Teatro: Cimaglia cuore di Taranto. Ma Taranto, Taranto...
Sold out al Tarentum per lo spettacolo del noto attore tarantino.
Di Fabrizio Cafaro
Stringe i pugni, si commuove, piange. Digrigna il volto, pervaso da un amore sconfinato per le sue radici. Si abbandona agli applausi sinceri del pubblico che, oltre a complimentarsi, lo ringrazia. Una signora anziana in prima fila abbandona il suo posto e va a stringergli la mano. Difficile credere che, fino a pochi minuti prima, proprio lui aveva fatto piegare in due tutto il teatro dalle risate.
Massimo Cimaglia ha cosparso il Tarentum di Taranto di buon umore, allegria, gioia, ma anche di riflessioni, poesia, emozioni e piccole dosi di amarezza. Come nel piatto di uno chef stellato, ha saputo calibrare ed inserire alla perfezione tutti i gusti, anche quelli all’apparenza più acidi ma che creano il giusto equilibrio per il palato dello spettatore.
Sold out nel teatro di via Regina Elena per “Sei di Taranto, ma Taranto Taranto?”, scritto diretto ed interpretato da Cimaglia con le musiche di Fabio Lobardi e l’interpretazione di Domingo Stasi per “Terra mia”. Ha introdotto la serata Aldo Salamino.
Uno spettacolo tutto d’un fiato composto sul palco da un tavolino, un leggio ed un maxi schermo su cui proiettare le immagini più belle della Città dei due mari, ma soprattutto dal talento cristallino dell’attore made in Jonio. Due ore senza pausa, senza scenografia. Solo Massimo e la sua semplice e ruspante genialità associata da uno spirito di osservazione che ha guidato la sua mano per sceneggiare il monologo.
“Tutto quello che dico l’ho vissuto veramente, non avrei potuto inventare niente di simile” garantisce l’artista e, ascoltandolo, viene da dire (in tipico stile tarantino) “Ma tutte a’ te accappene?”. Dall’infinito viaggio in treno verso Bologna con due compagni di scompartimento che decidono di appartarsi, al primo amore adolescente ed il commento “cozzaro” di un passante, dai baci “a pizzichicchio” che la mamma sigillava sulle guance, al mistero dei misteri: “Perché solo a Taranto esiste un autobus che si chiama 1/2 ?”.
I muscoli del viso dello spettatore rischiano di subire i crampi a causa delle risate e, allo stesso tempo, si viene travolti da un impatto emotivo altrettanto dirompente quando il ragazzo che abitava in viale Virgilio veste i panni dell’attore professionista ed incanta con la musicalità della sua voce, declamando i versi di Alda Merini, Pierpaolo Pasolini, Tommaso D’Aquino e di tutti i grandi autori che hanno avuto a che fare con Taranto.
Lo spettacolo è un continuo alternarsi di frasi tipiche dialettali e modi di dire jonici con cartoline che promuovono la città, perché “Non ne potevo più della gente che non sapeva dove si trovasse Taranto e che soprattutto la associava solo alle ciminiere, all’inquinamento e alla morte”.
La vera forza di Massimo è proprio data dalla sua capacità di far sorridere e riflettere, perché accogli la battuta del “Ce’ ste treminde? No uno, due, ma…tre…minde” allo stesso modo in cui apprezzi il “Mettiamo da parte il ce’ me ne futte, e interessiamoci di più della nostra città”. Il tutto accompagnato da mimica, gestualità e interazione con il pubblicoincasellati in un marchingegno di aneddoti e spaccati di vita in cui tutti i tarantini (e non solo) si possono tranquillamente ritrovare.
“Sei di Taranto, ma Taranto Taranto?” ha girato l’Italia, da Roma a Bologna (con le due “o” chiuse – sottolinea Cimaglia quando scimmiotta il parlare “con la dizione”) ed ha stregato sia i numerosi fuorisede, sia chi tarantino non è e che dopo lo spettacolo ha avvertito il desiderio di saperne di più, o addirittura di visitare quella che era la Capitale della Magna Grecia. Un piccolo miracolo riuscito all’attore, che vanta ruoli in rappresentazioni teatrali, film e fiction di successo di respiro nazionale, e che nonostante gli alti livelli raggiunti, come tutti i più grandi artisti, sorprende per l’umiltà e per la volontà di mettere le sue doti a disposizione della città.
Cimaglia è un attore di cuore, che descrive con affetto il carattere del tarantino, dalle radici spartane, che ammazza di botte e insulti i suoi più cari amici solo per dimostrare affetto. Oppure che pronuncia in melodia le parole onomatopeiche dialettali, ad esempio “U palazze a’ scu…ffu…la…te… è un affresco, è poesia, io riesco a vedere il palazzo che crolla piano piano… inutile aggiungere altro”.
Durante la serata, arricchita anche da un omaggio al calcio e a Iacovone, si ripercorrono le tappe dell’adolescenza di Massimo Cimaglia caratterizzata da personaggi, eventi ed incontri-scontri facilmente rintracciabili ieri come oggi, perché fondamentalmente Taranto èsempre la stessa. E questo non si sa se sia un bene o un male, ma l’importante è che si possa parlare e portare anche a teatro la Taranto bella, genuina, fatta dalla gente che si aiuta e che aiuta chi è “forestiero”. La Taranto baciata dal sole e dal mare da cui Falanto lo spartano approdò per fondarla, la Taranto che il pomeriggio “si appoggia” per riposare, la Taranto che abbaia ma non morde, che evita la violenza e chiede “manteniteme!” anche se in realtà nessuno la sta fermando, la Taranto che, unica in Italia, fa “la cattusa” in acqua, che esalta qualsiasi cosa raddoppiando gli aggettivi, che quando lavora troppo “s’accide”. E non solo per la fatica.
La Taranto che piace e che, anche grazie a Massimo Cimaglia, abbiamo voglia di abbracciare.