Iscrizioni, penalizzazioni, campionati da riformare. Prima di (ri)cominciare il pallone italiano è già sgonfio
Licenze nazionali e dintorni. “Frutti” acerbi di stagione, dal retrogusto sgradevole. Una “tradizione”, negativa, divenuta consuetudine. Illeciti di origine variegata (sportivi ed amministrativi) e insormontabili difficoltà di natura economica stanno lasciando al palo un numero importante di club. Tanto in serie B quanto in Lega Pro. L’ennesima conferma che i campionati vanno ristrutturati. Tutti.
Carboni roventi hanno bruciato le residue speranze del Cesena. Una fine annunciata da tempo. Gli estremi tentativi di Lugaresi meriterebbero la copertina di “scherzi a parte”. Fioriscono come margherite le ipotesi di illecito legate ad un aspetto negativo di plusvalenze “taroccate”. Chievo e Udinese le più indiziate. Se ne starebbero accodando delle altre. Tra le “sospettate” anche l’Inter, il Milan, il Genoa, il Verona. Risulterebbero iperboliche le valutazioni a bilancio di giovani “talenti” inghiottiti nell’anonimato più assoluto. Senza mai aver avuto l’opportunità di “miracol” mostrare. Che so, almeno l’esordio nella categoria di appartenenza. E che diamine!
I “fatti” che hanno visto coinvolto il Foggia e quella penalizzazione “rimandata” alla prossima stagione, alimenteranno strascichi di polemiche infinite. Sarà “guerra” senza esclusione di colpi tra i Dauni e l’Entella (che mira alla riammissione). Sono pronti i ricorsi. Rischia di saltare uno dei cardini sui quali si basa il concetto afflittivo del provvedimento disciplinare.
Sulle iscrizioni ai campionati della serie cadetta e della Lega Pro si addensano mille e più incertezze. Cesena “out”, come già scritto. Trema il Bari. Giancaspro ha assunto le sembianze dell’Araba Fenice. Oppone capacità positive alle avversità. Poche ore e scopriremo se le sue risorse sono reali. L’eventuale messa in liquidazione decretata dal tribunale ed il pericolo di dover ricominciare dai dilettanti sono nascoste dietro l’angolo. “Mors tua vita mea”, sperano (oltre all’Entella) la Ternana, la Pro Vercelli e perché no, anche il Siena. Come si può notare una situazione veramente caotica.
Le “solite” nubi si addensano anche sulla Lega Pro. Evidente il caos provocato dalle procedure per l’iscrizione. Gli adempimenti a “balzelli” favoriscono più di un “intrallazzatore”. Il 30 giugno risulta un termine che non è più perentorio. Più che probabilmente a metà luglio non sarà ancora dato sapere chi è in regola e chi in carenza.
Intrigante quanto sta avvenendo a Vicenza. Sono stati spesi (e scritti) fiumi di parole. “Tante corbellerie” inutili. Chiuso l’esercizio provvisorio, del “vecchio” Vicenza non rimane nulla. Neppure il titolo sportivo ed il relativo numero di matricola. La fusione tra Bassano e Vicenza, che alcuni sprovveduti avevano ventilato, non è mai stata fatta. Meglio ancora, non si può fare. Le norme (lo abbiamo scritto) vietano il trasferimento del titolo sportivo del Bassano nel capoluogo veneto. Allo stato attuale a Vicenza non si può più fare calcio. I giovani di quel settore giovanile sono tutti svincolati. Liberi di accasarsi a loro piacimento. Presso la Lega Pro risulta depositata soltanto la documentazione relativa alla domanda d’iscrizione di Bassano Virtus 55 Soccer Team. Alle società di Lega Pro è concesso termine sino al 15 luglio per modificare denominazione, ragione sociale e sede, ma in assenza di un provvedimento straordinario del commissario della Federcalcio il titolo del Bassano mai potrà essere trasferito a Vicenza. Di fatto si è già liberato uno spazio per i ripescaggi. Ove Fabbricini (Malagò) si apprestasse a modificare le norme che vietano la libera circolazione del titolo sportivo cadrebbe il caposaldo più importante imposto dalle carte federali. Il commissario Fabbricini ne ha la facoltà, concessa per i casi “straordinari”. Appunto. Resta da verificare se la “straordinarietà” riguarda la “cortesia” verso il soggetto interessato o l’opportunità, dovuta, nel rispetto del sistema.
