25 aprile: ‘Oggi come ieri, comunisti jonici al servizio della città e dei lavoratori’
Quest’anno il 25 aprile cade in un periodo particolarmente difficile per il nostro popolo, alle prese con un nemico subdolo e invisibile, ma che sta fortemente condizionando e intrecciando le vite di tutti noi in una condivisione di reciproci destini. Ma proprio l’unità popolare e la ricerca di un risorgimento civico e morale, oltre che politico sociale ed economico, erano gli obiettivi dei nostri partigiani, i fondatori della repubblica democratica fondata sul lavoro, che si è incardinata in una Costituzione avanzata e progressista, rendendo inviolabili principi e valori dello stato sociale e dello stato di diritto. E che interpreta la sovranità nazionale del proprio paese come “sacro dovere”, perché democratica e rispettosa dell’altrui sovranità, nella continua spinta alla collaborazione e cooperazione con gli altri stati e popoli sovrani. In un momento come questo, quei valori tornano egemonicamente di attualità, per resistere al presente e progettare un futuro prossimo di pace e benessere sociale. La Resistenza fu contro la tirannide fascista e il feroce occupante straniero nazista, a cui Mussolini aveva venduto il paese. Mentre si combatteva sulle montagne del Nord e gli angloamericani erano sbarcati al Sud, il “duce” consumava per intero il suo tradimento e rastrellava, torturava, seviziava, insieme allo spietato occupante hitleriano, i moderni patrioti della nuova Italia. I comunisti, vogliamo ricordarlo non per gloria ma con orgoglio, furono in prima fila contro i nemici della libertà e della patria, organizzati nelle Brigate Garibaldi, intitolate all’eroe dei due mondi, simbolo dell’unità nazionale, per riprendere un filo del Risorgimento incompiuto: su 1673 nominativi censiti di quadri partigiani combattenti e organizzatori della Resistenza, 168 provenivano dall’esercito o dalla vita civile, mentre ben 1505 erano dirigenti e militanti comunisti che avevano già fatto anni di carcere o di confino. Al momento dell’insurrezione nazionale erano diventati una forza di 250.000 combattenti.
ANCHE TARANTO fu centro di Resistenza al fascismo, uno dei più attivi dell’intero Mezzogiorno. Fulcro, la classe operaia dell’arsenale militare e dei cantieri “Tosi”, perno dell’intera navalmeccanica nazionale. Vogliamo oggi ricordare e dedicare questo 25 aprile 2020 ai nostri compagni fraterni, i sarti Francesco e Federico Mellone. Nell’ottobre 1926, dopo una riunione clandestina di comunisti sia Federico che Francesco vennero arrestati. Qualche mese prima, nel giugno, era stato arrestato, insieme ad altri comunisti, Odoardo Voccoli, che in seguito diventerà il primo sindaco del dopoguerra. Rilasciati, i fratelli Mellone furono nuovamente arrestati, per attività "sovversiva", nel 1928. Federico e Francesco furono portati l'8 maggio di quell'anno davanti al Tribunale speciale ed alla corte fascista (Francesco, molto malato, vi fu portato in barella). Entrambi dichiararono, con coraggio e sprezzanti verso i nemici della libertà, di essere militanti comunisti. Solo per questo furono condannati rispettivamente a 10 e a 5 di carcere. Francesco dopo pochi mesi, non assistito, morì a causa del protrarsi della malattia. Federico, invece, fu mandato a scontare la sua pena nella casa penale di Castelfranco Emilia e morì di congestione polmonare il 29 maggio del 1936. Le carceri di Taranto (l’ex-convento Sant’Antonio) erano allora formate da due camerate denominate Voccoli una e l'altra Mellone e in esse vi erano custoditi più di quaranta detenuti politici. OGGI come IERI, i comunisti jonici sono al servizio della loro città, della loro popolazione, della classe operaia e dei lavoratori che l’hanno resa forte come l’acciaio.