La frittata dei diritti tv, le superficialità dei commissari e le riforme (utili) ancora sconosciute
Il Tribunale di Milano ha sospeso fino al 4 maggio la procedura di assegnazione dei diritti tivù della Serie A per il prossimo triennio. E’ stato accolto il ricorso promosso da Sky Italia nei confronti degli spagnoli di Mediapro. Sky ha chiesto al Tribunale di Milano una verifica dell'aderenza del bando di Mediapro alle leggi italiane. Alla Legge Melandri. Alle recenti indicazioni dell'Autorità della concorrenza. Ha ottenuto la sospensione immediata. Il termine per la presentazione delle offerte era fissato, dal bando, alla mezzanotte del 21 aprile. Ora i tempi si allungano. Il provvedimento del Tribunale ha attribuito "rilievo alle plurime condotte illecite imputate a Mediapro Italia, in violazione del decreto Melandri. Delle norme in materia di concorrenza e del provvedimento adottato, dall'Autorità garante della competenza e del mercato, il 14 marzo". Tutto motivato dal pericolo connesso a un'operazione commerciale di così rilevante entità. Dall’effetto distorsivo, idoneo a determinare gravi squilibri nel mercato. Dal danno emergente nei confronti dei singoli operatori dell'informazione interessati all'esito della gara. In ogni caso, di là degli “arzigogoli” legali, un sonoro “ceffone” a Mediapro e alla Lega. Il team di Sky ha ottenuto un “sontuoso” successo. I dirigenti di Mediapro erano già pronti, sino a metà giugno, a trattative private. Che succederà ora? Mediapro punterà sul Canale della Lega? Darà la fidejussione di un miliardo entro il 27 aprile? Gli spagnoli potrebbero chiedere una proroga dei tempi. Il bando rischia seriamente di saltare. Di dover essere ripresentato. Un problema serio per il commissario Giovanni Malagò. Ancor più per i club. La “frittata” è fatta. Il calcio italiano rischia la completa paralisi ove non si riesca a sciogliere il nodo dei diritti televisivi. Una situazione che evidenzia (anche se nessuno ne parla) le responsabilità dei commissari. Tanto della Lega di Milano (volano finanziario di tutto il sistema) quanto della stessa Federazione.
Giovanni Malagò è riuscito nell’impresa storica di far nominare il nuovo Presidente di Lega (Gaetano Miccichè). Al proposito la procura federale avrebbe aperto un fascicolo inerente l’incompatibilità del soggetto essendo lo stesso vicino alle aziende di Urbano Cairo. La votazione, per di più, sarebbe stata fatta per alzata di mano, nonostante lo statuto (articolo 9 comma 7) preveda che “tutte le votazioni che riguardano persone devono tenersi a scrutinio segreto” (sic!). Probabile, all’uopo, che sia stato promesso l’intervento del banchiere Micciché per finanziare le 20 “sorelle” della serie maggiore. Scontando, nell’immediatezza, i diritti televisivi. Il plebiscito non si spiegherebbe se non con il “coinvolgimento” del vile denaro. Un “argomento” che mette tutti d’accordo. A pensar male è peccato ma spesso ci si indovina! La manovra dell’offerta di Mediapro, di un miliardo e cinquanta milioni (quanto volevano da Sky e Mediaset le venti “sorelle”), è miseramente naufragata davanti ai rilievi tecnici, di Sky, sul rispetto delle regole. Era noto che la società spagnola, non possedendo le strutture per organizzare la complessa macchina televisiva, era identificata come mediatrice per la rivendita dei diritti a terzi. Viene da chiedersi dove fosse Malagò al momento del bando e dell’aggiudicazione. Come viene da chiedersi quali consulenti (del super commissario e della Lega di Serie A) siano stati utilizzati. Senza che venisse posto il dubbio sulla correttezza di tutto il meccanismo. Nessuno osa dire che il Commissario ha agito con superficialità. Che ora la Lega e tutto il sistema sono cristallizzati. Il calcio italiano immobile in attesa di eventi giudiziari. Eventi che mal si conciliano con le tempistiche e le necessità (finanziarie) del calcio. Quali le reazioni di Lega e di Malagò? Nessun commento o iniziativa. Soltanto un laconico “aspettiamo di conoscere le carte”. Eppure, è risaputo, senza il denaro prodotto dai diritti televisivi il calcio (già agonizzante) rischia di “morire”... Non meno pesante le situazioni in Federcalcio dove l’altro commissario, il braccio destro di Malagò, Roberto Fabbricini, è totalmente “ingessato”. Su tutti i fronti.