Il campionato di Lega Pro va ristrutturato. Lo asseriamo, in tanti, da tempo ormai immemorabile. Per “salvare” la categoria non è vero che bisogna pretendere più soldi. Bisogna avere la forza ridurre l’organico. Come di emarginare gli inadempienti. Gli incapaci. Quelli che io chiamo i turisti del calcio (oggi a Macerata, domani a Mantova. Come a l’Aquila e dopo in Ancona). A tal proposito leggo cognomi, su Cuneo, che lasciano perplessi (saranno mai in grado di presentare una fidejussione idonea?). Grassini, rischia di far scomparire la Lucchese, è volato in Inghilterra. Dice lui per reperire fondi. Domando io, se n’è accorto adesso? Mi chiedo, ove non sussistessero basi certe, quali possono essere gli scopi di una iscrizione all’ultimo momento di Fidelis Andria, Trapani, Juve Stabia, Reggiana, Matera (dove risulta che alcuni calciatori non abbiamo percepito emolumenti da tempo immemorabile).
Dico che, dirigenti come Stefano Serena, presidente del Mestre, ce ne vorrebbero tanti. L’imprenditore veneto è giunto anche alle “scuse” nel momento in cui ha deciso di non proseguire l’avventura tra i professionisti. Indotto a questa decisione, estrema, dagli ingenti impegni di natura economica imposti dalla categoria e dalla carenza di idonee infrastrutture. Ha alzato le mani ed ha abbandonato. Serena, con il Mestre, non riusciva a fare impresa. Rischiava di mandare il club in default. Un principio inaccettabile per un imprenditore della sua levatura. Ha preferito uscirne in maniera decorosa. Va elogiato. Gliene va reso merito. Il suo esempio dovrebbe servire da insegnamento per i tanti che indebitano le società e poi “scappano”. Un segnale forte, quello di Stefano Serena, un suggerimento per giungere , quanto prima, al ridimensionamento dell’organico.
Il club dei quaranta. Sarebbe il campionato più idoneo per la serie C (l’Italia del calcio complessivamente con 80 squadre professionistiche, non di più). Quaranta club affidati a “mani” solide. Esperte. Imprenditori capaci di fare azienda indipendentemente dall’importanza geografica della città rappresentata. La Vibonese di Pippo Caffo e la Virtus Francavilla di Antonio Magrì, come Feralpi e Pordenone, per la loro capacita di gestione sportiva e solidità economica, sarebbero sempre in grado di competere con piazze dalla riconosciuta tradizione (vedi Catanzaro, Catania e Reggina). Stefano Serena ha dato diligente dimostrazione delle difficoltà riscontrate a Mestre. Le nuove proprietà di Cuneo e Lucchese sapranno essere esempi di sostenibilità? Quale futuro attende la Reggiana?
Poi, al di sotto della serie C quel campionato cuscinetto (Elìte), a tre gironi da 18 squadre, auspicato/progettato, in tempi al di sopra di ogni sospetto, da Tavecchio, Sibilia e Gravina. Volgarmente era stato classificato come semi-professionismo. Una posizione intermedia di addestramento e preparazione, per i club partecipanti, alle norme del professionismo più puro. Ognuno aveva portato delle idee. Erano stati fatti degli studi inerenti la defiscalizzazione ed il contenimento dei costi. Occorreva la promulgazione di un decreto ministeriale ad hoc. Ove non si fosse giunti al commissariamento (inutile) della Federcalcio il progetto sarebbe già in concreto stato di realizzazione. Con una conclusione, per portare un esempio utile, che ci riconduce alla decisione di Stefano Serena. Il Mestre, in quel caso, avrebbe avuta l’opportunità di collocarsi nella sua giusta dimensione.