Manovre e politica (invasiva), il calcio dei commissari annaspa
La sagacia del saggio (Ta)vecchio, la navicella senza rotta di Malagò
Federcalcio. Lega Professionisti di Serie A. I commissariamenti. Giovanni Malagò. Il “golpe”, che sarebbe stato organizzato con la compiacenza della componente calciatori e con la “regia” (neppure tanto occulta) della politica di parte, rischia di naufragare miseramente. Il tempo, anche a breve, potrebbe decretarne il fallimento. Il tutto sarebbe paragonabile alla vittoria di Pirro.
Certamente un errore quello di Malagò nel volersi schierare (a tutti i costi) contro la maggioranza delle componenti. Il Coni che si schiera contro il sistema calcio. Contro le sue regole. Una vera assurdità. Viene da chiedersi del perché. Un’impresa, il commissariamento, irta di molteplici, insormontabili difficoltà.
Malagò (con i calciatori) ha “cristallizzato” il percorso che conduce alle riforme. Sorge il dubbio che lo stesso, Tommasi e il ministro Lotti non neabbiano ben valutato le conseguenze. Tutte le future decisioni inerenti le modifiche statutarie (compresa la rivisitazione dei “pesi” elettorali) dovranno transitare attraverso il voto espresso dall’Assemblea generale che è (e rimarrà) sovrana. Per rimuoverla/scalzarla bisognerebbe cambiare la legge. Una assurdità. Perché tempi e metodi, del presente, non lo consentono. Le norme che valgono per rimodulare i format dei campionati, come per limitare l’utilizzo dei calciatori extracomunitari (solo per fare altri esempi tra più attuali). Valgono, come sopra accennato, anche per qualsiasi altra modifica statutaria. Occorre, sempre, il consenso del 75 percento dell’assise. Nella realtà, sarebbe sufficiente il mettersi di traverso della Lega Nazionale Dilettanti, da sola, con quel suo 34.
Gli eventi annunciano presagi. La navicella guidata da Malagò sta navigando, impreparata, verso il naufragio.
La governance della Serie A rappresenta il primo “scoglio” sul quale il commissariamento di Malagò rischia di “schiantarsi”. La sua presenza in via Rosellini (sgradita) diventerà inopportuna. Sarà per lui inutile salire in quell’ascensore. I presidenti (i 14 di maggioranza) sono prossimi all’accordo. A breve anche la Serie A ufficializzerà il suo governo. Risolta, con unanime soddisfazione, la vicenda legata ai proventi dei diritti televisivi. Molti angoli risultano essere stati “smussati”.
Sull’esito positivo dell’accordo con Mediapro pesa la sapiente opera di convincimento messa in campo da Carlo Tavecchio (Nicoletti, il sub commissario che ambisce alla poltrona di presidente, propendeva per Sky). La conduzione strategica suggerita da Tavecchio, nella trattativa, ha influito positivamente sull’esito finale. Chi li ha vissuti sa che gli incontri, avuti nelle notti di fine gennaio, sono stati determinanti. Se la Serie A esce dalla crisi che la attanagliava, molto lo deve all’esperienza del “grande vecchio”. Quel miliardo e 500 milioni, a stagione, (un successo inimmaginabile solo pochi giorni addietro) sono un corroborante indispensabile per la A, del quale (a pioggia) trarranno beneficio tutte le altre categorie. Il giorno dell’ufficialità Malagò era già a Seul. Nicoletti, nei meriti, ha avuto espressioni inappropriate.
Un commissariamento. Quello della Federcalcio che “profuma” tantissimo di risentimenti personali. Una politica del fare estremamente fragile, quanto altrettanto pericolosa nel dire. Controproducente. Censurabile. Diversi gli esempi negativi. Dai maldestri contatti con i papabili/probabili direttori tecnici della nazionale maggiore. Tutti ancora sotto contratto. Alla dichiarata volontà di ridurre i format di tutti i campionati. In tutte le serie e categorie. Una eventualità al momento impossibile che ha provocato la sollevazione risentita di tutti i club.
Il blocco dei ripescaggi. Altro tema scottante, appunto. Sostenuto dai calciatori, ma in contrasto con i loro principi che prevedono la tutela del posto di lavoro per tutti i loro associati. Un blocco mai attuabile in base a quanto recitano le norme federali. L’articolo 49 delle Noif rimane un baluardo nel rispetto dell’ordinamento dei campionati. La Serie C suddivisa in tre gironi da 20. Di certo Gabriele Gravina, a breve, ne chiederà il ripristino. Le squadre B potrebbero subentrare soltanto in carenza di organico. Un guazzabuglio, come si vede. Che pone interrogativi inquietanti sulla composizione di quelle squadre. Sull’età e origine dei tesserati. Sul loro valore tecnico/sportivo. Sul loro numero. Teorie astratte cavalcate populisticamente da Tommasi in campagna elettorale.
In conclusione. Cambia tutto, ma non cambia nulla. Con un preoccupante immobilismo generale. Chissà se Damiano Tommasi sarà contento di queste risultanze. I commissariamenti, di Federcalcio e Lega di A, sono al momento serviti soltanto per ufficializzare il ruolo di soggetti di secondo piano. Ininfluenti sulle necessità programmatiche del sistema calcio italiano. Malagò momentaneamente a Seul, con il fido Fabbricini, potrebbe scontrarsi, al suo rientro in Italia, con delle “amare” sorprese. Soprattutto se, alle idi di marzo, sentito l’esito delle votazioni, dovessero cambiare, come appare sempre più probabile, gli equilibri politici del Paese.