L’unica notizia “offerta” è che le elezioni per la nomina della nuova Governance federale dovrebbero svolgersi... l’anno prossimo. Un mistero tutto da svelare, considerando che i mandati commissariali hanno durata di 6 mesi. Per di più nessuna riforma sembra essere stata accennata dal dottor Fabbricini. Anche lui, a oggi, mai attaccato. Da nessuno.
La priorità, e cioè la riforma dei Campionati e dei pesi elettorali all’interno del Consiglio Federale è, ancora, al punto di partenza. Si preannunciano, però, venti di guerra. Tutte le componenti si starebbero (ri)compattando (Serie A esclusa) pronte a chiedere nell’immediato, a maggioranza assoluta, la convocazione dell’assemblea generale. Nessuno può escludere che stiano condividendo la candidatura di un unico soggetto. In buona sostanza Malagò, imponendo il commissariamento (che Sibilia aveva osteggiato), è riuscito nell’intento di (ri)mettere tutti assieme.
In tema di riforme l’unica l’ha fatta il Coni che, modificando i principi fondamentali a cui tutte le Federazioni debbono adeguarsi. Ha inserito una norma per togliere la rappresentanza degli arbitri all’interno dei Consigli Federali.
Gli arbitri, dovendo la Federcalcio uniformarsi al diktat, rischiano di perdere il loro 2 per cento, conquistato ai tempi di calciopoli.
Si potrebbe anche condividere. Ci si interroga però se era questa la priorità del Commissario. Eliminare la rappresentanza del 2 per cento degli arbitri. Un peso del tutto irrilevante. Una decisione che ha “offerto”, come unico risultato, la reazione irritata/sdegnata di Nicchi e di tutto il movimento arbitrale. Le decisioni/riforme da mettere sul tappeto sono ben altre. Quelle dei Campionati, come quella della compressione degli organici. Non si riesce a toccare la Serie A. Si doveva “sfoltire” la Serie B e soprattutto mettere mani alla terza serie. Una rivisitazione completa, senza dimenticare che, per modificare il format, occorrono due Campionati, come recita l’articolo 50 comma due delle norme federali: “La delibera con la quale viene modificato l'ordinamento dei Campionati entra in vigore a partire dalla seconda stagione successiva a quella della sua adozione e non può subire a sua volta modifiche se non dopo che sia entrata in vigore”.
Nulla ci dice al riguardo Fabbricini. Fatta eccezione per un’apertura alle squadre “B” in Lega Pro senza però che siano stati precisati tempi e metodi. Nulla è dato sapere dei ripescaggi in Lega Pro. Non si possono abolire, questo è certo (lo abbiamo accennato sopra). Lo scorso anno erano necessari (su decisione di Tavecchio) 300 mila euro a fondo perduto più una fidejussione di 200mila, ci sarà un inasprimento per scoraggiare i più “spregiudicati”? Nulla ci dice Fabbricini. Di tali riforme non si parla! Un po’ poco per un Commissario che ha pieni poteri. Che non dovrebbe subire pressioni da nessuno. Ancor meno sul fronte dei pesi elettorali.
È indiscusso che occorre aumentare quello della Serie A all’interno del Consiglio Federale. Pescando percentuali dalle altre componenti. La Serie A, come contropartita, deve però mettere sul tavolo denaro importante. Il “giusto”. Il “necessario” per dare “sostegno” e solvibilità alla Lega Nazionale Dilettanti, (attualmente al 34 percento) ed alla Lega Pro che detiene il 17, ma dove le squadre da 90 sono scese a 57 e rischiano di diminuire ancora. Il peso andrebbe “barattato” con il denaro (sempre lui). Quindi diminuito proporzionalmente.
Allo stato attuale toccare la Lega nazionale dilettanti non si potrà, mai! Sulla Lega Pro, agonizzante, non si ha notizia di riforme serie, articolate e con tempistiche certe. L’unica riforma rimane quella riguardante gli Arbitri. La volontà di “purgarli” del loro 2 per cento.
Un bottino deludente. In verità!