Taranto: Sostegno, "Giusto continuare in questo clima?"
Il presidente della Fondazione Taras si interroga sul futuro societario del club di Zelatore e Bongiovanni
Gianluca Sostegno, presidente della Fondazione Taras, il trust dei tifosi, si interroga sul futuro della compagine societaria capeggiata da Elisabetta Zelatore e Tonio Bongiovanni. In una intervista rilasciata al collega Alfredo Ghionna de La Gazzetta del Mezzogiorno, Sostegno ripercorre anche le tappe della stagione rispondendo alle numerose critiche piovute sulla Fondazione stessa.
BUON SENSO "Nelle ultime settimane - attacca -, tutto l’ambiente ha manifestato la convinzione che l'esperienza di Zelatore e Bongiovanni alla guida del club si sia esurita. Credo, quindi, che la domanda da porre sia un’altra: Zelatore e Bongiovanni hanno le motivazioni per continuare in questo clima? Credo ci voglia buon senso evitando cacce alle streghe. Cambiare i proprietari di un club di calcio non è come scambiare i calciatori al fantacalcio: la cessione del Taranto non dipenderà solo dalla disponibilità dei soci di maggioranza a cedere, ma pure dalla volontà di altre compagini, con prospettive serie e affidabili, di acquistare".
CAUSE DEL FALLIMENTO "La classifica finale ha certificato l’insufficienza del progetto tecnico: la squadra è stata costruita male e a gennaio si è persino indebolita. Ha pesato anche l’instabilità nella gestione tecnica. Poi ci sono i fatti di cronaca. Non neghiamocelo: le violenze del 22 marzo hanno liquefatto l’ambiente e siamo tutti interessati a capire come sono andate veramente le cose".
FONDAZIONE E CLUB "È un normale rapporto tra soci che ha vissuto anche momenti di tensione. Non è mai mancato il confronto; la voglia di sintesi, qualche volta, sì. Da parte nostra, abbiamo sempre avanzato le richieste che ci venivano dalla base, dalla tifoseria, senza mai entrare nelle scelte tecniche, che non ci competono. Su nessun tema siamo stati i decisori finali: la questione del prezzo dei tagliandi è un esempio".
CRITICHE ALLA FONDAZIONE "Nell’estate del 2015 ci mettemmo alla ricerca di imprenditori disponibili a subentrare a Campitiello. Ci assumemmo una responsabilità incredibile rilevando le sue quote: fu un atto di coraggio che troppi hanno dimenticato. L’obiettivo della piazza, in quell’estate, era il ritorno in Lega Pro attraverso il ripescaggio. L’unico gruppo ad aver manifestato un interesse, peraltro ambiguo, fu quello sponsorizzato da Castria col supporto di Di Cosola, che certamente non abbiamo ostacolato, informando la città di ogni sviluppo della trattativa. Canonico non espresse mai la volontà di acquisire il club. Se siano stati manovrati altri tavoli, in quell’estate, non ci è dato saperlo. Sta di fatto che noi eravamo detentori delle quote e nessuno venne a chiedercele. Dirò di più: fummo noi a raggiungere telefonicamente Canonico, che ci rispose di non essere disposto a pagare il fondo perduto. La piazza, invece, spingeva solo per quello. Inoltre, Canonico ci chiedeva di individuare imprenditori locali disponibili ad affiancarlo nel progetto per la serie D. Insomma, non mi pare che ci fosse la fila di acquirenti pronti a rilevare il club rossoblù…".
MAI OSTACOLO "La Fondazione Taras è un supporters’ trust, uno strumento democratico nelle mani dei tifosi e non certo un ostacolo al bene del Taranto. Il trust non è una proprietà mia, né del consiglio direttivo in carica: la titolarità è degli associati. Quindi, posto che l’attuale proprietà decida di vendere, se si presentasse un imprenditore serio, con progettualità e risorse idonee, e ci facesse una richiesta del genere, sarebbero gli associati a decidere. Resterebbe da capire perché un imprenditore con queste credenziali dovrebbe voler escludere i tifosi dalla governance del club. Direi persino che tutti i proprietari che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno mai disdegnato l’impegno gratuito profuso dai nostri associati nella gestione del club. Il problema non siamo mai stati noi e mai vorremmo esserlo: se verso alcuni ci sono stati irrigidimenti da parte nostra è stato solo a seguito di circostanze sospette, che ci hanno fatto dubitare della lealtà dei nostri interlocutori. Il Taranto è un bene troppo grande per svenderlo al primo avventuriero".