Lega Pro, caos fidejussioni e difficoltà economiche rischio di falsare il campionato. Malagò alla stretta finale. Ordine pubblico sui gironi di D
La madre di tutte le riforme ha inteso (ri)chiamarla Giovannino Malagò. Vien da ridere a sentirlo parlare. Peccato che “quel” progetto, già avviato nella gestione Tavecchio e sostenuto da Gravina e Sibilia, non abbia potuto trovare sbocco/conclusione. La serie B a 20 squadre, la C a 40 e quella famosa categoria intermedia (defiscalizzata con criteri politici, una sorta di ex C2) con una ristrutturazione generale della serie D.
Era un obbiettivo imprescindibile e fortemente voluto.
Il commissariamento della Federcalcio ne ha fatto perdere le tracce. Si parlava di inasprimento dei controlli e di rating da far rispettare in tutte le serie. Invece non è cambiato nulla. Anzi. Più di dieci club ammessi al campionato (in B ed in C) hanno presentato fidejussioni sottoscritte con la Finworld (una compagnia assicurativa oggi inesistente). La Federcalcio, secondo i ben informati, starebbe emettendo un comunicato ufficiale che obbligherebbe le società coinvolte/interessate alla sostituzione di quella garanzia. In difetto sarebbero adottati provvedimenti drastici/esemplari. Trapela la notizia di una sanzione pecuniaria pari all’importo della fidejussione (350 mila euro) ed una penalizzazione in classifica, di 6/7 punti, da scontare nel campionato in corso. In pratica significa giocare una stagione senza percepire contributi dovendo per di più “correre” ad inseguimento. L’anticamera del fallimento. Sportivo e finanziario.
La dimostrazione, evidente, di controlli approssimativi e superficiali di Covisoc e Federcalcio. Gabriele Gravina aveva lanciato, a tempo debito, il suo grido d’allarme. Puntualmente inascoltato. La lente d’ingrandimento che grava su diversi club aumenta le difficoltà del Rende come della Pro Piacenza, del Rieti come del Matera e di altre ancora. Tra chi ha usufruito di quella polizza c’è anche la Urbs Reggina. Bisceglie vive una realtà particolare. Non sono in discussione la solvibilità del patron Nicola Canonico e le garanzie da lui offerte (tutt’altro) quanto l’utilità, o meno, di sostenere il progetto della serie C in quel territorio. Facendosi carico degli oneri finanziari ed infrastrutturali derivanti dalla gestione di un club professionistico.
Matera rappresenta la punta dell’iceberg. Le preoccupazioni si aggiungono alle diatribe tra vecchi e nuovi amministratori e proprietari. Si rincorre la verità a colpi di comunicati stampa. Con reciproco addebito di responsabilità. Risulterebbero non pagati (dai nuovi o dei vecchi?) stipendi ed oneri riflessi del mese di giugno (420 mila euro?). La fidejussione dello scorso anno non avrebbe i crismi della regolarità e quella attuale sarebbe stata sottoscritta con la Finworld. Quindi da surrogare. Le risultanze contabili/patrimoniali fornite dal vecchio patron Columella (riguardebbero anche improbabili crediti in Lega) non risulterebbero in linea con la reale massa debitoria che grava sul club (carenze di una due diligence approssimativa e superficiale, in ogni caso poco professionale, da parte acquirente). In buona sostanza il Matera rischia di presentarsi, ai nastri di partenza del campionato, oberato di debiti e di penalizzazioni.
Si prospetta in generale un’altra stagione che, a causa di controlli inadeguati e superficiali degli Organi preposti, rischia di risultare falsata ancor prima di cominciare.
I gironi della serie D. Allo studio presso la Lega Nazionale Dilettanti, nel corso del direttivo all’uopo convocato per giovedi 30 agosto dal presidente Cosimo Sibilia, la collocazione di alcune società. Vedi Bari, Avellino, Taranto, Cerignola ed altre ancora, anche nel nord Italia. Organi preposti all’ordine pubblico possono evidenziare le criticità alle quali sono soggetti alcuni club ed i loro tifosi. Tra i quali quelli sopra indicati. Bari per primo. Un compito delicato per il Dipartimento di categoria, con a capo l’avvocato Luigi Barbiero, che è chiamato ad individuare la collocazione geografica più compatibile ed idonea per tutte le società. Non trascurando quindi i motivi di ordine pubblico.
La madre di tutte le riforme l’ha (ri)definita, copiando, Giovannino Malagò. Il “suggeritore”. Dimentica sovente il suo compito principale, il presidente del Coni. Dimentica spesso che il suo ruolo istituzionale lo indica come garante super partes e “controllore” delle vicende che riguardano lo sport italiano. Colui al quale spetta il compito di farle rispettare, le regole. In tutte le federazioni. Non di farne calpestare i contenuti violando le norme. Nel sistema calcio, con Fabbricini commissario, sta accadendo con una frequenza pericolosa. Decisioni assunte in opposizione ai regolamenti stanno mettendo in crisi l’attività economica dei club. Ne penalizzano quella agonistica. Una “stortura” in violazione delle noif, quella avallata sul format della serie B. Una imposizione che ha “obbligato” Lega Pro e serie D, in attesa di un pronunciamento del Collegio di Garanzia del Coni, a rimandare l’inizio della stagione agonistica. Provocando difficoltà nella gestione dei club associati. Il commissariamento della Federcalcio, nell’era Malagò, sta passando alla storia dello sport italiano come il fallimento più clamoroso del secolo. L’opportuno intervento dell’autorità governativa, nella persona del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti, ha fatto in modo (finalmente) che Malagò-Fabbricini operino in modo che venga convocata prima del 4 settembre, per il mese di ottobre, l’assemblea elettiva della Federcalcio. Il tutto in ossequio alle istanze presentate dalle componenti che ne rappresentano ampia maggioranza qualificata. Resta solo da augurarsi che sia la fine di un incubo! Che il sistema si possa riappropriare, quanto prima, delle proprie competenze.
Altro che Malagò candidato a quella poltrona in via Allegri.