Un calcio malato nasconde montagne di debiti con improbabili ispezioni: chi controlla i controllori?
Come tutte le stagioni che si rispettino anche questa estate, del 2018, vede il calcio protagonista. Tra promesse di mercato e fallimenti preannunziati.
È un ritornello trito e ritrito.
La solita sfilza di società alla deriva. Fidejussioni non depositate. Fantomatici acquirenti stranieri. “Cordate”, impossibili, destinate a durare il breve spazio di un mattino. Società gloriose e di grande tradizione sportiva, sono ad un passo dalla cancellazione dal mondo professionistico. Oltre Cesena, Bassano e Mestre, parliamo di Bari, Reggiana, Matera, Lucchese e Fidelis Andria. Trapani e Juve Stabia arriveranno forse ad iscriversi, ma il loro futuro rimane incerto. Accalorati come al solito, quanto infruttuosi, gli appelli dei Sindaci alle imprenditorie territoriali. Tutto inutile.
Bisognava pensarci prima.
Alla Reggiana (società che ha visto “transitare” allenatori del calibro di Carlo Ancelotti) Mike Piazza, “l’americano”, ha abbandonato la nave. L’ha lasciata in un mare di debiti. Farlocchi (come spesso accade, di questi tempi) gli interessamenti di imprenditori capienti come Federico Strafinger o di businessman come Pablo Victor Dana. Erano dati a colloquio con Mike Piazza, ma in realtà non hanno mai messo piede a Reggio Emilia.
Stessa “telenovela” ridicola a Lucca. Tre fallimenti in dieci anni. L’imprenditore Lorenzo Grassini, attraverso la “solita” società inglese, rileva il club, presenta anche alla stampa il nuovo Direttore Generale (quel Fabrizio Lucchesi che dopo un passato di prima fascia continua a collezionare disastri) ma poi i soldi non si vedono.
In Serie B poi emblematici i casi di Bari e Cesena, pronti anch’essi al “botto”. Eppure si parlava da anni, di debiti enormi. Accumulati senza che gli “organi” preposti, per dirla in modo elegante, intervenissero. A Bari Giancaspro deposita garanzie insufficienti, Paparesta fa mille passi indietro.
Come il caso di Palermo, uscito miracolosamente da una istanza di fallimento proposta dalla Procura della Repubblica (non da quella Federale). Ripiombato, immediatamente, in sequestri a carico di Zamparini e compagnia.
Ma la Covisoc che ruolo svolge? L’interrogativo è d’obbligo ed attuale. Come mai ci si accorge di tali disastri quando i “buoi” sono fuggiti? Come nostro costume desideriamo essere chiari. Netti. Anche a costo, come spesso accade, di risultare voce fuori dal coro. Le norme ci sarebbero. Le sanzioni anche. I controlli pure. Ma la realtà “racconta” che è la politica federale a non volere che la macchina funzioni.
Non si può cancellare il Palermo e nemmeno il Cesena! Applicare le norme equivarrebbe a farsi nemici. I politici insorgerebbero con interrogazioni parlamentari a salvataggio delle città e dei tifosi.
Cercheremo di non essere vaghi e di spiegare come si fa a non “accorgersi” che le società sono decotte.
Un primo passo è tecnico-giuridico. La Covisoc (Commissione di Vigilanza delle Società Calcistiche) è un organismo previsto da una legge di Stato. La tristemente “famosa” legge 91 del 1981. Non è la solita norma contenuta nelle NOIF, ma una istituzione con caratteristiche pubbliche. Con il compito delicatissimo di vigilare. Ripeto: vigilare! Aveva visto giusto il legislatore di tanti anni fa. Occorreva istituire un organismo super partes. Avente il compito di controllare lo stato economico-finanziario delle società professionistiche.
Nulla si può dire sui componenti della Commissione. Ha annoverato fior di commercialisti e professori universitari. Tutti di grande fama, vedi il professor Uckmar. Il primo tributarista d’Italia.
Detto con semplicità, il sistema non funziona perché non lo si vuole far funzionare. Tutto per mantenere il controllo della situazione e il potere di decidere su chi deve sopravvivere e chi no. La Federcalcio, infatti, non destina risorse particolari al sistema dei controlli (se ne sono accorti tutti).
Forse non tutti sanno che i controlli non sono affidati solo agli ispettori della Covisoc. Il sistema prevede il sub-appalto. Così come nelle peggiori tradizioni pubbliche. La Federcalcio paga la Deloitte. Società nota nel campo delle revisioni e certificazioni di bilancio. Paga perché effettui i controlli periodici, quelli più importanti. Per avere il polso della situazione durante l’anno. Soldi spesi male. Fra l’altro si nutrono forti dubbi che un organismo, previsto da una legge dello Stato, possa delegare una società privata ad effettuare i controlli.
Insomma, la realtà è che la Deloitte, attraverso i suoi, si limita a controllare le scritture. La regolarità formale. Tutto fa, meno che una vera e propria ispezione. Senza contare che qualche società utilizza la Deloitte per la certificazione dei propri bilanci (addirittura società quotate in borsa) In un palese conflitto di interessi.
Non vogliamo/intendiamo fare polemiche. Perché tanto la realtà è sotto gli occhi di tutti. I controlli a monte sono inutili. Sono fatti in modo superficiale e non servono a nulla. È solo al momento delle iscrizioni o per il rilascio della Licenza Uefa (vero Parma?) che ci si “accorge” di montagne di milioni di debiti.
Ove il sistema di controlli fosse incentivato, con risorse anche importanti, non ci sarebbero più casi Parma o Arezzo o Cesena. E’ mai possibile che le società ottengano la licenza per iscriversi al Campionato, per poi fallire dopo pochi mesi? La Deloitte, in subappalto, va abolita. La realtà è che con controlli veri si toglierebbe alla Federcalcio il potere di decidere. Su chi escludere e su chi, invece, deve essere tenuto nel sistema.
In realtà, mai nessun presidente federale, neppure un commissario, vorrà passare alla storia come affossatore di società. Di città e di tifoserie.
Ed allora non ci rimane che “tenerci” questo sistema, che non funziona, così com’è! Concedendo a taluni presidenti la possibilità di giocare, per il proprio tornaconto ed a loro piacimento, sulle poste di bilancio.
Parlavamo, all’inizio, di questa estate del 2018. Delle difficoltà incontrate, da tanti club, a riavviare il “motore”. Diverse “macchine” rischiano di non superare l’ostacolo della “revisione”. Ne sapremo certamente di più dopo il prossimo 16 luglio. Sappiamo già che i “motori” di Cesena, Mestre e Bassano hanno esalato l’ultimo respiro. “Rumori” allarmanti provengono da Bari, Reggiana, Matera, Fidelis Andria, Lucchese, Juve Stabia e Trapani. Rumori che non lasciano presagire nulla di buono. Qualcuna, forse, riuscirà a “salvarsi”. In extremis. Fioccheranno, in quel caso, pesanti penalizzazioni. Insormontabili ai fini delle classifiche finali. Frutto delle molteplici, recidive inadempienze. Nell’ordine anche di 8/10 punti ciascuno. Tutto con il solito, unico, risultato. A soffrirne sarà sempre e soltanto il sistema.
Amara, inevitabile, riflessione: perseverando di questo passo non miglioreremo. Mai!