Taranto inedita e suggestiva, Taranto ‘Terra dei fiumi’
(Di Fabio Dal Cin) Quest’oggi presentiamo una rubrica che nelle prossime settimane ci farà(ri)scoprire una Taranto inedita, suggestiva, autentica tale da definirla non più (o non solo) “la Perla dello Ionio” o “la Città dei Due Mari”, ma Terra tra i fiumi”. Di certo non siamo in Mesopotamia (Terra tra i fiumi…appunto), qui non scorrono il Tigri e l’Eufrate! Tuttavia, anche con portate e lunghezze non rilevanti, i percorsi d’acqua che navigheremo o sorvoleremo rivestono un ruolo importante nella storia, nelle tradizioni e nell’ecosistema della nostra città.Sono luoghi che rappresentano la “Resistenza” contro l’avanzare dell’industria, della cementificazione. Racconti dal fiume Tara La prima tappa di questo viaggio ci conduce nei pressi del fiume Tara. Esso sorge a circa dieci chilometri da Taranto, a ridosso della strada statale 106 che collega il capoluogo ionico a Reggio Calabria. Eletto quale luogo – rifugio d’eccellenza e frequentato nelle giornate d’estate da una nicchia di affezionati e irriducibili bagnanti, le sorgenti del Tara si trovano presso la località di Gravina di Leucaspide, ennesima testimonianza dello splendore del carsismo in Puglia, che conferisce a queste acque una portata piuttosto modesta –circa 3 metri cubi al secondo nel corso dell’anno – e una temperatura media annua di 15 gradi. Le gravine, profonde incisioni carsiche caratteristiche dei nostri territori, si sviluppano in un massiccio carbonatico, costituito da calcare e calcarenite, localmente chiamata “tufo”. La gravina è caratterizzata da una fitta e rigogliosa vegetazione. Tra le specie arboree più interessanti si ritrovano il pino d' Aleppo, il leccio, il fragno, l'ulivo, il carrubo; tra le specie arbustive la fillirea, il mirto, l'acanto, il ginepro, il corbezzolo. La flora è caratterizzata dalla presenza orchidee selvatiche, piante officinali e aromatiche, l'alloro, il rosmarino, il timo, il cappero. Carico dei profumi della citata gravina, navigando il fiume dalla foce verso la sorgente, si notano isole di canneti e alghe alla deriva che a tratti rendono la sua superficie un enorme tappeto erboso, mentre, superato il ponte della linea ferroviaria, si raggiunge il primo “insediamento” di tarantini dediti alla cura della mente e del corpo grazie alle proprietà taumaturgiche delle sue acque. A volte, le due sponde del Tara sono collegate con dei tientibene che consentono ai bagnanti di rigenerarsi sospesi e in equilibrio tra le fresche acque. Lo scenario è unico, intimo: un paradiso alle porte di Taranto! Le acque sono limpidissime, dominano il verde smeraldo e il turchese, sbirciando silenziosamente tra i canneti si può scorgere la variegata avifauna, sotto la superficie piccole ombre segnalano la presenza di numerose specie ittiche.Perché il nome Tara? Il mito ci porta alla leggenda di Taras, avventuroso condottiero figlio di Poseidone, partito dall’isola di Creta, ed approdato con i suoi uomini presso la foce di un piccolo percorso d’acqua a ovest di Taranto. L’eroe e i suoi compagni, durante sacrifici in onore di Poseidone videro apparire un delfino: ritenuto un messaggio divino, i Cretesi decisero di fermarsi e di fondare lì una nuova città. Caduto e annegato in quelle acque, Taras non fu più ritrovato. Il popolo, dopo la sua morte, lo venerò come un dio e diede al fiume, che lo aveva accolto, e alla città, da lui fondata, lo stesso nome: Taras. Lo stemma di Taranto raffigura ancora oggi Taras che cavalca un delfino e regge con la mano destra un tridente (simbolo di Poseidone) e con la mano sinistra un vaso sacro, in ricordo del sacrificio offerto al dio prima di morire. Si è sempre creduto che le acque e i fanghi del fiume avessero proprietà terapeutiche. Secondo una leggenda, un proprietario terriero della zona aveva ordinato a un contadino di uccidere un vecchio asino, ritenuto non più idoneo a espletare le sue mansioni, gettandolo nelle acque del fiume. L’uomo eseguì l’ordine, ma un altro contadino, impietosito dallo sguardo dell’asino, lo salvò, lo accudì ricoprendolo del fango raccolto tra le sponde del Tara. L’asinorinvigorì immediatamente e da allora gli uomini e le donne dei paesi a ridosso della cintura settentrionale della città hanno ritenuto il fiume, le sue acque blu e i suoi fanghi dotati di poteri miracolosi. La leggenda, diventata rito, rivive quotidianamente nei gesti semplici della gente che “vive il fiume”. Collocati sulla sabbia finissima delle due rive della foce Tara, fino alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, sorgevano anche due stabilimenti balneari: Lido Venere e Pino solitario. Oggi, l’intera area intorno alla quale sorge il fiume è stata profondamente segnata dal centro siderurgico, dall’incuria generale, ma resiste. Ascoltando le voci delle persone che frequentano le sponde del Tara, si avverte ancora la sensazione di essere proiettati in un’altra epoca, costruita intorno alle tradizioni, al rispetto per la natura e alla semplicità dei piccoli gesti. Citando Paolo Rumiz, “mi piace pensare che tali luoghi contengano i codici criptati – illeggibili ai barbari – della resistenza all’annientamento, memorie antichissime dei princìpi della vita”. Appuntamento al prossimo fiume… (Foto Fabio Dal Cin)