Dentro il calcio: ‘Il centrocampista deve avere due fasi’
Una nuova rubrica su Blunote: il ‘pallone’ raccontato da chi deve scovare talenti...
Bisogna guardare con attenzione alle qualità che un buon centrocampista deve avere. La premessa è che in mezzo al campo si svolge la battaglia, per cui va da sè che voglio uomini che sappiano indietreggiare e rinculare, oltre che avanzare e offendere, per cui devono difendere e presidiare le proprie postazioni, oltre che essere pronti ad attaccare le resistenze dei nemici. Non amo quindi particolarmente i giocatori che in mezzo al campo abbiano solo la fase difensiva, soprattutto adesso che il calcio si sta evolvendo e gli allenatori sono molto più coraggiosi e propositivi. Il mediano vecchio stile, quello che contrastava e arpionava palloni per poi cedere palla al regista o al trequartista, lascia spazio al “box to box”, cioè il giocatore in grado di spostarsi con e senza palla da un’area all’altra. Mentre il regista che prima era supportato dal mediano ed era leggermente affrancato dalla fase di non possesso, adesso deve essere pronto a rincorrere gli avversari, a contrastare e a impostare il gioco. Stiamo quindi assistendo ad una rivoluzione culturale che vuole centrocampisti in grado di fare tutto, di giocare in mezzo al campo, tanto a due quanto a tre uomini, per cui le caratteristiche dei giocatori da ricercare via via stanno cambiando, perché il centrocampista deve avere in se il crisma della completezza, in quanto pienamente introdotto nelle due fasi di gioco. Per cui fisicamente deve avere una buona struttura perché sarà chiamato a contrastare e ad avere anche qualità nel gioco aereo per le palle alte in mezzo al campo. Poi l’aspetto tecnico diviene importante perché dovrà essere pronto, dopo il recupero del pallone, all’impostazione, che deve essere fatta con sagacia. Deve essere in grado possibilmente di verticalizzare in prima istanza ed anche, in una ripartenza, di passare la palla sulla corsa del compagno per non perdere tempi di gioco. Per cui è finalmente arrivato il momento dei giocatori tecnici in mezzo al campo. Lo spostare i trequartisti in cabina di regia – con Pirlo come esempio più eclatante – ha in qualche modo ufficializzato che se non hai qualità in mezzo al campo, hai difficoltà a proporre calcio. Ma puoi anche avere qualità e non dimostrarla e non va bene. Nell’ambito delle mie esperienze ho mutuato da Marco Simone – altro tecnico italiano che meriterebbe più chance – il concetto che il centrocampista non deve solo giocare corto, ma deve avere la capacità di calciare lungo, tanto nella verticalizzazione, quanto nella giocata sul versante opposto per cercare di sorprendere gli avversari. Per cui niente più giocatori scolastici, abili a fare il compitino con passaggi a pochi metri e magari giocando dietro la palla per il centrale difensivo. Il centrocampista deve prendersi le responsabilità! Ultimamente si parla tanto di statistiche e si assiste a un pullulare di numeri: quel centrocampista ha una percentuale di passaggi riusciti vicini al 100 per cento. Caspita che bravo! Poi lo vai a vedere e ti rendi conto che sono solo giocate a due metri, magari in orizzontale o addirittura dietro! Mai un passaggio in verticale, come se fossero vietati. Quelli sì che si possono sbagliare, perché sei propositivo, cerchi di sorprendere l’avversario e mettere un compagno davanti al portiere o in una situazione estremamente favorevole. Se la palla non là si porta avanti o non là si fa correre verso la metà campo avversaria, si farà possesso palla fine a sè stesso e, se hai il giocatore tecnicamente non eccelso, magari regali palla nella tua metà campo agli avversari e prendi gol. I numeri e le statistiche rappresentano un supporto a quello che ho già visto, possibilmente da usare a posteriori. Usualmente non amo le statistiche a priori prima di guardare un giocatore. Lo vedo e se mi piace, vedo i numeri che mi devono confermare le sensazioni. Ma c’è un numero che può risultare fondamentale e che ritengo decisivo per un centrocampista ed è quello dei palloni intercettati. Questo sì che è un numero importante! A gennaio mentre osservavo il Sudamericano Under 20, un centrocampista argentino nel primo quarto d’ora di gioco aveva arpionato sei palloni vaganti, fatti suoi e reimpostati, con sagacia, utilizzando la verticalizzazione come prima opzione o in subordine, il passaggio sulla corsa degli esterni difensivi e offensivi. Mi sono fermato e ho capito che era forte perchè completo! Recupero palle sporche e impostazione. Al momento gli schemi di gioco prevedono il centrocampo schierato a due (4-2-3-1 o 3-4-3 e derivazioni) o a tre centrocampisti (4-3-3 o 3-5-2 e derivazioni). Nel primo caso voglio centrocampisti che abbiano caratteristiche più o meno simili, in quanto devono alternarsi nella costruzione e devono essere entrambi attenti alla fase di non possesso. Il discorso cambia nel centrocampo a tre, che deve avere davanti la difesa un giocatore che organizza il gioco, che dia equilibrio, che abbia intelligenza nel capire l’evolversi del gioco nelle due fasi e prendere le contromisure e, non ultimo, deve avere fisicità. Una sorta di libero schierato davanti ai difensori centrali. I due interni devono avere forza nelle gambe e possibilmente la falcata, quella che ti consente di ripartire palla al piede e di avvicinarti in velocità nei pressi dell’area avversaria. Va da sè che ci vuole equilibrio, nel senso che uno dei due interni deve avere attitudini anche difensive. Una delle ultime novità in questo senso è rappresentata dall’arretramento della sotto punta strutturata fisicamente nella posizione di interno, in modo da lasciargli campo per la sua progressione. Al momento, se dovessi suggerire una nazione che produce centrocampisti completi che hanno tutti i requisiti per giocare a due e a tre, propenderei senza ombra di dubbio per la Spagna, dove dalla Liga a scendere di categoria, trovi centrocampisti completi sotto ogni punto di vista. Dietro la costruzione di una squadra ci sono una serie di varianti, ma nulla può prescindere dall’equilibrio considerando che nel calcio ci sono più fasi. La competenza poi non può essere un “plus”.
Dal blog di Mirko Masoni, tarantino e scout della Cremonese, dopo le esperienze con Fiorentina, Udinese e Genoa.