Coronavirus: Rischio contagio personale sanitario, OMCeO Taranto scrive alla Asl jonica
L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Taranto, facendo seguito ad una nota del 6 marzo scorso inviata all’Asl di Taranto, ha scritto nelle scorse ore una lettera aperta, a sollecito ed integrazione della precedente, al Direttore generale ed al Direttore sanitario della stessa Azienda. «Dalle rilevazioni statistiche diffuse» si legge nel documento redatto nelle scorse ore «risulterebbe che il numero dei sanitari infettati (al momento circa duemila nell’intero Paese) corrisponde a circa il dieci percento del totale dei positivi. Il dato rinforza l’ovvia considerazione che quanti sono esposti in questi giorni in prima linea, come i medici e gli altri operatori, rischiano, come già ampiamente documentato, di trasformarsi nell’esercizio delle loro attività in super-diffusori del morbo, con grave pregiudizio delle misure di contenimento adottate, oltre che patire conseguenze sul piano personale». Il Presidente di OMCeO Taranto Cosimo Nume, chiede pertanto, di conoscere «nello spirito di collaborazione ormai consueto»:
- quali azioni sono state intraprese per garantire in tempi brevi a tutti i medici, dipendenti e convenzionati, nell’esercizio della propria attività, la disponibilità di DPI adeguati al reale rischio in essere piuttosto che alle singole situazioni lavorative, anche rivedendo con ogni possibile urgenza precedenti disposizioni di servizio risalenti a norme che la situazione attuale rende ormai del tutto superate e nei fatti inapplicabili perché obsolete e insufficienti;
- quali iniziative sono state intraprese per acquisire sollecitamente presidi di sostegno alla ventilazione in quantità sufficiente a far fronte al prevedibile picco di polmoniti gravi e potenzialmente letali;
- quali iniziative sono state intraprese per garantire un percorso di pre-triage per tutti i pazienti con sintomatologia sospetta per infezione da coronavirus esclusivamente presso il Moscati o altri presidi che allo scopo per ulteriori esigenze dovessero individuarsi, escludendo in ogni caso impropri ricoveri temporanei in osservazione presso altri stabilimenti, con particolare riferimento al SS. Annunziata;
- quali azioni sono state intraprese o attuate per spostare temporaneamente reparti attualmente sottoutilizzati o non riferibili all’emergenza in atto al fine di liberare spazi per le strumentazioni e le attività cogenti per il sostegno vitale di pazienti in grave crisi anossica;
- quali azioni specifiche sono state intraprese o programmate per evitare anche il minimo rischio di promiscuità nei percorsi di accesso alle strutture di diagnosi e cura fra pazienti potenzialmente infettanti e pazienti in condizioni di particolare suscettibilità e/o immunodepressi, con particolare riguardo all’allocazione delle strutture oncologiche, onco-ematologiche, punti nascita, UTIN e UTIC in sedi distaccate appositamente individuate e allestite;
- quali direttive sono state emanate per razionalizzare, in previsione di future eventuali necessità, la presenza di medici e personale sanitario afferenti a strutture non direttamente coinvolte nella emergenza COVID stante l’attuale sospensione di attività in elezione e non urgenti;
- se si è provveduto ad allestire e attivare un laboratorio autonomo e dedicato all’esame dei tamponi;
- se si è provveduto ad una ricognizione della disponibilità di posti di terapia intensiva, sub-intensiva e post-acuzie presso le Case di Cura convenzionate del territorio nella ipotesi di una carenza di posti letto per eccessivo afflusso di casi gravi, ovvero alla predisposizione dei medesimi presso strutture ospedaliere al momento dismesse o dequalificate;
- se l’attività dell’unità di crisi prevede costante confronto con enti e associazioni esponenziali delle categorie sanitarie, con funzione consultiva per il monitoraggio della uniforme applicazione delle misure di prevenzione e l’implementazione “dal basso” di azioni e procedure.
«Oltre a quanto precede,» conclude il dottor Nume «sarà utile soffermarsi su un aspetto non secondario di questa drammatica evenienza: il sovraccarico emotivo di tutti gli operatori sanitari, e in particolare di quanti lavorano in prima linea nei reparti più direttamente coinvolti, con un rischio di burn out nei frangenti che attualmente si vivono o immediatamente dopo la fine, che tutti ci auguriamo in tempi brevi, di questa epidemia. Al proposito mi permetto di suggerire l’attivazione di unità di supporto psicologico specifico e qualificato per gli operatori che con grande sacrificio e visibile abnegazione stanno dando in questi giorni il meglio di sé in favore della nostra comunità».