Editoriale: Una viscida frustrazione da trasformare in forza...
La delusione per l’ennesima occasione sprecata si è trasformata in rabbia, riversata sui social a metà strada tra odio e amore. La voglia di tornare nel calcio professionistico fa a pugni con una senso di frustrazione figlio di decenni di delusioni: “Mai una gioia”, si dice in questi casi. Il Taranto di Fasano, però, è stato il più bello della stagione, per spirito e intensità. Nonostante un campo ridotto a fanghiglia, D’Ago e compagnia hanno tirato fuori una prestazione super che avrebbe meritato un altro finale. Un film già visto, una replica delle pellicole girate con il medesimo copione contro Fidelis Andria e Gelbison. Una classifica bugiarda ci dice che il Taranto è a -6 dalla prima piazza occupata dal Picerno: sei lunghezze possono essere tante solo per chi non ha voglia di lottare ed è pronto a gettare la spugna, ma con 2/3 di campionato ancora da disputare non possono rappresentare un ostacolo, soprattutto in considerazione dello scontro diretto in programma allo “Iacovone” prima della pausa natalizia. Piangersi addosso rivangando un passato glorioso serve a nulla se non ad alimentare quel viscido senso di frustrazione. A parte la sfida con il Nardò, il Taranto ha sempre lottato scontrandosi con la sfortuna, arbitri protagonisti e portieri in giornata di grazia. Se è vero che il tifoso si distingue nei periodi di maggiore difficoltà, allora è il momento di battere un colpo rispondendo presente. E se l’obiettivo comune è davvero quello di abbandonare la categoria, è necessario che tutte le componenti recitino la propria parte alla perfezione: la società operando nel mercato di dicembre, i tifosi stringendosi attorno a un gruppo di uomini che ha solo bisogno dell’affetto della propria gente per scrollarsi di dosso una castrante paura di vincere. Uniti si vince, slogan tanto banale quanto veritiero: per una volta si potrebbe anche provare a remare tutti nella stessa direzione. Dovesse andare male, non sarebbe altro che l’ennesima delusione cui la piazza è abituata. Si tratterebbe solo di metabolizzarla per poi ripartire. Affollare lo “Iacovone” non per riempire le tasche di Massimo Giove, ma per sostenere una squadra le cui fortune sono inevitabilmente quelle di un’intera comunità.