TARANTO: C'erano una volta... Ciccio La Rosa

TARANTO
Redazione
10.07.2016 00:56

Correva l'anno 2005 quando un giovane Ciccio La Rosa, prelevato dalla Fidelis Andria, approdò a Taranto nella seconda annata della gestione targata Luigi Blasi. Nella sua esperienza in riva allo Ionio sono 45 le presenze, suddivise in due stagioni (2005-2006/2006-2007) bagnate da una marcatura. Nella prima stagione, 2005-2006, l'arcigno centrocampista barese conquistò insieme ai compagni la promozione in C1 dopo la vittoria Play Off ai danni del Rende, recuperando nella semifinale di ritorno due reti di svantaggio al Melfi. Nella seconda stagione, 2006-2007, sfiorò la B sempre nella lotteria dei Play Off, sfuggita a qualche manciata di secondi dalla fine per un gol di Moretti che spianò la strada verso la cadetteria all'Avellino. 

- Delle due stagioni con la casacca rossoblu, che ricordi hai delle squadre e della tifoseria ionica? 
"Eravamo un grande gruppo, un mix di giocatori giovani con tantissima fame ed esperti con grandissimo carisma. Mi vengono in mente Deflorio, Pastore, Caccavale e De Liguori, gente che insieme al resto della squadra teneva unito e compatto lo spogliatoio. Tutti poi erano importanti: dallo staff tecnico fino a Santino Simone, Aldo Scardino e "Gnuro". Insomma, eravamo davvero una famiglia. Nella mia prima stagione con la maglia del Taranto, ricordo che la squadra partì male, subentrò poi mister Papagni con il quale facemmo una striscia di risultati utili incredibile, fino a bissare il secondo posto che ci permise di avere una posizione privilegiata nella griglia Play Off. La semifinale di andata giocata a Melfi fu un incubo, perdemmo malamente 3-1, ma fu proprio lì che un intera città si strinse intorno alla squadra dimostrando un attaccamento incredibile ai colori rossoblu. Al ritorno allo Iacovone c’erano 25 mila spettatori, una roba incredibile e da categoria superiore, riuscimmo a ribaltare lo svantaggio e in finale battemmo il Rende nuovamente davanti a una cornice di pubblico devastante. A traguardo raggiunto ricordo una festa incredibile che coinvolse tutta la provincia. L’anno dopo, da neopromossi, facemmo un campionato costantemente tra il 4 e il 5 posto. Nei Play Off però ci andò male: l’Avellino riuscì a batterci con un gol allo scadere nella gara di ritorno garantendosi la promozione in B superando in finale il Foggia".

- Sei stato uno degli ultimi calciatori che ha avuto la fortuna di vincere un campionato nella città dei due mari, quanto conta per un giocatore vincere in una piazza calda e passionale come quella di Taranto e come ti spieghi che una società blasonata come quella Ionica non riesca a vincere dal lontano 2006?
"Vincere un campionato a Taranto ha un sapore unico e particolare. Te ne accorgi subito perché la gente ti sommerge di affetto. Quando si è calciatori in qualche modo si è privilegiati, ma se hai la fortuna di fare bene in una piazza come Taranto, lo sarai ancora di più perché la gente nutre un profondo amore verso i suoi beniamini. A livello professionale un po’ tutti ricevemmo diverse richieste, io ad esempio andai in serie B a Ravenna, ma Taranto era ovviamente un’altra cosa".

- Il tuo arrivo in squadra concise con quello in panca dell'attuale allenatore del Taranto, Aldo Papagni, un uomo di grande esperienza, carisma e amato fortemente dall'intero popolo rossoblu. Cosa ha rappresentato Papagni nella carriera di Ciccio La Rosa?
"Quando arrivai a Taranto ancora non c’era, subentrò a Raimondo Marino dopo 7-8 giornate. Avevo lavorato con Papagni un paio di anni prima, in C2 ad Andria, dove facemmo benissimo. Conoscevo il suo modo di vedere il calcio e pensai subito che era l’uomo giusto per la squadra, perché oltre a essere una persona pacata allo stesso tempo è determinato e bravissimo a gestire il gruppo e le pressioni che inevitabilmente una piazza come quella di Taranto trasmette ai calciatori. Sia a livello professionale che umano tutti gli insegnamenti di quei 3 anni sotto la sua guida sono stati importantissimi. 

- La città di Taranto, a detta di tanti calciatori approdati nel corso della storia del club, sembra essere un vero e proprio paradiso: alcuni di loro hanno trovato l'amore e ci ritornano spesso molto volentieri. Che ricordi hai della città e dei tarantini in generale?
"Ti racconto un aneddoto: l’anno della C1, io e Ciccio Cosenza decidemmo di prendere casa nel rione Salinella, per noi quello era un paradiso. Aprivamo la finestra e vedevamo lo Iacovone. Avevamo tutto l’affetto che un giocatore possa ricevere da un intera città, gente che incontrandoti sotto casa era prontissima a mettersi a disposizione in tutto e per tutto, o semplicemente ad incoraggiarti. Siamo stati fortunati perché le cose andavano bene, altrimenti sarebbe stata dura... (sorride)".

- Cinque anni di fila in Serie D rappresentano un record negativo per il Taranto. La piazza chiede a gran voce il ripescaggio che mai come quest'anno pare possa essere nelle possibilità e volontà dell'attuale società. Secondo la tua esperienza, sarebbe meglio disputare un campionato di Serie D da stravincere o una lega pro tranquilla in attesa di gettare le basi per progetti più ambiziosi?
"Effettivamente 5 anni di fila sono davvero tanti. Se c’è una sola possibilità di salire in Lega Pro bisogna sfruttarla assolutamente. Se spendi fior di denaro in Serie D nessuno ti dà la certezza di vincere il campionato, e la storia rossoblu degli ultimi anni lo dimostra. E’importante che al timone della società ci sia gente seria e competente, che programmi e dia continuità al calcio tarantino. I tifosi comunque devono stare sereni, perché a mio modo di vedere quest’anno la società si impegnerà per garantire il ripescaggio. Penso inoltre, che la federazione abbia tutto l’interesse ad avere una piazza come Taranto in Lega Pro".

- Facendo un resoconto della tua carriera, che bilancio ti senti di tracciare? Grazie per la tua disponibilità e, per concludere, ti chiedo di salutare i lettori di blunote.it
"Il bilancio è buono: ho fatto 13 anni di professionismo tra C2, C1 e B girando piazze importanti. Adesso, a 34 anni, sono sceso di categoria e cerco una piazza calorosa che possa riaccendere quelle motivazioni sopite da un po’ di anni. Grazie a voi per la chiacchierata, colgo l’occasione per fare un grosso saluto a tutti i tifosi del Taranto, in particolar modo ai lettori di Blunote".

Di Vincenzo Corallo

TARANTO: Giuseppe Gaeta, frammenti di vita rossoblu...
Serie B: Iscrizione a rischio anche per il Vicenza