La "bastarda" uccide il corpo, ma non la passione
Vi raccontiamo la storia di Piero Pizzi
“Siamo 6000 malati, sono settant’anni che va avanti questa storia e hanno ancora il coraggio di chiamarla malattia rara” Così Piero Pizzi, 55 anni ad agosto, ex geometra, parla della malattia che lo attanaglia da sette anni, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, quella che tutti conosciamo come SLA. Prima dell’infausto evento, un’esistenza nella norma: la moglie Rosanna, i figli Vincenzo e Giorgia, un’impresa edile e l’eterno amore per il Taranto. Una passione, quella per i colori rossoblu, nata quasi per caso, visto che lui è di Manduria: “Sono un geometra e avevo una piccola impresa edile. Ho lavorato tantissimo nelle strade di Taranto; da qui ho iniziato ad amare la città e i suoi abitanti – racconta –. Poi mi sono avvicinato al Taranto Calcio ai tempi di Carelli. Un giorno, un amico di mio padre mi portò a vedere quell'indimenticabile Taranto-Milan 3-0 (campionato di Serie B 1980-81, ndr)". Ricordi vivissimi di un evento che molti fanno fatica a rammentare senza gli occhi lucidi. “Ho vissuto da vicino tutta l’era Blasi, essendo lui di Manduria, nonché mio vecchio amico, e da quel momento ho amato immensamente il Magico. L’ho seguito ovunque, anche in trasferta, con rischi e pericoli. Orgoglioso di essere tarantino…”. Ma qui la voce si fa un po’ più spezzata. “Purtroppo la bastarda – definisce quasi sempre così la SLA – mi ha distrutto tutto, da quell’incidente sul lavoro nel gennaio del 2010. Sono caduto di testa in giù, scatenando la SLA. Non ricordo molto di quel momento”.
C’è una cosa che però ci è saltata all’occhio, qualcosa che è raro vedere in casi come questo: la tanta voglia di vivere e la serenità con cui affronta la vita. Non è facile, e questo ce lo ha raccontato lui, vivere nelle sue condizioni. “Lunedì, mercoledì e venerdì faccio fisioterapia; ho una badante la mattina, per tre ore, così mia moglie può uscire e staccare la tensione. Nel pomeriggio passo il tempo con i miei figli, davanti alla televisione o al computer chattando con il resto d’Italia. E grazie a gente come te cerco di sopravvivere”. E qui, lo ammettiamo, la commozione ha preso il sopravvento. Perché in un periodo come questo, dopo le tensioni suscitate dalla cronaca nazionale (ultima ma non ultima la storia di Dj Fabo), sentire certe parole da chi lotta da sette lunghi anni contro una malattia come la SLA, rende decisamente più apprezzabile quello che ci circonda. La normalità in cui noi tutti viviamo.
Ma non è sempre stato così, ci racconta la moglie Rosanna. “All’inizio è stata dura. Dopo la caduta, a gennaio, lo ricoverarono. Cadde da un trabattello, stava togliendo dell’eternit quando si sporse troppo dall’impalcatura. Fece un volo di un paio di metri. Atterrò di testa riportando varie fratture al cranio. I medici ci dissero che in 5-6 mesi si sarebbe ripreso, ma così non fu. A ottobre gli venne diagnosticata la SLA. Piero la conosceva già, l’anno prima venne scoperta al cugino. I primi due anni sono stati davvero difficili, gli siamo stati un sacco vicino; col tempo è diventato combattivo, adesso non si perde niente, sorride molto di più anche grazie ai figli che gli sono sempre stati accanto. E il Taranto resta la sua passione principale.”
Vivendo a Manduria, nelle sue condizioni supportare la squadra è decisamente complicato. “Continuo a seguire il Taranto con l’abbonamento alla Lega Pro, ma da tempo sto facendo una battaglia con l’amministrazione comunale per avere un furgoncino attrezzato con pedana e sedia per il trasporto.” Sfortunatamente, senza questo furgoncino il suo abbonamento è quasi inutilizzato. Ma almeno il ritorno allo Iacovone, quest’anno, c’è stato. “Sono andato allo stadio quattro o cinque volte in primavera, l’ultima volta a ottobre. Ritorno, se sto ancora come sto”. Infatti, per la prima volta dopo anni Piero è riuscito a mettere piede allo stadio in occasione di Taranto-Fondi grazie alla disponibilità della società e all’impegno dell’associazione “Fuorigioco”.
Purtroppo, come già accennato, Piero non è certo l’unico a fare i conti con una realtà crudele e che attualmente non trova soluzione. “Siamo 6000 malati di SLA, una malattia presente da settant’anni e che la gente ha ancora il coraggio di definire "malattia rara”. Solo in Italia, si contano mille nuovi casi l’anno, con un’incidenza di 1/3 nuove diagnosi ogni 100.000 persone. Le aspettative di vita sono più alte che in passato grazie ai passi da gigante che fa la ricerca, ma una cura ancora non c’è. Sono morti molti giocatori di calcio, sui quali ho anche una ricerca”, dice Piero. Effettivamente, la casistica sui calciatori lascia abbastanza sconcertati: 40 colpiti da SLA su 30.000 ex giocatori monitorati. Numeri impressionanti se si pensa che, in base alla media nazionale, sarebbero dovuti essere al massimo due. Anche nomi eccellenti, come quello di Gianluca Signorini, ex capitano del Genoa scomparso proprio per SLA nel 2002. Padre del calciatore Andrea, militante nel girone del Taranto con la maglia del Fondi. A Gianluca è stata dedicata la gradinata dello stadio del Pisa, sua città natale.
Quella tra Piero e il Taranto è una storia destinata a continuare, come sottolinea la moglie: “Giovedì, salvo imprevisti, viene a trovarci Fabio Prosperi. Lo aveva promesso a Piero qualche settimana fa, ha detto che ha una sorpresa”. E noi saremo pronti a raccontarvi questo incontro speciale, per un tifoso ancor più speciale, che salutiamo con affetto, e con la promessa di ritrovarci sui gradoni dello Iacovone a festeggiare una salvezza che adesso sembra ancora più importante.
Nella prima foto: Piero Pizzi allo "Iacovone" per seguire il suo Taranto.
Nella seconda foto: Piero Pizzi qualche anno fa prima che la malattia lo colpisse, in compagnia di sua moglie Rosanna, in dolce attesa di un maschietto, e delle sue due figlie.