Tennis: Roberta Vinci, "Emozione fortissima tornare a New York"

TENNIS
Redazione
29.08.2016 16:18

Un anno dopo sul luogo del delitto perfetto. Sì perché gli americani ancora non hanno dimenticato lo sgarbo di Roberta Vinci, che battendo clamorosamente in semifinale Serena Williams stoppò sul più bello la rincorsa della campionessa di casa lanciata verso il Grande Slam. Era il pomeriggio dell'11 settembre 2015 e l’esultanza di Roberta è diventata l’immagine della passata edizione dello Slam a stelle e strisce: “Ora applaudite anche me, c…”, urlò ai 23mila spettatori tutti dalla parte della Williams.

Un anno dopo non c’è più Flavia Pennetta, che in una finale tutta azzurra superò proprio la Vinci, ma le emozioni sono ancora forti. Una gioia ed un orgoglio immensi vedere lo stadio stracolmo e due giovani donne italiane contendersi la gloria. Il trionfo fu di Flavia, ma va diviso per due. Perché anche se non compare nell’albo d’oro, Roberta è entrata comunque nella storia del tennis e dello sport azzurro: è stata lei a fermare il ciclone Serena. Il suo rovescio morbido come la seta disinnescò il cannone della statunitense. Il giorno dopo, era il 12 settembre 2015, Little Italy si trasferì nello stadio intitolato ad Arthur Ashe, afroamericano che ha conosciuto la discriminazione come le migliaia di italiani che hanno cercato fortuna a New York ai tempi della grande immigrazione. Quel sabato 12 settembre la Grande Mela si tinse di tricolore.

“E’ un’emozione bellissima essere di nuovo qui - racconta Roberta seduta nel giardino all’uscita della player lounge dopo l’allenamento - i ricordi affiorano nella mia testa, si affollano. Tornare qui significa tanto. Sono arrivata due giorni fa da New Haven e questa mattina mentre prendevo il caffè al bar mi hanno riconosciuta e fatto i complimenti e augurato buona fortuna. Aver battuto Serena mi ha fatto conoscere al grande pubblico, ha fatto la differenza. Tutti ricordano quella mia esultanza, quell'urlo liberatorio”.

Gli americani, che la mattina della finale tricolore vendevano ai tifosi italiani fuori dai cancelli di Fluahing Meadows il biglietto della sfida che avrebbe dovuto avere come protagonista Serena, non dimenticano ma hanno accettato. In fondo l’impresa della Vinci contro l’imbattibile Serena, tanto più forte e potente, è una di quelle storie per cui da queste parti impazziscono. Gli States sono la terra che regala a tutti la grande occasione, dove tutti possono farcela: basta saperla afferrare al volo.

Non c’è Flavia Pennetta, che annunciò il ritiro subito dopo il trionfo agli US Open, e oggi (alle 17 italiane) tocca a Roberta, alla finalista della passata edizione, aprire il programma sull’Arthur Ashe Stadium rinnovato con tanto di tetto retrattile. Un onore, ma anche una responsabilità. Di fronte ci sarà la tedesca Anna-Lena Friedsam, contro cui la pugliese ha perso lo scorso gennaio al terzo turno degli Australia Open, “Ho una testa di serie molto alta, la numero sette - sottolinea Roberta - c’è tanta pressione, c’è molta aspettativa, ma so che sarà molto difficile ripetere il risultato di un anno fa. Io darò il massimo, ma non voglio fare pronostici sulla sottoscritta. Anzi vi dico che il torneo maschile lo vince Murray e quello femminile la Halep, la vedo molto bene. Io darà tutto match dopo match, peccato non essere al top della condizione fisica a causa del problema al tendine sinistro della gamba. Ma non mi devo far condizionare”.

Poi racconta: “Sono molto scaramantica, cerco di fare le stesse cose del 2015. La sera ceno sempre allo stesso ristorante, il Bistrot Milano, vicino all’albergo. E in hotel ho chiesto la stessa camera, la 319, ma purtroppo era già occupata. Ho pure chiesto lo stesso armadietto negli spogliatoi. Non è quello dello scorso anno, ma è molto vicino…”.

Una prima parte di 2016 da protagonista con la vittoria a San Pietroburgo e l’ingresso nella top ten tante volta solo sfiorata, tanto da diventare il suo cruccio. Poi il calo, anche se la Vinci è numero otto del ranking Wta. “Nei primi mesi dell’anno ho giocato e vinto tantissimo - racconta l’azzurra - poi il calo è stato fisiologico. La testa e il fisico non possono essere sempre al cento per cento, non siamo macchine. Guardate lo stesso Djokovic che ha problemi al polso sinistro, oppure Serena che soffre alla spalla. Per quanto mi riguarda cercherò di chiudere la stagione nel migliore dei modi. Se penso al ritiro? Lo ripeto, ho 33 anni e non sono più una ragazzina e infatti qualche acciacco c’è. Tirerò le somme a fine anno e deciderò se continuare o meno. Ora però non voglio pensarci…”. Neppure noi.

(Angelo Mancuso per Federtennis.it)

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