Vertenza Acciaierie d’Italia: Ugl Taranto, ‘È uno stillicidio continuo’
"È uno stillicidio continuo“. "Assistiamo ad un continuo rinvio circa l'assunzione di responsabilità da parte degli staleholders, sia pubblici che privati, interessati alla vertenza di Acciaierie d'Italia". A dichiararlo è Alessandro Dipino della Segreteria Provinciale UGL Metalmeccanici di Taranto che in data odierna ritorna sulla questione dell'ex ILVA, all’indomani dell’ennesimo rinvio del Consiglio dei Soci di Acciaierie d'Italia.
"I numerosi rinvii susseguitisi in questi ultimi giorni sono sintomatici di una questione spinosa, partorita male nel 2018 e resa ancora più ingarbugliata nel suo percorso, a causa di un susseguirsi di misure "fantasiose”.
“Oltre al tanto sbandierato miglior accordo possibile imposto dall'allora ministro Calenda, si sono susseguiti l'abolizione dello scudo penale che ha creato un assist perfetto per Mittal, ed almeno due accordi secretati tra i precedenti governi Conte e l'azienda. Difatti, ognuno dei titolari del Mise ha cercato di mettere una pezza che però si è rivelata peggiore del buco.
Nel frattempo migliaia di lavoratori hanno dovuto fare i conti con la cassa integrazione, di ogni ordine e grado, vedendo perdere la propria dignità e ridursi le retribuzioni, sino ad arrivare all'ultimo episodio che ha interessato 145 aziende messe alla porta via e-mail da Acciaierie d’Italia e con esse ulteriori lavoratori e le proprie famiglie abbandonate al proprio destino.
Vi è a anche la questione dei lavoratori rimasti al palo in ILVA in Amministrazione Straordinaria, di cui sembra non interessi nessuno, ma per i quali è necessario attuare tutti gli sforzi per riportarli all’interno del perimetro tracciato dall’accordo del 6 settembre 2018", continua Dipino.
“Sul discorso legato alla sicurezza degli impianti e delle manutenzioni degli stessi, più e più volte è stato denunciato il totale disinteresse da parte dell’azienda”.
"È necessario che si intervenga in tempi rapidi e attraverso decisioni coraggiose, altrimenti non ci saranno più il tempo e gli strumenti per il salvataggio di un fabbrica, nonché del proprio indotto, già con un piede nel baratro".