TARANTO: Quando in una città lo sport non conta...

TARANTO
Vito Galasso
12.06.2016 12:35

Taranto, una città bella e dannata, fatta di uomini persi nella caligine dei tempi trasandati e martoriata dal menefreghismo amministrativo. Una terra con le spalle al muro, braccata su ogni fronte dal suo stesso lassismo, che troppo spesso abbandona ogni sogno di grandezza e gloria per reclinare pietosamente il capo in attesa di un vento migliore. Ma quel vento non cambia. Anzi, è sempre più burrascoso. La sua essenza sta inerte e inerme mentre la sua esistenza è sempre in fieri. Per cambiarlo non puoi permetterti di aspettare, devi per forza muoverti, agire. Ma chi deve fare in modo che quel vento si acquieti? Semplice, il Comune. Non vogliamo entrare nel merito di questioni che non abbiamo mai trattato, ci limitiamo solo all'aspetto sportivo; non siamo qui per raccogliere firme o proporre dimissioni perché non abbiamo nessuna intenzione di fare campagna elettorale; non pretendiamo un posto da sindaco, assessore o consigliere. Cerchiamo solo rispetto e chiarezza.
A quanto pare Taranto non è una città dove gli atleti possono formarsi: basti guardare Roberta Vinci, che si allena nei campi da tennis in Sicilia. Giusto per citarne uno dei tanti. Ci dispiace dover persino sottolineare il paradosso della “Coppa Gaetano Scirea” allo Iacovone. In questi giorni la giunta Stefàno si è vantata di aver portato nella terra dei due mari un torneo internazionale riservato alla categoria Allievi, ma si è dimenticata ignobilmente per tutti questi anni delle esigenze dei suoi giovani, che non hanno una struttura idonea dove poter crescere e svilupparsi. Questa sonnolenza gestionale irretisce la comunità, che perde le proprie naturali inclinazioni alla competizione. Questo atteggiamento è stato riservato anche alla Taranto del pallone, alla dirigenza di Elisabetta Zelatore, che non ha avuto l'onore e la fortuna di essere accolta da tappeti rossi e squilli di tromba come è successo con il prima venerato e mai rimpianto Domenico Campitiello. Una società che in questo momento, più che mai, ha bisogno del sostegno del "suo" Comune, il quale dovrebbe - o perlomeno potrebbe - darsi da fare affinché si trovino gli euro necessari per il fondo perduto. Come sta accadendo a Reggio Calabria e nei minuscoli paesi di Campodarsego e Fano. Il sindaco-tifoso del Comune padovano Mirko Patron è il primo a chiedere il ripescaggio della sua squadra del cuore e si sta mettendo in azione, almeno ci sta provando, per dare delle garanzie. Nelle Marche il primo cittadino Massimo Seri si attiverà per cercare le risorse necessarie a certificare il possibile salto di categoria con l’unico interesse di sostenere e valorizzare l’immagine del territorio fanese. Tra l'altro, lo stesso Seri è molto partecipe alla vita dei granata: non a caso ci sono numerose foto in cui si trova accanto, sorridente, al presidente Claudio Gabellini (da noi Stefàno non si è mai visto allo stadio, nda). Il sindaco reggino, Giuseppe Falcomatà, non sta facendo mancare il suo appoggio e lo dimostra con le parole: «Cerchiamo di dimenticare quella che è stata la fallimentare idea dello scorso anno che poi ha contribuito solo a misurare la febbre al morto. Adesso serve un'idea diversa, serve sicuramente la partecipazione di chiunque abbia un ruolo di responsabilità in questa città e quella dei tifosi; per il contributo a fondo perduto che è senza dubbio un impegno economico non indifferente bisogna coinvolgere quelle forze produttive che esistono in città e che vogliono investire su Reggio Calabria». Ecco, ci aspettiamo grossomodo queste affermazioni o questi gesti.

Se c'è l'impegno, tutto è possibile. Basterebbe muoversi per reperire sponsor disposti a mettere i soldi sul classico bancone. Invece niente. Solo un silenzio di tomba che scandisce il tempo che passa. Probabilmente Zelatore, come accadde anche a Luigi Blasi, non nutre la simpatia - o forse non la merita come Campitiello - della "nostra" istituzione e per far sognare i propri tifosi deve escogitare piani secondari, magari svenandosi.

Nella foto: Ippazio Stefano, sindaco "inerme" della città di Taranto 

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