‘Ansia e depressione dei ragazzi causate da cellulare non ignoriamo l’allarme’

Lo dichiara Piero Bitetti, presidente del consiglio comunale di Taranto

Piero Bitetti, presidente del consiglio comunale di Taranto
Cultura, musica e spettacolo
07.09.2024 16:59

“Anche a Taranto gli esperti lanciano l’allarme sui problemi di salute provocati dall’uso inappropriato degli smartphone, fenomeno di vaste proporzioni che purtroppo non risparmia gli adolescenti. Anzi, l’abuso del cellulare, quando non diventa vera e propria dipendenza, riguarda soprattutto i ragazzi che così rischiano di diventare ansiosi o peggio ancora depressi“, lo scrive in una nota Piero Bitetti, presidente del consiglio comunale di Taranto dopo il dibattuto su “I giovani e i social”.

Nel corso del dibattito organizzato dall’associazione Unire e tenutosi alla biblioteca Acclavio, gli autorevoli relatori, seppure da prospettive diverse, hanno fornito importanti spunti di riflessione. Dopo l’introduzione di Angela Tanzarella, presidente della realtà associativa che ha promosso l’iniziativa, a prendere la parola sono stati Giovangualberto Carducci, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Carrieri-Colombo, Don Antonio Panico, sociologo e direttore della Lumsa sede di Taranto, Vincenza Ariano dirigente Dipartimento Dipendenze patologiche della Asl di Taranto e Katia Pierri, responsabile del Dipartimento Dipendenze comportamentali della Asl di Taranto; a moderare è stata Francesca Tursi. 

Tutte le relazioni hanno posto l’accento non solo sulle dimensioni del fenomeno, ma anche su ciò che andrebbe fatto per contrastarlo efficacemente. “Innanzitutto, sappiamo che nessuno può chiamarsi fuori: dai genitori alla scuola, siamo tutti impegnati ad accompagnare i nostri figli nel percorso di crescita nel quale la tecnologia deve diventare un alleato e non un problema - aggiunge Bitetti -. Un errore da non commettere è quello di pensare di spostare indietro le lancette della storia. Piattaforme digitali, web, smartphone e pc sono il nostro presente e saranno sempre di più il nostro futuro. Si pensi, solo per fare un accenno, alle potenzialità dell’intelligenza artificiale ma anche alle questioni etiche che essa pone alle istituzioni, alle agenzie educative, alle famiglie. Lo straordinario sviluppo tecnologico di questi ultimi decenni, che non ha avuto eguali nella storia dell’umanità in termini di velocità e risultati, è impossibile da fermare. Fermarlo no, governarlo sì; in caso contrario, i nostri figli - gli studenti in generale - potrebbero pagare il prezzo più alto perché sono i più fragili e dunque maggiormente esposti al rischio della dipendenza dagli strumenti digitali”. 

“Occorre tenere alta la guardia, sostenere le scuole che operano in maniera fondamentale sul terreno della prevenzione e della sensibilizzazione ad un uso responsabile della Rete. Noi genitori dobbiamo essere al fianco delle istituzioni scolastiche per supportare gli sforzi di presidi e docenti che ogni giorno sono in prima linea sia per correggere i comportamenti sbagliati degli studenti sia per educare i nostri ragazzi ad un uso virtuoso di internet che può rivelarsi utilissimo anche ai fini del processo di apprendimento. Non a caso parliamo di scuola digitale”. 

“È inoltre importante favorire nuove forme di socializzazione o recuperare e rilanciare la funzione di quei luoghi nei quali i giovani di ieri sono cresciuti per diventare gli adulti di oggi. Penso alle parrocchie e in particolare a quell’ambiente affascinante e sempre ricco di stimoli che è stato ed è l’oratorio, una vera palestra di vita per intere generazioni dove ci si conosceva e si cresceva insieme”. 

“Abbiamo insomma tante carte da giocare per vincere la partita più importante: salvaguardare il benessere psicofisico dei giovani. Iniziative come quella promossa dall’associazione Unire Taranto hanno il merito di aiutarci a condividere informazioni e risultati delle ricerche effettuate sia in ambito clinico che sociologico. A guidarci deve sempre essere l’etica della responsabilità che impone a tutti noi di agire in prima persona”, conclude Bitetti.

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