Fondazione Taras: "Viminale elimina i tifosi, lo sport muore"
Non c’è più sorpresa nella lettura delle determinazioni dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. In qualche modo, il nome del Taranto riesce sempre ad entrarci. Anche stavolta, “visto il pacchetto di misure”, “letta la Determinazione”, “tenuto conto delle note inviate dalle Autorità Provinciali di P.S.”, “preso atto delle informazioni fornite dai componenti dell’organismo collegiale” e “considerato” il programma degli incontri… il finale non cambia: l’Osservatorio ha inserito Gallipoli - Taranto del 3 aprile 2016 tra le partite connotate da alto profilo di rischio per l’ordine pubblico e chiede al Comitato di Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni Sportive di individuare “le misure di rigore” (determinazione n. 12/2016).
Temiamo di sapere come andrà a finire. Di fronte a questa noiosa costanza, però, non vogliamo limitarci a contrastare l’irritante etichetta affibbiata ai sostenitori tarantini, già da tempo profilati dalle istituzioni preposte al mantenimento dell’ordine pubblico. Quel che vogliamo fare è ribadire con fermezza che riteniamo sbagliate alla radice le strategie con cui il Viminale ha scelto di affrontare le questioni di sicurezza nelle manifestazioni sportive.
Vogliamo dirlo prima che il CASMS si pronunci sul caso di Gallipoli - Taranto. Non perché nutriamo la speranza di correggere il verso delle sue determinazioni, ma perché, oltre al merito, noi contestiamo il metodo. Ci sarà sempre un’altra Gallipoli - Taranto, ma noi la penseremo sempre allo stesso modo: le soluzioni offerte dal Viminale sono dannose, sbrigative, fallimentari. Cancellano la gente dagli stadi, credendo di risolvere i problemi. Non vedono, invece, che i tifosi non sono il male, ma la cura contro le patologie del calcio. Trasformano dunque la manifesta incapacità di isolare gli sparuti episodi di violenza in una stolta punizione collettiva, che spegne gli animi, addormenta i cuori e avvilisce uno sport che smette sempre più di essere popolare.
Non c’è ascolto per chi fa rilevare i controsensi della stretta securitaria in atto contro i tifosi. Non c’è speranza per chi denuncia le conseguenze di queste strategie sul piano delle libertà individuali, pur essendo evidente la violazione del diritto dei cittadini di spostarsi liberamente sul territorio nazionale al seguito del proprio club del cuore. Ma non è la presenza dei tifosi che dovrebbe creare allarme. C’è un motivo diverso e ben più grave per cui varrebbe la pena dolersi: il calcio sta morendo e specialmente a queste altezze, in questa tormentata serie D, solo i tifosi lo tengono in vita, anche sotto il profilo economico. Il danno causato alle società dall’espulsione della gente dagli stadi si ripercuote sulla sostenibilità dell’intero sistema. Ma anche questo, così palese nel comune buonsenso, sembra tenuto in scarso conto da chi osserva, governa e giudica.
Il calcio non ha senso se non ci sono occhi disposti ad amarlo. Noi siamo i tifosi. Siamo gli occhi del calcio.