Operazione antimafia tra Matera e Taranto: 21 arresti
Si tratta di esponenti del clan Scarcia/Scarci operante sul litorale jonico-lucano
Nelle prime ore di mercoledì 2 ottobre, un'importante operazione antimafia ha interrssato le province di Matera e Taranto. Le forze dell'ordine, coordinate dalla Direzione Investigativa Antimafia, hanno dato esecuzione a 21 decreti di fermo, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, nei confronti di soggetti sospettati di appartenere a una pericolosa confederazione mafiosa.
L'operazione, frutto di un lungo e articolato lavoro investigativo, ha visto la partecipazione della Squadra Mobile della Questura di Taranto, dei Carabinieri del R.O.S. e della Compagnia di Policoro, nonché della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Taranto e della Compagnia di Policoro, coadiuvati da unità cinofile e dai comandi territoriali competenti.
Gli indagati sono accusati di appartenere a una potente organizzazione mafiosa che operava lungo il litorale ionico-lucano, sotto il controllo delle famiglie Scarci e Scarcia. Le accuse includono una vasta gamma di reati, tra cui estorsione, illecita concorrenza, traffico e detenzione di armi ed esplosivi.
Secondo quanto emerso dalle indagini, gli affiliati avrebbero esercitato un controllo capillare su diverse attività economiche, tra cui quelle legate al turismo, alla ristorazione e, in particolare, alla pesca professionale, utilizzando la forza intimidatoria e la violenza tipica delle organizzazioni mafiose per monopolizzare il territorio.
Le indagini, durate diversi mesi e condotte in modo sinergico dalle diverse forze di polizia giudiziaria coinvolte, hanno portato alla luce, a livello indiziario, l'esistenza di una vera e propria confederazione mafiosa composta dalle famiglie Scarci e Scarcia.
Al vertice di questa organizzazione ci sarebbero Andrea Scarci, originario di Taranto, e Salvatore e Daniele Scarcia, già condannati in passato per reati di criminalità organizzata. Questi soggetti avrebbero gestito un controllo quasi totale delle attività economiche e criminali del litorale ionico, nonostante alcuni membri della famiglia fossero detenuti.
Le indagini hanno rivelato che la confederazione mafiosa avrebbe imposto la propria "signoria" sul tratto di mare antistante le città di Scanzano Jonico e Policoro, dove si è concentrato il controllo sulle attività di pesca. In particolare, l'organizzazione avrebbe utilizzato la violenza e l'intimidazione per obbligare i pescatori locali a pagare tangenti, note come "la parte", per poter continuare a lavorare. Chi si rifiutava di sottostare alle richieste mafiose rischiava gravi ritorsioni, con l'imposizione di un regime monopolistico che ha soffocato la concorrenza libera e legale.
Uno degli episodi più emblematici che sottolinea il potere intimidatorio della confederazione è avvenuto durante la processione del 15 agosto a Scanzano Jonico. In quell'occasione, senza alcuna autorizzazione o preavviso all'autorità ecclesiastica, il corteo religioso con la statua della Vergine fu fermato di fronte a una spiaggia legata alla famiglia Scarci. Questo gesto, un evidente segno di deferenza, rappresenta il clima di omertà e sottomissione che permeava l'ambiente in cui operava la confederazione mafiosa.
Durante le perquisizioni effettuate a carico degli indagati, le forze dell'ordine hanno sequestrato un ingente quantitativo di armi ed esplosivi, tra cui circa 13 kg di materiale esplosivo ad alto potenziale, denaro contante per un valore di circa 220.000 euro e altri beni di lusso.
L'indagine ha portato alla contestazione di oltre 80 reati, inclusi quelli di associazione di tipo mafioso, estorsione, illecita concorrenza con minacce o violenza, detenzione e traffico di armi, turbata libertà degli incanti, lesioni personali e furto, tutti aggravati dall'appartenenza all'organizzazione criminale.
L'elenco delle persone fermate comprende nomi noti alla cronaca giudiziaria, tra cui Andrea Scarci, Giuseppe Scarci, Luciano Scarci e Daniele Scarcia, insieme ad altri membri delle due famiglie mafiose. Il provvedimento di fermo è stato emesso con urgenza, in quanto si riteneva concreto il pericolo di fuga da parte degli indagati.
Questa operazione rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro la criminalità organizzata nelle regioni di Matera e Taranto. L'azione coordinata delle forze di polizia ha permesso di approfondire le conoscenze sul fenomeno dell'associazionismo mafioso in queste zone, confermando l'infiltrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto economico locale. Tuttavia, come previsto dal sistema giudiziario italiano, gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva, e le accuse mosse a loro carico dovranno essere valutate in sede giurisdizionale.
L'operazione ha messo in luce l'ampia rete di rapporti criminali che caratterizzava la confederazione mafiosa, con ramificazioni che si estendevano anche oltre i confini della Basilicata, coinvolgendo il territorio di Taranto. Le indagini proseguiranno per chiarire ulteriormente il ruolo di ciascun indagato e per smantellare definitivamente la struttura mafiosa che per anni ha dominato il litorale ionico.