Storia: ‘La notte di Taranto’ e il riscatto
(Di Fabio Dal Cin) 11 novembre 1940: una data consegnata alla storia, non una celebrazione, bensì una commemorazione, quella di una notte tragicamente segnata dall’attacco aereo inglese alle unità navali italiane alla fonda nel Mar Grande di Taranto. Facciamo un passo indietro: nel settembre del 1940, Churchill scriveva all’ammiraglio Cunningham: “È di estrema importanza colpire gli italiani questo autunno perché con il passare del tempo i tedeschi afferreranno con mani sempre più salde la macchina bellica italiana e allora il quadro sarà ben diverso. Noi intendiamo rafforzare le difese antiaeree di Malta con ogni possibile mezzo e con armi nuove che confido grandemente saranno inviate colà a titolo d’esperimento. Spero che Malta possa essere diventata un porto sicuro per visite temporanee della flotta prima dell’aprile ’41”. Il 28 ottobre 1940 Mussolini dichiarava guerra alla Grecia, aprendo di fatto un nuovo fronte; giorno 11 novembre (poche ore prima dell’attacco) l’ambasciatore greco ad Ankara riferiva che la flotta italiana si stava concentrando a Taranto per preparare un attacco su Corfù. Quindici giorni dopo, la “sorpresa di Taranto”. Le nostre unità navali erano al riparo tra Mar Grande e Mar Piccolo, 6 corazzate: Cavour, Duilio, Doria, Cesare, Littorio e Vittorio Veneto, gli incrociatori Zara, Fiume, Gorizia, i cacciatorpediniere Folgore, Baleno, Fulmine, Lampo, Alfieri, Carducci, Gioberti, Oriani e altro naviglio leggero. Posizionate in questo modo, le navi costituivano un bersaglio strategicamente importante e tatticamente facile da colpire. Le difese antiaeree italiane non adeguate e le ricognizioni aeree inglesi effettuate con successo grazie a quadrimotori Sunderland e bimotori Glenn Martin decollati regolarmente da Malta per raggiungere il Golfo di Taranto, condizionarono da subito l’esito dell’imminente incursione aerea. Con queste premesse, alle 20.30, dalla portaerei Illustrious, distaccata per l’operazione Judgement, decollarono i velivoli Swordfish: iniziava la nostra “Pearl Harbor”. In due ondate Cavour, Littorio e Duilio subirono gravi danni, oltre 40 morti e numerosi feriti. Fin qui la cronaca. “La notte di Taranto”, oltre la tragedia, è stata però anche il momento del riscatto. Grazie all’abnegazione di tutte le maestranze dell’Arsenale, le unità navali danneggiate tornarono presto a navigare: già dopo un’ora dalla fine dell’attacco giunsero i primi soccorsi dai rimorchiatori e, a seguire, i pontoni dotati di gru necessari per iniziare i lavori di recupero delle navi incagliate in bassi fondali. La professionalità degli “arsenalotti” permise in pochi mesi il rientro in linea operativa delle corazzate Littorio e Duilio. Il riscatto si completò un mese più tardi: gli incursori della X flottiglia MAS, armati di siluri a lenta corsa (noti con il nome di Maiali) affondarono nel porto di Alessandria le corazzate inglesi Queen Elizabeth e Valiant, ristabilendo momentaneamente gli equilibri navali nel Mediterraneo. Le citate unità inglesi, a differenza delle nostre, non rientrarono più in servizio, ma questa è un’altra storia!