene rovinato da presidenti o allenatori che vogliono fare i maestri. Da under mi sono fatto conoscere e sono diventaro quello che sono, ma questa regola andrebbe eliminata perché alla lunga il calciatore valido riesce sempre a dimostrare il proprio valore, sfortuna permettendo ovviamente, Quella di due anni fa è stata l’estate più bella della mia vita: ho ricevuto richieste da diverse squadre di D, poi però si sono verificati questi episodi, non ho giocato e nel momento in cui non vieni schierato nessuno ti pensa…”.