Trapani (Paganese) addio. Figc, Gravina contro Lotito, si concede a Tommasi. Una brutta storia.
DI VITTORIO GALIGANI Raffaele Trapani, uno degli ultimi presidenti “guerrieri”, ha alzato anche lui le mani. In segno di resa. Trapani si è sempre distinto come combattente. Negli anni ha fatto di tutto per mantenere la sua Società tra i professionisti. Ha affrontato sacrifici, ha superato mille difficoltà. Poggia sulla sua resa un ulteriore, evidente esempio che “questa” serie C ha ormai ben poche cose da raccontare. Le difficoltà hanno portato il presidente della Paganese ad assumere la decisione dell’abbandono. Una presa di coscienza dolorosa, ma indispensabile. La salvaguardia del titolo sportivo, la continuità è divenuta più importante della categoria.
Le difficoltà della Paganese sono le stesse per più di un terzo delle Società della serie C. Vedono coinvolti anche alcuni club della serie B. Venissero, questi ultimi, invischiati in zona retrocessione ne deriverebbero problemi inerenti il loro futuro più prossimo. A breve se ne potrebbe avere la dimostrazione. Il tutto a prescindere dalle vicende che hanno visto protagoniste Modena e Vicenza. Sono infatti prossimi alcuni, ulteriori, deferimenti, per inadempienze Covisoc, che potranno stravolgere i risultati stabiliti dal campo. L’ennesima dimostrazione di un campionato svilito nel suo compito primario. La classifica.
Contrariamente alle valutazioni fatte da Damiano Tommasi, contenute nel programma presentato per la sua corsa alla presidenza federale, non persistono i presupposti per mantenere il format della serie C sui valori attuali. Imponendo alle Società un rating, improntato sulla sostenibilità e solvibilità, più di 20 non supererebbero la soglia prevista per il rilascio della licenza Uefa. Ricorrere ancora ai ripescaggi indebolirebbe ulteriormente il sistema. Rimane il tanto auspicato inserimento, in categoria, delle squadre B di club della serie A. Un argomento di una ampiezza infinita. Per contenuti tecnici e finanziari. Senza dubbio interessante, se improntato sulla competitività e sulla valorizzazione di giovani calciatori italiani. Negativo se inteso come “riempitivo”. Per non essere obbligati a ridurre l’organico. E poi, oltre Inter, Milan, Roma, Juventus e (forse) Fiorentina quanti altri club sarebbero in grado di allestire una seconda squadra capace di esprimersi oltre i valori espressi da una compagine “primavera”. Lotito la sua seconda squadra ce l’ha già, la Salernitana. De Laurentiis asserisce addirittura di voler ritirare il Napoli dal campionato. Molti altri club maggiori già “contribuiscono” alla gestione tecnica della categoria. Girano in prestito a quelle Società calciatori di seconda/terza fascia offrendo un “palliativo” economico. Una valorizzazione che, nella maggior parte dei casi, copre a malapena il costo netto della retribuzione. Erogata, per di più, nella stagione successiva.
Un tema, quello delle squadre B, che riconduce alla competizione tra Gravina, Sibilia e Tommasi (in rigoroso ordine alfabetico) per la poltrona di presidente federale. L’auspicio di un concreto accordo tra le componenti Leghe (rappresentano il 68 per cento) sembra essere andato in frantumi. Peccato. Avrebbe messo a tacere tutti. Avrebbe conferito stabilità al sistema. Si sarebbe costituita una governance inattaccabile.
Gravina, inaspettatamente, si fa portavoce di un’ala “riformista”. Mette il voto delle società di Lega Pro nella disponibilità di calciatori ed allenatori (insieme raggiungerebbero il 47 per cento). Potrebbe risultare una mossa avventata. Grattando qua e là potrebbero arrivare a una maggioranza espressa con valori minimi. La presenza che sarebbe causa della spaccatura sarebbe quella (ingombrante) di Claudio Lotito (povero, sempre lui tirato in ballo!). Il “magno” non sarebbe neppure gradito (si dice) a una parte della serie A che intenderebbe osteggiare (il condizionale in questi casi è d’obbligo) la candidatura di Cosimo Sibilia. C’è da rimanere basiti sulla possibilità che i “paganti” possano sostenere la candidatura dei “percipienti”. Al di la delle simpatie ed antipatie soggettive appare improbabile che Juventus (casa reale) ed altri top club (Torino/Cairo, incluso) possano appoggiare questa tendenza. Da che mondo è mondo le riforme le ha sempre imposte chi il capitale lo produce. Non viceversa. Resta poi da verificare, dopo le vicende di Modena e Vicenza, quante società di serie C sarebbero disponibili a concedere il loro voto per favorire questa soluzione. E’ invece netta sensazione che, gli appartenenti a quest’ala riformista, cerchino di boicottare la competizione per giungere al commissariamento della Federcalcio. Dimenticando troppo facilmente che nessuno poi, per circa due anni, proverebbe più il “piacere” di sedersi in quel salone al primo piano di via Allegri. Giovanni Malagò dalla sua sede sul lungo Tevere sembra non aspetti altro. Trascurando, probabilmente, che sotto l’aspetto giuridico incontrerebbe enormi difficoltà di attuazione. Fioccherebbero i ricorsi al Tar.
Si opti invece per il buon senso. Con l’auspicio che possa prevalere prima del prossimo 29 gennaio. Tavecchio in via Rosellini ha operato bene. La sua preziosa mediazione per stemperare i toni e le controversie intestine della serie A potrebbe risultare determinante. Da ottimo collante. Al punto di riuscire a convincere i presidenti della massima serie a indicare, nel corso della prossima assemblea, il proprio candidato alla presidenza federale. La soluzione migliore? Sibilia, perché no, rappresenta il nuovo, ha dimostrato capacità nel fare ed è forte del suo 34 percento. Sui ruoli di vice presidenza ci sarebbe di che sbizzarrirsi. Gravina è quello che potrebbe offrire il maggiore contributo a livello di esperienza. Cairo rappresenterebbe brillantemente la serie A. Il comitato di presidenza potrebbe poi accogliere altre figure qualificate.
Con l’auspicio, appunto, che cammin facendo, prevalga il buon senso!