Capuano a tutto tondo: da Taranto a Foggia, passando per Guardiola e il sogno B

Intervista al tecnico su La Gazzetta dello Sport

Eziolino Capuano sugli spalti del Viviani di Potenza (foto Massimo Todaro / Antenna Sud)
CALCIO
08.11.2024 11:20

(di Dario Gallitelli) Un addio repentino, sotto certi aspetti burrascoso, di sicuro inaspettato. Capuano parte da Foggia, e si confessa ai taccuini di Gazzetta dello Sport, finendo poi però nel vortice di un’analisi a tutto tondo sull’emisfero particolare del tecnico di Pescopagano.

“Alleno da trentaquattro anni, ho dimostrato che l’uomo superi l’allenatore. Rifarei mille volte la scelta di Foggia, ma nell’intervallo avevo già deciso di andare via perché l’etica ed il comportamento valgono più di tutto. La colpa? Non è di Canonico. I calciatori? Diciamo che preferisco quelli affidabili a quelli forti. I tre ragazzi morti a Potenza mi hanno fatto sentire in colpa, quando ho visto degli certi atteggiamenti, non me la sono sentita di continuare. Taranto? Ho fatto solo il ritiro dopo due anni di miracoli. Se fossi rimasto non sarei stato Capuano”.

Messo da parte il passato, il tecnico guarda al presente: “Chi prende Capuano sa che prende una persona seria. I miei giocatori devono rispondere alla città, rispettare la maglia. La Serie B? Ho avuto due proposte dopo Foggia, ma voglio aspettare proprio perché magari in B qualcuno ci pensa. Foggia l’ho scelta per la piazza, non per la squadra, e non è un errore da Capuano. Sono stato a Modena, anche lì non parliamo di una piazza fredda ma a me serve il pubblico, la critica, la spinta. L’allenatore è un pittore. I colori devono essere veri e puri per fare un bel quadro. Se sono sbiaditi non viene bene”.

Capuano in chiusura si sofferma sulla figura dell’allenatore: “Serve la vocazione. Devi avere trasporto emotivo stare diciotto ore al campo. Diventa la tua vita. È fondamentale avere idee innovative, ma il calcio è sempre quello. Lo spettacolo? Al circo, io voglio solo vincere. Emozioni? Penso a Taranto, siamo passati da 300 a 15.000 spettatori, i bambini che applaudono sono l’essenza del calcio. Il braccetto? Un guaio (sorride) – prima di lanciarsi in un simpatico anatema nei confronti del must del giochismo, Pep Guardiola -, che ha inguaiato il calcio con la costruzione dal basso. Un collega che ammiro? De Zerbi, ma il top restano Allegri e Mou”.

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